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Thursday, 13 January 2022

Cosa ci dice la Supercoppa di Inter e Juventus


Un modo, a mio parere, per cercare di capire il lavoro di un allenatore sulla panchina di una squadra è quello di studiarne l'evoluzione nel corso della stagione ed il modo più semplice per verificarlo è quello di vedere due squadre all'opera una contro l'altra per una seconda volta nella stessa stagione.

Per questo motivo ho provato ad analizzare le differenze tra l'Inter-Juve disputato il 24 ottobre in campionato e quello disputato il 12 gennaio per la finale di Supercoppa italiana. Si può senz'altro affermare che nei 90' entrambe le partite sono terminate 1-1 e sono state molto diverse e che tra una partita e l'altra si sono viste squadre migliorate rispetto a quel 24 ottobre.

Ma allo stesso tempo ha mostrato come questo miglioramento abbia dato una forte identità all'Inter di Simone Inzaghi che ben si sposa con la rosa a disposizione del tecnico ex Lazio, dall'altra parte si vede una squadra che cerca di essere più aggressiva ma con giocatori che spesso faticano ad applicare le idee di Allegri. 

COSTRUZIONE VS PRIMA PRESSIONE

Uno degli elementi di forza dell'Inter è senza dubbio la capacità di trovare diverse soluzioni per far partire l'azione da dietro: già l'anno scorso con Antonio Conte erano ben riconoscibili i meccanismi che facevano riferimento alla catena di destra, con Lukaku utilizzato come appoggio per far progredire l'azione sul lato destro con i movimenti complementari di Hakimi e Barella. 

Quest'anno, in assenza di Lukaku i meccanismi sono cambiati: non esiste più una routine meccanica tipica del gioco di Conte, bensì Inzaghi ha deciso di lavorare sulle rotazioni tra gli uomini allo scopo di avere delle posizioni sempre occupate e soprattutto muovere lo schieramento difensivo avversario per disordinarlo ed acquisire la superiorità posizionale ormai sulla bocca di tutti.

Nella gara di campionato obiettivo della Juventus in fase di prima pressione era quello di tagliare fuori dalla fase di costruzione Marcelo Brozovic: in quell'occasione era Kulusevski il giocatore designato a seguire le tracce del giocatore croato. Inoltre Brozovic con il suo posizionamento mette spesso e volentieri in difficoltà le linee di pressione schierate in copertura anziché a uomo in quanto la sua continua ricerca della posizione migliore per ricevere e giocare la palla crea sempre situazioni di difficile interpretazione per l'avversario. Con questa scelta Allegri aveva deciso di spendere un uomo per tagliare fuori il giocatore croato ed allo stesso tempo mantenere delle linee in grado di proteggere lo spazio alle spalle.

L'obiettivo specifico fu centrato, leggendo le statistiche sul coinvolgimento di Brozovic in tutte le partite di campionato di quest'anno, solo nella partita contro la Sampdoria il numero 77 nerazzurro ha effettuato meno passaggi. Il calcolo dei passaggi non è stato fatto sulla base dei passaggi totali in quanto influenzati dai minuti giocati nelle singole partite, per questo ho definito un indice per il coinvolgimento suddividendo i passaggi effettuati per i minuti giocati, nel tentativo di ponderare per quanto possibile il volume del dato.

La Juventus, invece, avendo a disposizione Danilo costruiva con un 3+1 in cui Locatelli faceva da vertice alto del rombo di costruzione, l'obiettivo della formazione di Allegri era quello di usare la conduzione dei braccetti per poi cercare di verticalizzare per le mezzali. Simone Inzaghi rispondeva invece con una mossa simile a quella di Allegri, ossia limitare Locatelli lasciando che una delle due punte (in questo caso Lautaro) si occupasse di lui a uomo, applicando quindi lo stesso trattamento applicato dall'altra parte a Brozovic. Per ovviare, invece, alla verticalizzazione verso la mezzala spettava all'omologo di parte (in questo esempio Barella) andare a pressare Chiellini costringendolo ad andare verso l'esterno.

Passando alla partita di Supercoppa la strategia di Allegri in fase di prima pressione sulla costruzione dell'Inter è stata diversa ma mantenendo inalterata la mossa di tenere Kulusevski sulle tracce di Brozovic, con la differenza che questa volta per controbattere i movimenti degli altri giocatori nerazzurri, ognuno di essi era seguito ad uomo da un giocatore della Juventus. Una strategia che ha permesso alla Juventus di mettere seriamente in difficoltà la formazione campione d'Italia, apparsa inizialmente disposta nella stessa maniera rigida della partita di campionato.

