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Friday, 25 February 2022

Lazio-Porto, la sintesi del lavoro di Sarri


Il pareggio per 2-2 tra Lazio e Porto ha posto fine alla campagna europea della formazione di Maurizio Sarri. In termini giornalistici questa viene definita un'uscita a testa alta, tuttavia il doppio confronto ha mostrato le difficoltà ed i limiti di questa squadra.

In particolare questa partita è stata un'esemplificazione di come la rosa a disposizione abbia costretto l'ex allenatore di Napoli e Juventus a dover venire a patti con il proprio modo di giocare a pallone. 

La statistica finale sul possesso palla mostra chiaramente quanto detto sopra, la Lazio ha chiuso la partita con un possesso palla del 46%, un dato non propriamente da calcio sarriano, abituati come siamo a squadre del tecnico toscano capaci di gestire lunghe fasi di possesso nel corso delle partite.



LE FORMAZIONI INIZIALI

Sarri, rispetto alla gara d'andata in Portogallo, recupera Immobile ma perde Zaccagni squalificato, per cui l'attacco è obbligato con Pedro e Felipe Anderson al fianco di Immobile; davanti alla difesa Lucas Leiva è ripassato davanti alle gerarchie di Sarri rispetto a Cataldi.


Nel Porto Conceiçao si schiera con il suo classico 4-4-2 di base ma con diverse variazioni sul tema in fase di possesso che andremo a vedere. Rispetto all'andata Taremi viene schierato al fianco di Toni Martinez e Vitinha in luogo di Grujic; novità anche a destra in difesa con Bruno Costa al posto di Joao Mario.


LA DIVERSITA' DELLA LAZIO RISPETTO AL SARRISMO

Vedendo la Lazio giocare con la palla non ci sembra una squadra allenata da Sarri, i fraseggi e le triangolazioni tipiche del gioco del tecnico toscano faticano ad essere messi in opera. Tutto parte dalle difficoltà dei centrali difensivi nel portare la palla e tentare il dialogo con i centrocampisti, inoltre i movimenti senza palla sono molto limitati.

Questo è lo schieramento della squadra biancazzurra in fase di costruzione, con i 4 difensori più Lucas Leiva che fanno partire l'azione mentre i 5 invasori attendono alle spalle delle linee di pressione avversarie. Tuttavia come si evince dall'esempio il Porto chiude a chiave la fascia centrale del campo e toglie soluzioni ai centrali difensivi ed a Lucas, così le uniche opzioni arrivano dalle zone esterne dove spetta alle giocate individuali di Felipe Anderson e Pedro cercare di creare qualcosa.
 
Per questo motivo era necessario che fosse una delle due mezzali a venire a prendersi la palla in zona costruzione per cercare una soluzione per far risalire l'azione: in questo esempio vediamo Luis Alberto che si abbassa per ricevere il pallone da Patric, tuttavia anche con questo movimento dello spagnolo si evita la perdita del possesso palla ma lo schieramento della squadra resta piatto (mancano i triangoli per muovere la palla usando il terzo uomo. marchio di fabbrica del gioco di Sarri), il che rende difficile una circolazione palla fluida. Non riuscendo, quindi, a costruire nulla mediante azione manovrata propria, i pericoli la Lazio di Sarri li crea spostando il gioco nella metà campo avversaria per poi trovare un modo per servire Immobile in profondità o cercando la testa di Milinkovic-Savic. 

Anche la fase di non possesso è decisamente meno aggressiva del solito, le caratteristiche dei giocatori e della squadra, proveniente da un sistema tattico più attendista come quello di Simone Inzaghi, non permettono a Sarri di creare un pressing alto organizzato in maniera aggressiva. Più volte in campionato (vedi la partita di Napoli) la squadra biancazzurra ha mostrato di aprirsi paurosamente ogniqualvolta tentasse di alzare il proprio pressing.

Per cui il tecnico toscano ha cambiato approccio, ora vediamo una squadra che attende l'avversario ma senza abbassare il baricentro e mantenendo le linee compatte e strette. In questo esempio vediamo come è organizzata la prima pressione, con Immobile e Milinkovic-Savic (in altre occasioni Felipe Anderson) pronti a far scattare il pressing sul passaggio in orizzontale tra i due centrali ma preoccupandosi inizialmente solo di coprire le linee di passaggio verso i centrocampisti del Porto lasciando aperte solo le soluzioni laterali su cui scalare in blocco durante il viaggio della palla dal centrale difensivo al terzino.

Questo atteggiamento è quello che ha portato Pepe a commettere l'errore in impostazione che ha permesso alla Lazio di recuperare il pallone e lanciare Immobile in profondità per andare a concludere in rete e portare in vantaggio la Lazio. Insomma per essere pericolosa non c'è altro modo per la Lazio di giocare in maniera più diretta ed in profondità, soprattutto quando in campo c'è Ciro Immobile.




LE SOLUZIONI E LA SICUREZZA DEL PORTO


La scelta della Lazio di lasciare il pallone alla squadra portoghese per fare in modo da costringere la squadra di Conceiçao a concedere la profondità e disordinarsi, ha necessitato delle contromosse da parte del tecnico portoghese, contromosse che non si sono fatte attendere.

Il sistema naturale di costruzione del Porto vede sostanzialmente i 4 difensori ed i 2 centrocampisti centrali che operano in modo da scaglionarsi sul terreno di gioco a diverse altezze. Per questo in premessa è stato opportuno indicare che il 4-4-2 o 4-2-3-1 di partenza prevedeva delle variabili in fase di possesso. In questo esempio vediamo il posizionamento dei due centrali di centrocampo Vitinha ed Uribe uno davanti all'altro. Da questo esempio si può anche notare la posizione non simmetrica tra i due terzini, con Costa a destra che resta più basso, Zaidu a sinistra che invece tende a muoversi alle spalle delle linee di pressione della Lazio. La posizione di Vitinha è stata una mossa molto interessante da parte di Conceiçao che ha decisamente abbassato il raggio d'azione dell'ex giocatore del Wolverhampton, che in questa maniera ha potuto usare al meglio la propria tecnica per gestire il pallone resistendo anche alla pressione dei giocatori laziali. 

Tuttavia la pulizia del possesso non sembrava coincidere con la progressione del gioco: il goal subito ha mostrato le difficoltà della squadra portoghese nell'avanzare in campo ed anche l'uso del gioco diretto (altra costante del gioco del Porto) per Taremi non sembrava portare pericoli. L'attaccante iraniano ha vinto solamente 2 dei 7 duelli aerei in cui è stato coinvolto.



Per questo motivo è stato molto importante per il Porto riuscire a trovare soluzioni alternative per far avanzare il pallone, e sotto questo aspetto è stata molto importante la capacità dello stesso Taremi e di Otavio di muoversi e di ruotare per rendersi disponibili a ricevere i passaggio tra le linee.  In questo esempio vediamo come Pepè, accentrandosi, tiene impegnata la linea difensiva della Lazio assieme a Toni Martinez; anche Taremi ed Otavio (fuori inquadratura) occupano la zona centrale del campo sovraccaricandola e creando spazio per le avanzate di Zaidu a sinistra. Questo sistema ha permesso al Porto in corso d'opera di prendere campo ed iniziare a rendersi pericolosa sfruttando l'ampiezza del campo.

Perché l'ampiezza del campo? La specificità del sistema difensivo di Sarri (questo sì implementato interamente in questi mesi a Formello) sta nel totale orientamento della linea difensiva sul lato palla. Questo schieramento permette di restringere il campo all'avversario ma ha come punto debole quello di concedere spazio sul lato di gioco opposto rispetto alla palla; il Porto ha giocato sull'idea di sovraccaricare un lato per esperire la soluzione sul lato debole. In questo esempio vediamo ancora le rotazioni in avanti con Pepé più basso e Otavio più alto; Vitinha ed Uribe sono molto vicini proprio per riempire la zona palla permettendo al portoghese di ribaltare il gioco per Bruno Costa sul lato opposto. Da questa situazione nasce l'azione che porterà al discusso rigore del pareggio del Porto.


COME E' MATURATO IL RISULTATO FINALE


L'analisi fin qui ha mostrato quale è stato il contesto tattico della partita nel primo tempo, con la Lazio che, lasciando il pallone al Porto, lo ha messo in grossa difficoltà nella fase iniziale costringendo Conceiçao a cercare soluzioni alternative per creare gioco, riuscendoci. Nel secondo tempo il contesto tattico è stato ribaltato nel momento in cui doveva essere la squadra di Sarri a dover trovare il modo per togliere il controllo della partita e del pallone agli avversari.   

L'andamento del match, come si desume dalle statistiche, ha visto le due squadre alternarsi nel prendere il controllo della partita. Nel primo tempo l'andamento segue il contesto tattico sopra descritto, con la Lazio più pericolosa nella fase iniziale ed il Porto che poi alza il proprio livello di pericolo. Nel secondo tempo la fase iniziale ha seguito a livello tattico lo stesso canovaccio del primo tempo, il punto di svolta sono stati gli ingressi di Cataldi ed Hysaj al posto di Lucas Leiva e Radu, con i due nuovi ingressi che non hanno avuto un impatto molto lucido sulla partita. 

Il momento peggiore per la Lazio, che è quello che alla fine ha deciso partita e qualificazione, è coinciso nel momento in cui il contropressing del Porto ha mostrato le difficoltà del terzino albanese a gestire queste situazioni di pressione in cui si è trovato, ed il dato relativo ai duelli mostra chiaramente come abbia perso tutti quelli avvenuti in area di rigore fino ad arrivare allo schieramento disordinato della linea difensiva in occasione del goal del 2-1 della squadra ospite. Ovviamente non è che la Lazio abbia perso per colpa di Hysaj, ma nel calcio attuale, tanto più in questo periodo post-pandemico con i calendari particolarmente compressi, il poter gestire l'andamento delle partite con i cambi è essenziale, e questa possibilità la Lazio ha mostrato di non averla, tanto quanto accaduto alle altre squadre italiane impegnate in Europa in queste settimane.

L'azione del goal del 2-1 del Porto mostra sia la difficoltà di Hysaj ad allinearsi alla linea difensiva che quello di Cataldi nel seguire l'inserimento di Uribe. Insomma, l'impatto sulla gara dei due nuovi ingressi non ha fornito certo il supporto voluto da Sarri alla partita della Lazio.



Con un risultato completamente da ribaltare, alla Lazio non è rimasto altro che tentare di acuire ulteriormente la propria verticalità, affidandosi ad un gioco diretto fatto di duelli offensivi e di seconde palle con 12 dei 27 tocchi in area di rigore della formazione biancoceleste avvenuti nei 15 minuti di serrate finale che ha portato al goal di Cataldi e ad almeno altre due gigantesche opportunità da rete sprecate quasi a porta spalancata.


CONCLUSIONI

L'eliminazione dall'Europa League ha lasciato indubbiamente l'amaro in bocca a Maurizio Sarri che ha cercato di giocarsi al meglio le sue carte in questo doppio confronto contro una squadra che si è rivelata più completa della sua. A fine partita ha dichiarato che questa eliminazione servirà a lui per poter continuare il proprio lavoro al meglio sul campo d'allenamento in settimana senza ulteriori impegni ufficiali infrasettimanali.

Il lavoro del tecnico toscano si sta vedendo in alcuni aspetti (vedi gestione della linea difensiva) e meno in altri, con una fase di possesso meno ricercata e più diretta ed un atteggiamento più attendista (seppur mai passivo) in fase di non possesso. 

Nelle prossime settimane vedremo come si evolverà il lavoro, ossia se vedremo una Lazio che cercherà di raggiungere obiettivi ambiziosi in campionato giocando sui compromessi tattici di cui sopra oppure se si insisterà nel cercare di avvicinare il gioco della squadra ai desiderata del tecnico toscano, un'impresa che però ritengo molto complicata viste le caratteristiche dei giocatori in rosa, tanto più che si tratta di un gruppo di giocatori dall'età media molto alta e quindi più difficile da trasformare. 



Friday, 18 February 2022

Le peculiarità di Barcellona e Napoli


Lo scontro tra Barcellona e Napoli rappresentava senza dubbio un accoppiamento decisamente di rango per essere un primo turno ad eliminazione diretta dell'Europa League, con due squadre che appena due anni fa si affrontavano nello stesso periodo per gli ottavi di Champions League con Setien e Gattuso alla guida delle due squadre.

E come due anni fa la partita d'andata, seppur disputata a campi invertiti rispetto a quell'occasione, termina con un pareggio per 1-1 con vantaggio del Napoli nel primo tempo pareggiato nella ripresa dalla squadra blaugrana. 