Con il passare dei minuti e, forse, dopo che lo staff di Inzaghi ha ben capito il sistema di pressione della Juventus, sono iniziate le rotazioni posizionali che stanno contraddistinguendo la formazione nerazzurra da novembre a questa parte. Qui vediamo uno dei tanti esempi di come l'Inter ha iniziato a manipolare la prima pressione avversaria: i due braccetti si allargano lasciando Brozovic e De Vrij al centro, mentre Calhanoglu e Barella creano una seconda linea di costruzione che attira Locatelli e Rabiot lasciando uno spazio alle spalle che poteva essere attaccato in quanto la linea difensiva non andava ad accorciare. Per giocare la palla in quello spazio l'Inter ha usato molto spesso i piedi di Handanovic, unico giocatore lasciato giocoforza libero dalle pressioni a uomo della squadra di Allegri.

Rispetto alla partita di campionato, invece, la Juventus non ha avuto a disposizione Danilo e, come accade da diverse settimane, la costruzione avviene con Locatelli tra i centrali difensivi ed i due terzini in ampiezza. Nella prima parte di partita la formazione bianconera ha mostrato anche coraggio nel tenere sia De Sciglio che Alex Sandro molto alti per impegnare Dumfries e Perisic. I movimenti di Morata e Kulusevski tra le linee, inoltre, sono stati molto interessanti perché hanno spesso tenuto impegnati De Vrij e Bastoni, creando spazi che potevano essere utilizzati da Bernardeschi e McKennie.

LO SVILUPPO DEL GIOCO

Una volta che il pallone raggiunge zone più alte del campo (per chi ne è in possesso) è importante capire come le due squadre si schierano per capire come chi è in possesso cerchi di far avanzare il gioco e l'avversario ad impedirlo. Per l'Inter è molto importante raggiungere la zona di rifinitura per poter trovare la via della rete, per la Juventus, invece, è molto importante cercare la verticalizzazione ed infilare l'avversario in velocità. 

Nella partita di campionato si vede chiaramente da questo esempio come la Juventus cercasse di negare spazi all'Inter proprio nella zona di rifinitura, ossia quella zona tra centrocampo e difesa: il 5-3-2 in fase di non possesso della formazione bianconera aveva lo scopo di chiudere il centro del campo (più Kulusevski sempre a uomo su Brozovic). L'Inter provava ad aprire questo blocco con il posizionamento dei due esterni molto larghi (entrambi pestano praticamente la linea) mentre Calhanoglu si abbassava cercando di attirare il giocatore juventino deputato a quella zona (in questo caso McKennie), il tutto con posizioni in campo molto rigide, se si eccettua la posizione di Dzeko tra le linee. In particolare emerge il fatto che con il rombo di costruzione l'Inter aveva doppia superiorità numerica in costruzione (4 vs.2 o 3 vs. 1 se escludiamo l'annullamento reciproco tra Brozovic e Kulusevski), questo significa avere due giocatori in meno in altre zone del campo e quindi minori chance di superiorità posizionale nelle zone più avanzate del campo.

La strategia della Juve, come indicato in premessa, si basa sulla ricerca della verticalità: Allegri pone molto l'accento sull'opporsi all'idea di muovere il pallone in maniera paziente per cercare, invece, la giocata rapida che porti un giocatore mediante una triangolazione o la vittoria di un duello individuale ad arrivare in porta. Da questo esempio si vede una routine tipica della strategia di gioco dell'allenatore toscano: Morata viene incontro, mentre Kulusevski e McKennie attaccano la linea difensiva, tuttavia le linee corte dell'Inter ed il mantenimento della posizione da parte della linea difensiva, rendevano poco pratica questa soluzione.

In entrambi i casi sono risultati evidenti le difficoltà a riempire la metà campo avversaria, mostrando come entrambi gli allenatori erano attenti a non utilizzare molti "invasori" in modo da non lasciare spazio alle transizioni avversarie, la partita infatti ha visto solo 2 contropiedi effettuati per parte. Questa è stata una situazione che ha portato ad un tipo di partita in cui la prima che avesse trovato in qualche modo il goal avrebbe avuto vinta la sfida, per questo motivo questa situazione di stallo ha favorito per buona parte del match la formazione nerazzurra che era riuscita a trovare la via del goal sugli sviluppi di una prodezza individuale di Calhanoglu viziata da una deviazione di Locatelli.