Il risultato finale rispecchia la capacità delle due squadre di avere il controllo della partita nelle prime due frazioni, con la formazione partenopea in grado di fare la propria partita nel primo tempo limitando i meccanismi della squadra di Xavi, mentre nella seconda frazione sono stati i padroni di casa a dominare il contesto e avrebbero potuto anche chiudere la partita con l'intera posta in palio, come testimoniato dalle statistiche della partita.




LE FORMAZIONI INIZIALI

Xavi dopo aver alternato 4-3-3 e 3-4-3 nelle sue prime partite sulla panchina del Barça, sembra aver virato definitivamente sulla prima soluzione scegliendo, però, di rinunciare a Busquets dal primo minuti mettendo De Jong a in quella posizione; Pedri e Nico Gonzalez agiscono da mezzali mentre Ferran Torres gioca da esterno di sinistra con Adama Traore sul lato opposto da utlizzare come arma con le sue corse ed i dribbling palla al piede. 


Spalletti aveva meno scelta a propria disposizione, controintuitiva la scelta di schierare Juan Jesus come terzino sinistro per prendersi cura di Traore, Ruiz-Anguissa fanno da schermo e da costruttori davanti alla difesa, mentre Elmas agisce da esterno offensivo di destra del 4-2-3-1.



LE STRATEGIE IN COSTRUZIONE

Soprattutto nel primo tempo la lotta tra prima costruzione e prima pressione avversaria è stata oggetto della strategia dei due allenatori, dando vita a fasi di gioco appassionanti sin dal momento in cui una delle due squadre iniziava l'azione.

Come già mostrato in uno dei miei precedenti post, il principio di base della costruzione da dietro del gioco di Xavi è quello di avere sempre superiorità numerica rispetto alla prima pressione avversaria ed utilizzarla per creare superiorità posizionale nelle zone più alte di campo. Questo avviene mediante una serie di movimenti con e senza palla atti a muovere lo schieramento difensivo avversario e trovare spazi per far risalire il pallone. In questo esempio vediamo una tipica routine del Barça di Xavi, ossia l'interno di centrocampo (in questa occasione Pedri) che si abbassa per creare un 3+2 in costruzione permettendo a Jordi Alba di risalire e Ferran Torres di accentrarsi.

A differenza di quanto visto in altre occasioni, in questa fase Jordi Alba verrebbe chiamato a scollegarsi da questa fase di gioco per poter occupare l'ampiezza in avanti, tuttavia poche volte l'ex valenciano si è sganciato in avanti a causa della presenza di Ferran Torres in quella posizione, per cui il compito del numero 18 del Barcellona era quella di restare largo cercando di aprire le linee del Napoli attirando Elmas dal suo lato. In questo esempio si nota come il posizionamento del terzino sinistro e quello di De Jong porti Anguissa ed Elmas ad aprirsi rispetto a Ruiz che deve controllare l'abbassamento di Nico Gonzalez, questo crea una linea di passaggio diretta da Eric Garcia a Pedri permettendo al Barça di raggiungere la zona rifinitura (ossia la zona centrale tra centrocampo e difesa avversaria). Ad ogni modo anche da questo esempio si può notare come Rrahmani sia già pronto a rompere la linea difensiva per andare ad aggredire la ricezione di Pedri e rallentare il proseguimento dell'azione avversaria.

Come si evince dalle posizioni medie alla fine del primo tempo, è ben visibile la posizione più bassa del solito del terzino del Barcellona, addirittura più bassa di Mingueza, giocatore che avrebbe teoricamente il compito di restare bloccato in costruzione. Tuttavia, essendo le posizioni medie date dai tocchi di palla, la motivazione sta nel fatto che Jordi Alba veniva usato più spesso in costruzione mentre Mingueza toccava maggiormente il pallone quando saliva a sostegno degli isolamenti esterni di Adama Traore sulla destra.








Il Napoli, come da sua consuetudine in questa stagione, costruisce con i due centrali di centrocampo che si abbassano a giocare il pallone così come i due terzini che forniscono ampiezza. Questo serve sostanzialmente ad attirare la pressione avversaria, allungando la squadra e, quindi, cercare di trovare scoperto l'avversario per attivare Zielinski tra le linee o Osimhen in profondità (cercato anche come soluzione per i lanci lunghi quando la pressione del Barcellona lo rendeva necessario). Da questo esempio, tuttavia, si può evincere sia l'attenzione della squadra di Xavi al non rendere possibile la progressione centrale alla formazione partenopea, ma anche come la squadra di Spalletti cercasse di creare i presupposti per sviluppare l'azione a destra, con l'accentramento di Elmas che crea spazio per l'avanzamento di Di Lorenzo, una soluzione che il Napoli cercherà spesso per risalire il campo.

Difatti, una soluzione alternativa che Spalletti cercava per far avanzare il pallone era quella di far salire Di Lorenzo a coprire l'ampiezza in avanti aprendo Anguissa e tenendo Ruiz collegato al camerunese per muovere il pallone alle spalle della pressione del Barcellona con Elmas e Zielinki che occupavano lo spazio tra le linee. La connessione tra il macedone ed il polacco è quella che poi ha portato al goal con cui i partenopei hanno sbloccato la partita. Anche Spalletti al termine della partita ha ribadito che la strategia del Napoli in questa partita era quella di risalire in campo mediante queste connessioni e le triangolazioni in zone esterne del campo.

In teoria l'altra finalità di questo schieramento in costruzione era quello di sorprendere la linea difensiva del Barça alle spalle sfruttando le qualità di Osimhen, ma il centravanti nigeriano ieri, complice una condizione ancora precaria, è apparso spesso avulso dal gioco e poco lucido, tanto da finire in fuorigioco molto spesso in situazioni facilmente leggibili per uno come lui. La mappa dei passaggi ricevuti è abbastanza esemplificativa di quanto appena detto.

Anche qui la mappa delle posizioni media al termine del primo tempo conferma l'approccio di cui sopra, con la posizione media di Di Lorenzo sulla stessa altezza di Anguissa e Ruiz, chiamati a giocare diversi palloni sulla propria trequarti contro la pressione feroce organizzata da Xavi. La posizione media di Elmas mostra come sia leggermente più accentrata di Insigne che, invece, raramente è riuscito ad entrare nel vivo dell'azione, probabilmente a causa del tanto lavoro difensivo che gli è stato richiesto da Spalletti che andremo a vedere successivamente.
