Nella partita di ieri sera abbiamo visto due squadre cercare di muovere più uomini ad invadere la metà campo avversaria con modalità diverse tra di loro e la cui esecuzione è quella che ha dato il contesto tattico alla partita ed anche farci affermare che, per quanto il risultato finale sia maturato (usando un termine cestistico) sulla sirena vada comunque considerato come estremamente in linea con quanto visto sul campo.

Come si evince da questo esempio vediamo come l'Inter abbia portato un maggior numero di uomini in attacco rispetto alla partita di campionato e, soprattutto, come si disponga in modo da sovraccaricare la zona palla: questo è reso possibile principalmente grazie alla principale innovazione tattica portata da Inzaghi in questi mesi, ossia quella di alzare Bastoni una volta terminata la fase di costruzione, questo ha permesso all'Inter non solo di creare quasi sempre dal quel lato di campo, ma anche di organizzare la riaggressione nel momento in cui la difesa della Juve riusciva a stoppare l'ingresso in area della formazione nerazzurra. 

E' sufficiente osservare la differenza delle heatmap di Bastoni tra gara di campionato e quella di ieri in Supercoppa per capire quanto sia cambiata la formazione nerazzurra nel lasso di poche settimane. E' una scelta che ha permesso all'Inter di ribaltare il suo paradigma di sviluppo dell'azione che è passata dalla catena di destra creata da Antonio Conte ad un sovraccarico della zona sinistra del campo con Simone Inzaghi. Alla fine il goal della vittoria, per quanto frutto di una topica individuale di Alex Sandro, resta un ulteriore esempio di azione creata sul lato sinistro dell'attacco, anche al 120' di una partita molto dura dal punto di vista agonistico.

Nulla di nuovo si è visto, invece, nello sviluppo offensivo della Juventus, con una continua ricerca della giocata in verticale verso Morata che viene incontro e cerca di attivare triangolazioni con le mezzali e con i terzini e favorire gli inserimenti di McKennie o gli uno contro uno di Kulusevski (che ha vinto 5 dei 7 duelli offensivi ieri sera, tra cui quello che ha propiziato l'azione del goal di McKennie). Rispetto alla gara di campionato abbiamo visto una Juventus cercare di portare avanti la stessa strategia voluta da Allegri sin da inizio stagione, ma questa volta la buona notizia è che con una costruzione a tre, sono aumentati gli uomini mandati a dar fastidio alla fase difensiva dell'Inter e, quanto meno per la prima mezzora, ha anche funzionato.

Dal dato relativo ai passaggi progressivi delle due partite di campionato e Supercoppa emerge chiaramente la tendenza della squadra bianconera a cercare in verticale Morata (o i giocatori che entrano in campo al suo posto in corso d'opera) per portare rapidamente il gioco nella metà campo avversaria. La Juve di Allegri quindi rifiuta di consolidare il possesso e passare dal centrocampo per far progredire l'azione. Questa continua ricerca di giocate parecchio forzate alza il livello di difficoltà di esecuzione della giocata (un ossessione del vocabolario del tecnico livornese nel corso della sua precedente gestione e che adesso sembra essere sparito nelle sue conferenze stampa, ve ne siete accorti?) e, come anche si vede dall'esempio sopra, allunga parecchio la squadra, costretta poi a fare faticosissime corse all'indietro quando la triangolazione o l'uno contro uno non va a segno.

Questo non è un aspetto di poco conto, visto che progressivamente la Juventus, dopo una mezzora di ottimo livello ha fatto fatica proprio a livello fisico a reggere sia l'intensità dell'Inter sia la necessità di continui sprint in verticale dei propri centrocampisti ed attaccanti per sostenere questa proposta di gioco.

CONCLUSIONI

A distanza di tre mesi dalla sfida di campionato, Inter e Juventus hanno mostrato nella partita di Supercoppa di avere delle identità molto precise e più o meno evolute come esecuzione, proprio quest'ultimo aspetto è quello che sta generando il divario in campionato tra le due squadre riflesso anche dal dato degli xG che hanno visto la formazione nerazzurra generare 3,25 xG contro i 0,86 della squadra bianconera, senza contare il dato del possesso palla e del predominio territoriale marcatamente a vantaggio della squadra di Inzaghi.

A differenza della partita di campionato l'andamento della partita è stato diverso, con un Inter inizialmente in difficoltà per poi fiorire dopo la mezzora di gara, andamento opposto alla gara di campionato dove i nerazzurri si sono progressivamente ritratti nel corso della partita.

Fatta questa premessa è evidente che Inzaghi ed Allegri hanno (o avevano?) in comune l'idea che sia il giocatore a dettare il contesto tattico della squadra, e per questo il tecnico piacentino ha mostrato di aver saputo dare una struttura alla squadra che si è evoluta in quanto in grado di esaltare le qualità degli interpreti, decisamente diversi da quello dello scorso anno. La partita di ieri, invece, ha mostrato come il tecnico livornese stia continuando a seguire una precisa strategia di gioco che, nonostante i miglioramenti descritti in relazione all'aggressività della squadra in fase di non possesso, continua a mostrarsi poco efficiente in fase di possesso.

Le motivazioni sono due e la prima l''ho descritta sopra: questo tipo di gioco allunga la squadra e costringe i giocatori a lunghe corse senza palla che poi vanno a penalizzare la lucidità quando tornano in possesso del pallone; la seconda, e questo mi sorprende visto il pensiero calcistico di Allegri, è che si sta forzando la squadra ad esperire una tipologia di gioco che non mette a proprio agio i calciatori a disposizione. Gente come Arthur, Locatelli, Dybala, Morata e Kulusevski meritano un contesto di gioco maggiormente associativo e non un sistema di rapide verticalizzazioni e di giocate di prima in velocità che non fanno emergere al 100% il loro talento. 

Ecco, sarebbe bello se in una di queste conferenze stampa in cui Allegri ama fare monologhi vuoti spalleggiato da giornalisti compiacenti, qualcuno sia in grado di alzare la mano e chiedergli se questo modo di giocare della squadra sia in linea con le qualità dei suoi calciatori, giusto per sapere quale sarebbe la sua risposta.

Tuesday, 4 January 2022

Betis-Celta Vigo è stata una sfida di identità


Il 2022 della Liga è iniziato con un turno di campionato che celebra la fine del girone d'andata e che ha messo di fronte due squadre la cui identità tattica è molto marcata e ben distinta: da una parte il Betis ed il suo 4-2-3-1, dall'altra parte il Celta Vigo ed il suo ambiziosissimo 4-1-3-2.

Già lo scontro delle ultime giornate di campionato della scorsa stagione (terminato con una vittoria del Betis per 3-2) aveva mostrato quanto fosse forte la contrapposizione tattica tra le due formazioni con il contesto tattico della partita dominato da Coudet e l'aggressività del suo schieramento ma comunque perdendola. 

Questa volta l'ex tecnico del Racing Avellaneda si è vendicato del Betis e di Pelegrini andando a vincere per 2-0 al Benito Villamarin continuando a mostrare la bontà del suo stile di gioco nonostante le diverse assenze, riuscendo a portare il piano tattico della partita dalla propria parte nel corso del primo tempo esponendo il Betis alle sue difficoltà in fase di transizione difensiva.

In questa analisi cercherò di spiegare come entrambe le squadre abbiano comunque esposto il proprio piano tattico nel corso della partita, ma anche perché quello eseguito dal Celta Vigo sia stato quello migliore in campo portando la squadra galiziana a prendersi con merito l'intera posta in palio.

LE FORMAZIONI INIZIALI

Come indicato in premessa, Pelegrini e Coudet non derogano ai rispettivi sistemi di gioco nonostante qualche assenza da una parte e dall'altra: nel 4-2-3-1 del tecnico cileno non viene schierato dal primo minuto Nabil Fekir, così come Rodri, una scelta che, come vedremo, sarà forse decisiva in negativo per la formazione betica; dall'altra parte Coudet deve far fronte a molte assenze in difesa ed a centrocampo che lo portano a spostare Aidoo in posizione di terzino destro, Okay Yokuslu (20 minuti collezionati in tutta la stagione) nell'inedita posizione di centrale di difesa e Fran Beltran schierato come schermo davanti alla difesa del 4-1-3-2.



I PRINCIPI DEI DUE SCHIERAMENTI IN CAMPO

Sin dalle prime battute della partita si è capito come entrambi gli allenatori avrebbero cercato di fare le rispettive partite cercando di prendere il controllo del pallone e del territorio. Per questo motivo entrambe le squadre cercavano di intrappolare le relative fasi di possesso avversarie non concedendo l'avanzamento in campo.