LE STRATEGIE DIFENSIVE


Barcellona e Napoli hanno interpretato la partita in maniera molto differente in fase di non possesso, con la squadra di casa decisamente più aggressiva e la squadra di Spalletti che aveva come obiettivo quello di negare le ricezioni nei mezzi spazi e limitare il gioco sugli esterni.

Spesso, per capire quali sono le intenzioni in pressing di una squadra una spia è il comportamento della squadra quando la palla torna al portiere, c'è chi preferisce togliere le soluzioni di passaggio più comode all'estremo difensore, c'è chi, come il Barcellona, usa il passaggio indietro a Meret come momento ideale per alzare il pressing (tecnicamente definito pressing trigger), per cui qui vediamo Aubameyang che sale in pressione sul portiere del Napoli mentre Pedri e Nico Gonzalez scalano in maniera iper-aggressiva su Ruiz. Da questa specifica situazione, che Meret riuscirà a risolvere con tanti brividi, era ben visibile quale sia l'idea di fase di non possesso di Xavi, ossia la conquista del pallone quanto più in alto possibile sul terreno di gioco.

Altro aspetto tipico e distintivo del modello di gioco del tecnico catalano è l'immediata riconquista del pallone appena viene perso: in questo esempio vediamo una situazione in cui il Napoli aveva recuperato palla al limite della propria area e troviamo ben sei giocatori della squadra blaugrana pronti ad andare a chiudere in una gabbia i giocatori del Napoli, impedendo loro di uscire con il pallone. Da questa circostanza nascerà la prima occasione del Barça che capiterà sui piedi di Pedri che tirerà alto da favorevole posizione.

Non poteva esserci statistica migliore per confermare l'approccio del Barça in fase di non possesso che quello del PPDA, un livello che è cresciuto costantemente nel corso della partita e che spiega abbastanza chiaramente, oltre che l'approccio della squadra catalana, anche lo sviluppo della partita nel secondo tempo, con l'aumento dell'intensità di gioco che ha messo all'angolo la squadra di Spalletti.







Di tutt'altro genere, invece, è stata la strategia difensiva del Napoli, basata su un'attenta chiusura degli spazi ed un gran lavoro di tutta la squadra in fase di non possesso che poi si è riverberato nel calo fisico del secondo tempo coinciso con il sopra menzionato aumento di intensità della squadra di casa, tuttavia la strategia difensiva nel primo tempo della squadra di Spalletti ha decisamente funzionato togliendo molte certezze offensive all'avversario.

La strategia difensiva dei partenopei era quella di schierarsi con un 4-4-2 compatto e stretto, con Ruiz e Anguissa che avevano come compito principale quello di togliere la possibilità a Nico Gonzalez e Pedri la possibilità di ricevere il pallone in maniera comoda, il tutto in un baricentro medio che non permettesse a Pique e compagni di mettere le tende al limite dell'area di rigore. A cambiare tra primo e secondo tempo è stata proprio l'altezza del baricentro della squadra di Spalletti, un comportamento che si è visto, seppur in toni minori, anche nella sfida di campionato contro l'Inter e che denota una difficoltà atletica della squadra nel corso dei 90 minuti.

Anche la difesa laterale è stata ben studiata da parte di Spalletti: le ultime partite del Barça avevano mostrato quanto l'arrivo di Adama Traore abbia portato una fonte di pericolo sul lato destro del campo grazie alla sua velocità ed ai suoi dribbling, tuttavia il Napoli è stato molto bravo a limitarlo grazie al gran lavoro di raddoppi per evitare di lasciare solo l'ex giocatore del Wolverhampton contro Juan Jesus. Da questo esempio è ben visibile come il 4-4-2 in non possesso del Napoli porti sul cambio di gioco di Pedri sia Juan Jesus che Insigne ad aprirsi per andare a chiudere Traore che non appena riceverà palla si troverà con due avversari addosso e sarà costretto a scaricare indietro su Mingueza. Dall'inquadratura si può notare come anche Di Lorenzo ed Elmas sul lato opposto fossero già pronti ad eseguire lo stesso lavoro su Jordi Alba.

La bontà del lavoro svolto in fase difensiva dal Napoli contro Adama Traore è ben riconoscibile dall'analisi dei suoi passaggi: lo spagnolo ha praticamente giocato palla solo all'indietro e tutti i suoi tentativi di cross non sono mai andati a buon fine. Inoltre, pur avendo completato 6 dei 10 dribbling tentati, la percentuale di riuscita (60%) è tra le più basse rispetto a quelle misurate in questa stagione (parliamo di un giocatore la cui media stagionale è del 70% dei dribbling riusciti).






CONCLUSIONI

Barcellona-Napoli è stata una sfida in cui abbiamo visto due squadre sfidarsi utilizzando ognuna il proprio piano gara standard. Da una parte l'approccio dominante ed aggressivo del Barcellona di Xavi, dall'altra la ricerca di superare la pressione avversaria mediante la qualità dei centrocampisti e le triangolazioni ed uno schieramento compatto con baricentro medio.

Non si può stabilire a priori quale sia la migliore strategia di gara, tuttavia il sistema del Barça alla distanza si è lasciato preferire, pur mostrando le sue difficoltà nel momento in cui l'avversario con la propria capacità tecnica riesce ad arrivare sulla sua trequarti. 

L'occasione del goal di Zielinski ha mostrato chiaramente come il Barcellona abbia serie difficoltà a tracciare i movimenti degli attaccanti avversari quando attaccato. Ma la bravura di un allenatore sta anche nel mascherare i difetti della propria squadra, ed il fatto che il Napoli abbia toccato palla nell'area del Barcellona per appena 7 volte dimostra che il gioco vale la candela.

Dalla sua parte il Napoli ha mostrato che il suo piano gara ha funzionato sostanzialmente per 45 minuti limitando fortemente il Barcellona e creando le condizioni per andare all'intervallo con una sensazione di poter reggere il confronto contro una squadra dai valori tecnici così importanti e che, per questa ragione, ti costringe a difenderti maggiormente senza palla, cosa a cui il Napoli è poco abituato.
 
Ma i nodi vengono al pettine quando si parla di tenuta fisica della squadra: i tanti infortuni subiti nel corso della stagione non si riverberano solo nel periodo dell'assenza fisica, ma ha anche strascichi nel momento in cui i giocatori tornano a giocare non al 100%: il Napoli ieri ha dovuto tardare i cambi perché gli uomini a disposizione di Spalletti in panchina non avevano una grande autonomia a livello fisico, questo unito al grande sforzo di rincorrere gli avversari per gran parte della partita ha portato il Napoli ad abbassarsi a dismisura fino a farsi chiudere nella propria area di rigore, non subendo una sconfitta solo per l'imprecisione in fase conclusiva di Ferran Torres.

Thursday, 10 February 2022

Hassenhuttl ha messo a nudo i limiti del Tottenham


Dopo il mercato di gennaio una delle formazioni da osservare con maggiore interesse è senza dubbio il Tottenham di Antonio Conte che ha deciso di aggiungere alla propria rosa due ex juventini come Rodrigo Bentancur e Dejan Kulusevski, due giocatori che destano curiosità per come il tecnico salentino potrebbe utilizzarli per inserirli nei meccanismi della sua squadra. Oltre a questo, gli Spurs sono chiamati a rincorrere un posto in Champions per la prossima stagione da cui alimentari i propositi per i quali l'ex allenatore dell'Inter è stato chiamato a White Hart Lane

Per questo motivo la partita contro il Southampton rappresentava un crocevia importante per avanzare la candidatura a favorita per quel quarto posto a cui ambiscono anche Manchester United, West Ham ed Arsenal. Ma la squadra allenata da Hassenhuttl promette di essere un cliente scomodissimo grazie al suo gioco super-aggressivo e la tanta interessantissima gioventù di cui l'allenatore austriaco dispone.

La partita è stata decisamente bella e giocata a ritmi altissimi, più per merito del Southampton che infatti è uscito dal Tottenham Hotspur Stadium con i 3 punti in tasca, frutto di una prestazione sontuosa a livello di applicazione tattica e di tenuta mentale dopo essere passata in svantaggio nella parte centrale della ripresa. Anche la statistica degli expected goals ha confermano la bontà del risultato finale rispetto a quanto visto in campo.




LE FORMAZIONI INIZIALI

Nella formazione iniziale Antonio Conte da continuità alla formazione tipo con cui ha iniziato la propria avventura sulla panchina degli Spurs, con Lucas Moura e Son alle spalle di Kane sostenuti sugli esterni da Reguilon ed Emerson Royal, mentre la difesa a 3 formata da Davinson Sanchez, Romero e Ben Davies è protetta dalla coppia Winks-Hojbjerg. 


Nel Southampton, Hassenhuttl non rinuncia al suo 4-4-2 che si trasforma in 4-2-2-2 in possesso. In attacco Che Adams è affiancato dal promettentissimo talento albanese Armando Broja di proprietà del Chelsea; i due vengono sostenuti da Armstrong ed Elyounoussi con Ward-Prowse e Oriol Romeu a smistare il gioco in mezzo. I due terzini scelti dall'ex allenatore del Lipsia sono Walker-Peters ed il francese ex Brest Perraud, mentre la super aggressiva coppia Bednarek-Salisu sono i centrali difensivi.



L'AGGRESSIVITA' DEI SAINTS DETTA IL CONTESTO TATTICO

Lo stile di gioco del tecnico del Southampton è da sempre riconoscibile, visto che parliamo di uno dei principali discepoli di Ralf Rangnick, l'attuale allenatore del Manchester United e fautore del progetto Red Bull. Ed infatti vedere giocare il Southampton è proprio un'esecuzione di quei principi di gioco basati sulla pressione continua sull'avversario e l'immediata riconquista del pallone appena perso. 

Un esempio lo vediamo sulla prima pressione non appena il Tottenham tentava di costruire l'azione: il baricentro della squadra è altissimo ed i tre centrali della squadra di Conte avevano sempre un uomo addosso. In questa specifica circostanza si può osservare la propensione del Southampton a difendere in avanti, con Armstrong che va a pressare Davies mentre Walker-Peters (il terzino destro) si alza per andare ad aggredire Reguilon. Tutto il sistema di pressing dei Saints si basa su queste scalate in avanti senza preoccuparsi in alcun modo di lasciare la coppia di centrali difensivi alle prese con Kane e Son.

La strategia ha decisamente funzionato non solo dal punto di vista del risultato (che nel calcio può sempre essere casuale) ma soprattutto dal quantitativo di palloni recuperati in avanti tra azioni di pressing e di gegenpressing, ossia di riconquista immediata del pallone appena perso. Tornando alla questione del rischio di lasciare Bednarek e Salisu soli contro gli attaccanti del Tottenham, il rischio era decisamente calcolato considerando che a fare da schermo ai due centrali difensivi c'erano i due mediani Romeu e Ward-Prowse, i cui intercetti e recuperi palla a metà campo danno un'idea ancora più precisa di quanto i Saints abbiano puntato a non far uscire gli avversari dalla propria metà campo.



LE INTENZIONI DEL TOTTENHAM DI CONTE IN POSSESSO

Come abbiamo visto in precedenza, la partita si è dipanata sull'atteggiamento del Southampton che ha dettato il contesto tattico della partita, per cui per la squadra di casa il problema era quello di trovare un modo per uscire dalla pressione avversaria senza buttare il pallone. All'interno delle enormi difficoltà avute nel riuscire a risalire il campo (specie nel primo tempo) le intenzioni degli Spurs su come cercare di sviluppare il gioco erano comunque visibili seppur poche volte siano riuscito a trovare la corretta esecuzione vista la grande aggressività dell'avversario.

In fase di costruzione il Tottenham si schierava con un 3+2 composto dai tre centrali difensivi ed i due mediani mentre i due esterni cercavano di staccarsi più in avanti per attirare i terzini ed aprire la retroguardia del Southampton in larghezza, sostanzialmente utilizzando il principio più in voga a Coverciano in questo momento dei 5 costruttori e 5 invasori. La disposizione in campo, visibile in questo esempio preso dal primo tempo, era più chiara da riconoscere nel secondo tempo, quando il Southampton ha, un po' per scelta un po' per un calo fisiologico, allentato la pressione rispetto alla prima parte di gara. In questo modo è stato anche più semplice vedere i meccanismi su cui Conte sta cercando di costruire la propria strategia offensiva.

L'obiettivo della strategia offensiva di Conte era quello di superare la prima pressione con un passaggio progressivo che raggiungesse il trio offensivo strutturato come nell'esempio: Lucas Moura che viene incontro e scambia con Kane e Son. I tre giocatori si muovono ad altezze diverse per cercare di disordinare le linee avversarie e per poter scambiare il pallone più rapidamente per raggiungere la profondità oppure, come ben visibile nell'esempio, creare un sovraccarico che attiri la linea difensiva creando un lato debole dove favorire gli inserimenti di Reguilon.