Da questo esempio si nota come il Celta Vigo faccia parecchio riferimento all'uomo in fase di non possesso, con riferimenti ben precisi: ai terzini Aidoo e Javi Galan viene chiesto di prendersi cura di Juanmi e Lainez mentre Beltran deve controllare Canales con i due centrali che devono controllare Willian Jose; altro giocatore con un ordine ben preciso è Denis Suarez, il vertice alto del rombo di centrocampo del Celta, chiamato a prendersi cura in fase di prima pressione di Guardado, l'uomo deputato da Pelegrini ad abbassarsi tra i due centrali per far partire l'azione mentre le due mezzali restano in posiziona intermedia per essere pronti a scalare sui terzini o stringere su William Carvalho.

Decisamente più orientato sulla palla il sistema difensivo del Betis di Pelegrini. Aiutati anche dalla grafica della Liga si può notare come il 4-2-3-1 di base del tecnico cileno si trasformi in un 4-4-2 in fase di non possesso con la squadra che si orienta e bascula in direzione della palla ed è pronta ad andare in pressione non appena il Celta sposta il pallone sul terzino e si possono anche vedere tutte le varie opzioni di scalata dei terzini sulle mezzali del Celta Vigo.

Quest'ultimo fermo immagine ci permette di notare una particolarità nelle costanti tattiche di Coudet, ossia la creazione di questa "Y" a centrocampo (che trovate evidenziata in rosso) resa possibile dall'abbassamento del vertice alto del rombo Denis Suarez che permette alle mezzali Cervi e Brais Mendez di alzarsi delegando quindi ad essi il compito di attaccare la zona tra le linee di difesa e centrocampo avversarie. Il movimento delle due punte, inoltre, porta la linea difensiva ad essere impegnata da essa comportando un dilatamento dello spazio in questione, qui la scelta di Pelegrini è di far salire i terzini a duello con le mezzali rischiando anche il duello tra i centrali e gli attaccanti.

La lotta tra i sistemi di pressione ha permesso alla squadra galiziana di avere in mano il contesto tattico della partita portandola sul piano dei duelli individuali e portando il Betis a giocare la palla alta (45 duelli aerei contro i poco meno di 30 in questa stagione).

GLI ERRORI IN POSSESSO DEL BETIS..


L'obiettivo del gioco del Betis è quello di progredire sul campo per vie centrali e sfruttare le combinazioni esterne per rifinire l'azione, questo è possibile grazie alla peculiarità del 4-2-3-1 di Pelegrini che chiede ai due terzini di alzarsi per dare ampiezza ed agli esterni offensivi di stringere per ricevere il pallone tra le linee ed allo stesso tempo creare spazio per le sovrapposizioni. L'obiettivo del Celta era quello di negare anzitutto queste ricezioni tra le linee e poi usare le mezzali per non concedere superiorità numerica sull'esterno prevenendo le sovrapposizioni. 

Questa è la situazione che si creava quando la formazione betica iniziava la costruzione dell'azione: Guardado si abbassa tra i centrali creando la salida lavolpiana,  i terzini si alzano e cercano di aprire lo schieramento del Celta per raggiungere giocatori tra le linee. Qui si vede bene come Bellerin attiri nelle sua zona la mezzala sinistra del Celta Cervi, questo genera una potenziale linea di passaggio in verticale che può essere raccolta da un movimento a venire incontro di Willian Jose, posizionato tra centrale difensivo e terzino, oppure da Lainez che potrebbe occupare quel mezzo spazio di sinistra e lasciare il centravanti a bloccare la linea difensiva. Ma il messicano si è mosso davvero poco senza palla rendendo vita facilissima alla difesa del Celta che ha sempre potuto limitare gli attacchi della squadra di casa per tutto il primo tempo.

La prestazione molle del classe 2000 messicano è ben esemplificata da questi numeri: nonostante i tre dribbling completati, il duello con Javi Galan è stata stravinto dal terzino ex Huesca che ha disposto di lui per tutto il corso del primo tempo, costringendo Pelegrini a rimangiarsi la scelta e sostituire il messicano all'intervallo con Rodri. La scelta di Coudet di puntare come da suo stile sull'aggressività dei duelli individuali ha mietuto come vittima proprio Lainez, il quale dovrà fare un passo in avanti sotto questo aspetto per mantenere le alte aspettative riposte su di lui dalla società bianco-verde. La partita di domenica per lui è stata una lezione che, sotto la guida di Pelegrini, non potrà che portare benefici alla crescita di questo talento.