Rispetto alle sue ultime esperienze da allenatore, Conte ha rinunciato alle due punte, preferendo giocare con Son e Lucas Moura a sostegno di Kane, anche se spesso vediamo il meccanismo opposto, con il centravanti della nazionale inglese che viene incontro a sostegno della fase di sviluppo dell'azione per poi invitare il brasiliano ed il coreano ad attaccare la profondità. Dalla mappa delle posizioni medie della partita si possono anche notare le differenti altezze medie di Emerson e Reguilon, così come la posizione di Lucas Moura che tanto si è dato da fare per collegare centrocampo ed attacco, a dimostrazione della scelta del lato destro come quello di sviluppo dell'azione.








IL 4-2-2-2 IN SVILUPPO DEL SOUTHAMPTON

Uno degli elementi distintivi del modo di giocare di Hassenhuttl e di tutti gli allenatori cresciuti avendo come riferimento il metodo Rangnick è lo schieramento della squadra in fase di possesso palla, ossia con quello che sulla carta è un 4-4-2 che si trasforma in un 4-2-2-2 con le due ali che entrano dentro il campo facendo salire i terzini a dare ampiezza. Lo scopo è formare delle connessioni centrali in zona rifinitura (ossia la zona centrale tra difesa e centrocampo avversario) per sfondare centralmente ma anche per far stringere l'avversario e liberare i terzini al cross e, soprattutto, per avere tanti giocatori vicino alla palla per poterla riconquistare immediatamente appena persa o appena l'attacco tentato venga sventato dalla difesa avversaria.

In questo esempio si vede chiaramente lo schieramento della squadra con le due ali Elyounoussi e Armstrong che entrano dentro il campo, i due mediani alle loro spalle ed i due attaccanti davanti ad essi, mentre i terzini Perraud e Walker-Peters occupavano l'ampiezza. Questo schieramento oltre a creare un sovraccarico nella zona centrale del campo per attivare l'eventuale meccanismo di riconquista della palla persa, ha avuto anche lo scopo di costringere Conte ad abbassare Lucas e Son per restringere gli spazi, in questo modo il Southampton oltre a sviluppare il gioco ha avuto modo di piantare le tende nella metà campo del Tottenham.

Anche la fase di costruzione era abbastanza riconoscibile con i due centrali difensivi ed i due centrocampisti centrali che si occupano di far partire l'azione per poi cercare di servire le ali nei mezzi spazi in zona rifinitura, una soluzione che il Southampton ha cercato di rendere possibile attraendo in pressione uno dei due centrocampisti centrali del Tottenham. In questo esempio è Winks ad uscire in pressione lasciando spazio alle proprie spalle per la ricezione di Elyounoussi.

Le posizioni medie tenute dai Saints nel corso della partita mostrano in maniera inequivocabile quanto abbiano puntato all'accorciare quanto più possibile il campo mantenendo una grande compattezza centrale e delegando l'ampiezza ai terzini. Ma soprattutto si può notare quanto alto sia il baricentro della squadra, con addirittura i due centrocampisti centrali (Oriol Romeu con il numero 6 e James Ward-Prowse con il numero 8) quasi alla stessa altezza delle due ali che stringono nei mezzi spazi.

Il tratto che unisce tutte le fasi di gioco della squadra di Hassenhuttl, a partire dalla fase di costruzione per finire alla fase difensiva posizionale è la grande compattezza dello schieramento. Anche le posizioni medie ci mostrano come tutta la squadra fosse cortissima e con tutti i giocatori uno vicino all'altro coprendo allo stesso tempo più altezze del campo.







LE DIFFICOLTA' DIFENSIVE DEL TOTTENHAM

Non è stato facile per il Tottenham trovare il modo per limitare i sovraccarichi creati in zona palla dal Southampton, per questo motivo nel corso del primo tempo la squadra di Conte è stata costretta a mantenere un baricentro basso per limitare le ricezioni delle ali e dei terzini. Ma tutto questo non è bastato visto che alla fine il Southampton ha chiuso la partita con 23 conclusioni effettuate di cui 15 da azione manovrata, un dato reso più allarmante dal fatto che queste occasioni sono arrivate mediante lo stesso tipo di dinamica. 

Mentre sulle progressioni centrali della squadra di Hassenhuttl il Tottenham sembrava in grado di chiudere gli spazi, l'altro lato della medaglia stava nello spazio che il Southampton riusciva a crearsi per arrivare ad entrare in area per vie esterne e, non appena il pallone arrivava in area ecco che la linea difensiva non si è mai mostrata in grado di gestire gli attaccanti avversari. I dati su come il Southampton sia entrato in area sono abbastanza sufficienti a capire come i pericoli siano giunti dalle fasce (8 cross tentati da Perraud), a questo si aggiunge il dato relativo ai cosiddetti DEEP passes (ossia i passaggi effettuati all'interno di un immaginario semicerchio intorno alla porta il cui diametro è di 20 metri): i Saints ne hanno effettuati appena 3, a sostegno della tesi che gli spazi centrali erano ben presidiati lasciando all'avversario il cross come unica arma per arrivare al tiro (statisticamente la soluzione meno efficiente di tutte).

Ciò che a livello strategico ha parzialmente funzionato non ha funzionato a livello pratico nel momento in cui i palloni giocati in area hanno creato il panico nella difesa del Tottenham. Esempio che calza a pennello è il comportamento della difesa sul goal del 2-2 firmato da Elyounoussi, dove tutta la linea difensiva ed i centrocampisti a supporto sono attratti dalla combinazione laterale tra Walker-Peters e Ward-Prowse che porterà. nonostante la superiorità numerica in area di rigore, il norvegese a colpire indisturbato alle spalle di Lloris. La stessa problematica si ripeterà due minuti dopo in occasione del goal di Che Adams che decide la partita, ma anche altre volte nel corso della partita è stato Lloris a metterci una pezza sull'eccessiva attrazione della linea difensiva nei confronti della palla una volta posizionati in area di rigore, un aspetto su cui Antonio Conte dovrà lavorare davvero tantissimo.


CONCLUSIONI

Tottenham-Southampton è stata una partita bellissima giocata a ritmi altissimi soprattutto grazie alla coraggiosissima strategia di gara della squadra del sud dell'Inghilterra, una strategia che ha messo in strenua difficoltà il Tottenham che ha avuto serissime difficoltà ad uscire dalla propria metà campo per quasi tutto il primo tempo.

Il dato relativo alla pericolosità dei possessi nel corso della partita mostra chiaramente quanto l'andamento della partita sia stato dettato dalla strategia della squadra di Hassenhuttl, con il Tottenham che è riuscito a giocare solo nei momenti in cui i Saints hanno preso fiato dalla loro continua ricerca della pressione asfissiante. 







L'unico appunto da cui Antonio Conte può ripartire dopo questa partita è che dopo le prime settimane di lavoro, il Tottenham sembra avere un disegno tattico riconoscibile, con la scelta del 3-4-2-1 come schema di base: gli arrivi di Bentancur e Kulusevski e la cessione di Alli sembrano confermare che la strada scelta è questa, con l'uruguaiano ed il polacco che al momento rappresentano rispettivamente i backup di uno dei due di centrocampo e di Lucas Moura. Dall'altra parte c'è una linea difensiva completamente da registrare in fase di difesa posizionale. 

Ultima nota personale di stampo nostalgico: il 4-2-4 riproposto nei minuti finali di partita dopo aver subito il goal del 2-3 di Adams potrebbe diventare il famoso piano B di Conte, chissà che nello sviluppo del suo lavoro nel nord di Londra il tecnico salentino non decida di rispolverare i playbook con cui si è fatto conoscere agli occhi del mondo come allenatore ai tempi di Bari.

Friday, 4 February 2022

L'Old Firm ha aperto il ciclo Postecoglou al Celtic


L'Old Firm è una delle sfide più iconiche dell'intero calcio europeo: quella tra Rangers e Celtic è una delle rivalità stracittadine più antiche e più sentite nel mondo, con implicazioni che non riguardano solamente il calcio (anzi il calcio è proprio un aspetto marginale), in un connubio tra fede calcistica e religiosa che rende questa sfida e questa rivalità unica nel suo genere. 

Nella sfida di mercoledì sera al Celtic Park la formazione di casa ha letteralmente distrutto i Rangers con un sonoro 3-0 che ha permesso alla squadra cattolica di Glasgow di riprendersi oltre che la testa provvisoria della Premiership scozzese, anche un primato in termini di ciclo tecnico che sembrava perduto dopo le ultime due stagioni, dove Steven Gerrard aveva permesso ai Rangers di riprendere il dominio interrotto dal fallimento del club nel 2012.

Con il combinato disposto dell'addio dell'ex capitano del Liverpool, che ha deciso di prendere il ruolo di manager all'Aston Villa, e l'arrivo a Celtic Park di Ange Postecoglou, la situazione sembra essersi nuovamente ribaltata, per cui in questa analisi andremo a vedere come l'ex tecnico degli Yokohama Marinos ha permesso alla sua squadra di trionfare nell'Old Firm che mancava (in campionato) da settembre 2019.

LE FORMAZIONI INIZIALI

Le assenze determinate dagli infortuni e la partenza di alcuni giocatori per affrontare i match con le rispettive nazionali hanno costretto i due allenatori ad alcune scelte forzate o avere poche alternative su chi mettere in campo dal primo minuto.


Dal punto di vista tattico entrambe le formazioni si sono schierate con un 4-3-3 di base la cui interpretazione sarà oggetto di questa analisi. E' proprio questo aspetto ad essere stato decisivo in quanto sia a livello di caratteristiche di interpreti che di disposizione delle squadre in campo le due squadre partivano sulla carta in maniera speculare.

LA COMPLICITA' DEI RANGERS

Nel trionfo della squadra bianco-verde, oltre ai meriti giganteschi del modo di stare in campo imposto da Postecoglou, una quota di complicità va assegnata all'atteggiamento voluto da Giovanni van Bronckhorst, reo di aver preparato la squadra a giocare con un atteggiamento in campo molto timido molto lontano da quello ereditato da Steven Gerrard.

Questo atteggiamento si sta riverberando negativamente sulla fase difensiva dei Gers. Come si evince dal grafico, dall'addio di Gerrard sono decisamente aumentate le partite in cui la squadra concede un numero di xG maggiore della media. Le barre in rosso si riferiscono alle partite sotto la gestione dell'attuale tecnico dell'Aston Villa, quelle in blu alle partite sotto la gestione del tecnico olandese, insomma il peggioramento sembra particolarmente visibile e riconoscibile a livello statistico ma lo si può anche notare dall'atteggiamento della squadra in fase di non possesso.

L'atteggiamento dei Rangers è stato quello di abbassarsi e di non contestare in alcun modo la costruzione degli avversari. Qui vediamo per esempio il centrale difensivo del Celtic Starfelt che può condurre liberamente il pallone fin oltre il cerchio di centrocampo mentre tutta la squadra indietreggia, inoltre da qui possiamo vedere il sistema di sviluppo esterno della squadra biancoverde con Jota, l'esterno offensivo che da l'ampiezza allo schieramento attirando Tavernier, il terzino Taylor accentrandosi apre la linea di passaggio verso l'ex Benfica in quanto Amad Diallo lo segue a uomo. Questa situazione creerà tutti i presupposti per il dominio Celtic, come vedremo nel proseguimento di questa analisi.

LO SVILUPPO LATERALE DEL CELTIC


La principale costante del modo di giocare del Celtic di Postecoglou è indubbiamente quella di sviluppare l'azione mediante triangoli laterali, un sistema tipico del 4-3-3 di Vincenzo Italiano e Zdenek Zeman che ho già analizzato in passato sulle pagine di questo blog. Anche qui si va grande uso delle rotazioni posizionali tra i giocatori appartenenti a ciascuna delle catene: in questa partita queste rotazioni sono state particolarmente meccaniche a causa dell'insistenza dei Rangers di orientare la propria fase difensiva sull'uomo.

Queste sono le heatmap di Jota e Abada, ossia i due esterni offensivi del 4-3-3 del tecnico australiano, da qui si evince chiaramente come, nella sua versione di questo schieramento siano questi due giocatori a dover fornire la massima ampiezza alla manovra. Inoltre emerge il fatto che, insieme, questi due giocatori abbiano sommato 100 tocchi, il che significa che sono stati serviti molto frequentemente dai loro compagni che, a loro volta, erano in grado, di creare spazi sufficienti affinché potessero essere serviti e giocare il pallone. Questo meccanismo si può evincere anche dall'esempio mostrato sopra, generato dal movimento dei terzini che si accentrano liberando le linee di passaggio per le loro ricezioni. 