..E LE DIFFICOLTA' IN TRANSIZIONE

L'elemento tipico del 4-2-3-1 sta nel fatto che nella gran parte dei casi i due terzini salgono in avanti in fase di possesso, per cui è molto importante il lavoro che devono svolgere i due mediani nel dare protezione ai due centrali difensivi in fase di transizione, ossia il momento in cui l'avversario recupera palla e cerca di ribaltare il gioco nella metà campo offensiva.

Nella partita del Benito Villamarin la tattica del Celta è stata quella di usare il movimento delle proprie due punte al fine di mandare al tappeto i meccanismi di transizione difensiva del Betis, già di per se molto fragili visto che la coppia William Carvalho-Guardado non ha nella corsa all'indietro il proprio punto di forza. Per questo motivo la fase di transizione difensiva della squadra di Pelegrini è sostanzialmente nelle mani della coppia di centrali difensivi Bartra-Victor Ruiz, anch'essi molto più a loro agio in situazioni posizionali anziché la marcatura sull'uomo.

Lo schieramento in non possesso della squadra di Coudet ha poi permesso di evidenziare le inefficienze del sistema di Pelegrini una volta persa palla. Questo esempio è perfetto nel capire come lo scaglionamento del centrocampo del Celta faccia a fette il sistema della squadra di Pelegrini in questa fase di gioco, determinata da un errore di impostazione di Victor Ruiz: qui Guardado si era alzato per cercare spazio alle spalle del centrocampo dei galiziani, per cui il messicano stesso cerca di pressare Fran Beltran ma lascia spazio alle sue spalle per Denis Suarez che è libero in quanto William Carvalho è rimasto a dare copertura preventiva su Santi Mina, questo porterà il portoghese a scalare sul trequartista del Celta ma liberando ovviamente a propria volta il centravanti creando un due contro due tra attaccanti e difensori centrali del Betis. 

Questo esempio mostra chiaramente lo scopo del rombo di centrocampo creato da Coudet a centrocampo in fase di non possesso e la Y in fase di possesso: l'avversario è costretto più volte a rompere le linee ed a compiere delle scelte che generano continua superiorità posizionale per la sua squadra. Il Betis sotto questo aspetto non è stato in grado di porre in essere una contromossa adatta a prendere il controllo tattico della partita, e questo ha portato il tecnico argentino a portare a casa i 3 punti e la sfida tattica contro il collega cileno.

LE MIGLIORIE DEL SECONDO TEMPO DEL BETIS

Pelegrini ha cercato di rimescolare le carte nel corso dell'intervallo togliendo Lainez ed inserendo Rodri: con l'ingresso di quest'ultimo si è certamente vista qualche miglioria nello schieramento della squadra betica, apparsa un po' più fluida ed in grado di controbattere al sistema di marcature a uomo del centrocampo avversario.

Rodri ha sostanzialmente fatto ciò che Lainez non ha fatto nel primo tempo, ossia entrare dentro al campo e creare linee di passaggio promuovendo delle rotazioni con Canales che potessero costringere i galiziani a fare delle scelte su quali spazi liberare. Nell'esempio si vede Rodri che viene incontro sfruttando un movimento di Canales che attira Denis Suarez. Il Celta sceglie di non concedere le profondità ed il passaggio in zona centrale del campo, liberando la zona tra le linee e soprattutto l'ampiezza che il Betis ha cercato di sfruttare con le corse di Bellerin e Moreno. Questa strategia si è ulteriormente acuita con l'uscita di Guardado per Fekir, con quindi maggiori rotazioni tra lui, Canales e Rodri e con Juanmi che cercava di accompagnare Willian Jose al centro dell'attacco. 

Questa scelta ha permesso al Betis di avere il controllo del pallone e quello territoriale nel secondo tempo, permettendole di migliorare anche i meccanismi di riconquista del pallone, tuttavia il Celta è sempre riuscito a tenere la partita sui binari di duelli individuali che hanno portato il Betis a forzare più volte la giocata e sbagliarla, rendendo quindi poco produttiva la supremazia della squadra di Pelegrini. 

CONCLUSIONI

La sfida tra Betis e Celta Vigo era una sfida tra le identità dei due allenatori Pelegrini e Coudet, ha avuto la meglio quest'ultimo grazie alla capacità dei propri centrocampisti di avere la superiorità numerica in mezzo al campo determinata dal 4-1-3-2 rispetto al 4-2-3-1. Pelegrini dal canto suo non è riuscito a sua volta a creare superiorità nella trequarti avversaria a causa di un atteggiamento troppo rigido della sua squadra nel primo tempo.