Ecco come il Celtic organizzava il proprio triangolo di sviluppo esterno: Abada, l'esterno offensivo, riceve il pallone allargandosi, il terzino Juranovic si accentra portandosi dietro Kent che lo segue a uomo, un po' come sul lato opposto Amad Diallo faceva su Taylor. Barisic a sua volta deve aprirsi per contestare Abada aprendo la linea difensiva. Nello spazio creato si inserisce la mezzala O'Riley che può essere servito in profondità dallo stesso Abada alle spalle di Barisic. 

Inoltre la corsa in avanti di O'Riley non aveva come unico scopo quello di farsi servire in profondità, ma anche di costringere Aribo ad inseguirlo fin dentro l'area, liberando spazio tra le linee dove potevano essere serviti, oltre che lo stesso Juranovic, anche l'altra mezzala Hatate, come avvenuto nell'azione del secondo goal del Celtic. Grazie a questi movimenti il Celtic ha fatto saltare quello che era un sistema di marcature a uomo dei Rangers manipolando perfettamente gli spazi. 




L'azione del goal del 2-0 è una perfetta esemplificazione di quanto esaminato fino ad ora: si parte dalla costruzione paziente dei due centrali che prima cercano di attivare la catena sinistra, poi vanno su quella destra da dove si innesca la combinazione terzino, esterno, mezzala che costringe Kamara (il mediano dei Rangers) a dover scalare per dare man forte; tuttavia questo movimento libera spazio proprio in zona rifinitura che viene attaccato da Hatate che poi fa il resto con una meravigliosa conclusione da fuori area.

LA GRANDE AGGRESSIVITA' DELLA PRIMA PRESSIONE


Altro elemento che ha permesso al Celtic di dominare la partita è stato l'atteggiamento super-aggressivo non appena i Rangers cercavano di giocare la palla: al contrario dei propri avversari la squadra di Postecoglou non ha mai aspettato l'avversario e non gli ha mai consentito di giocare il pallone comodamente sin dalla propria trequarti.

L'obiettivo della pressione della squadra di casa era quello di portare i Rangers a giocare sulla fascia, dove, con l'aiuto della linea laterale, il campo si stringe inesorabilmente per l'avversario e quindi dare inizio al pressing. Per costringere la squadra di Van Bronckhorst ad andare lateralmente, la strategia era quella di avere due uomini come prima linea di pressione che si accoppiassero con i due centrali difensivi avversari togliendo loro la possibilità di servire centralmente Kamara. Sul passaggio tra un centrale difensivo e l'altro uno dei due elementi (qui la mezzala O'Riley) aggredisce Bassey chiudendogli la linea di passaggio di ritorno per Goldson, mentre l'altro elemento (qui la punta Giakoumakis) scalava su Kamara; in questa maniera l'unica soluzione a disposizione del centrale difensivo dei Gers era quella di apppoggiare su Barisic a sinistra.

Una volta che Barisic viene aggredito (dall'esterno Abada) questi si trova impossibilitato a far progredire l'azione: i suoi due appoggi più vicini sono Kamara e l'esterno offensivo Kent che cercano di scambiare ma i giocatori del Celtic hanno fatto sempre un gran lavoro a restare attaccati ai propri uomini in questa fase rendendo vano ogni tentativo di progressione del pallone nella metà campo avversaria. Per questo motivo i Rangers saranno costretti a tanti lanci lunghi o tanti retropassaggi, finendo per non avere mai il controllo del pallone e del territorio.

Neanche appoggiarsi sul portiere era un'opzione percorribile per la squadra ospite, questo per lo stesso meccanismo precedente: sul passaggio verso il portiere il giocatore in pressione continua la propria corsa verso il portiere, chiude la linea di passaggio di ritorno mentre l'altro elemento della prima linea di pressione va ad attaccare l'altro centrale difensivo. A McGregor restano due opzioni: una è quella più sbrigativa di lanciare il pallone, l'altra di rischiare un passaggio in verticale verso Kamara con O'Riley in agguato. L'estremo difensore dei Rangers percorrerà il più delle volte la prima opzione (12 lanci lunghi tentati rispetto ai 5 di media nel corso della stagione).

Tutto questo dominio è ben riassumibile da questa grafica apparsa nel corso della partita, quando non erano passati neanche 20 minuti, che ben testimoniano con quale approccio il Celtic abbia affrontato la partita giustificando pienamente il successo finale, maturato, tra l'altro, già al termine del primo tempo, dopo 45 minuti in cui si è letteralmente vista una sola squadra in campo. 




CONCLUSIONI


Il trionfo del Celtic è stata un'enorme dimostrazione di forza della squadra di Postecoglu, questo 4-3-3 paziente in possesso finché non innesca i triangoli laterali di sviluppo e la grande aggressività in fase di non possesso rappresenta un marchio di fabbrica che l'allenatore australiano si è portato dal Giappone assieme a diversi interessantissimi elementi della rosa.

L'altro elemento che preme sottolineare è che l'attuale stagione nei piani del club cattolico di Glasgow sarebbe dovuta essere di mero assestamento dopo la rivoluzione avvenuta nel corso dell'ultima estate. Oggi il Celtic si trova in testa alla Premiership con una squadra la cui età media è la seconda più bassa del campionato, per questo motivo la prestazione di ieri sera assume maggiore valore perché più che un exploit siamo di fronte alla possibilità di dare il via ad un ciclo che può regalare grandi soddisfazioni per i tifosi dei Bhoys.

Per i Rangers il passaggio da Gerrard a Van Bronckhorst sembra aver abbassato il livello della squadra che sembra essere diventata più timida e fa molta fatica a capire i meccanismi che l'allenatore olandese sta cercando di implementare soprattutto in fase di non possesso. Restituire il titolo un anno dopo averlo riconquistato sarebbe un grande problema per la sponda protestante della città scozzese, per questo all'ex tecnico del Feyenoord servirà restituire alla squadra la stessa mentalità lasciata dal suo predecessore.

Infine sarà molto interessante capire come si comporteranno le due squadre a febbraio nel turno preliminare rispettivamente di Europa League e di Conference League: per i Gers il turno di Europa League prevede la sfida quasi proibitiva contro il Borussia Dortmund, contro i quali un atteggiamento così passivo rischia di creare le condizioni per una disfatta; per il Celtic scontro molto interessante in Conference League contro il Bodo Glimt, altra squadra che esprime un tipo di gioco particolarmente offensivo e bello da osservare.