Quella di lunedì scorso è stata una giornata di campionato davvero particolare per la serie B, con tutte le contendenti per la promozione diretta che hanno perso o, al meglio, pareggiato. Unica eccezione è stato il Lecce di Marco Baroni che ha battuto nello scontro diretto un'altra contendente come il Pisa e mettendosi in una condizione di gran vantaggio in classifica in cui le basterà vincere una delle due partite contro Vicenza e Pordeonone (quest'ultimo già retrocesso) per festeggiare il ritorno in serie A.
La vittoria contro il Pisa è stata frutto di una prestazione a dir poco convincente in entrambe le fasi in cui la formazione salentina ha espresso al meglio tutto il proprio repertorio tecnico assemblato al meglio nel 4-3-3 di Baroni ma costruito dalla mente sempre sapiente di Pantaleo Corvino, un direttore sportivo il cui valore non può mai essere sottovalutato, ed il fatto che non sia mai stato preso in considerazione da grandi club mostra abbastanza bene come alle competenze in Italia si tenda a preferire percorsi alternativi.
COME FUNZIONA IL 4-3-3 DEL LECCE
La partita contro il Pisa ha particolarmente esaltato il 4-3-3 con cui Marco Baroni ha costruito questo Lecce scegliendolo come abito tattico ideale per i giocatori a disposizione in rosa. Difatti osservano la partita contro la squadra di D'Angelo sono emerse chiaramente alcune specificità nel sistema di gioco che servono proprio ad esaltare alcuni interpreti.
Dall'analisi delle posizioni medie si può ben vedere il posizionamento della squadra di Baroni in fase di costruzione con i due terzini collegati ai centrali difensivi ed al vertice basso di centrocampo: il danese Hjulmand. In questo modo sia Gendrey che Gallo possono partecipare alla fase di impostazione usando tutta l'ampiezza del campo (come confermato dal dato sulla larghezza della squadra, 53 metri) e costringendo l'avversario a scegliere come orientare la pressione, ossia se coprire le avanzate centrali oppure aprirsi per limitare lo sviluppo laterale dell'azione che è diventato il marchio di fabbrica della squadra di Baroni grazie alla creazione dei triangoli tipici del 4-3-3 e visibili graficamente.
Questo è l'esempio della principale connessione che il Lecce ha creato per sviluppare la propria azione: il terzino destro Gendrey riceve palla e sposta il gioco nella zona laterale destra del campo dove si crea il triangolo con la mezzala Blin e l'esterno Strefezza. L'ex giocatore della Spal con le sue capacità di muoversi anche in spazi brevi riuscirà a saltare Beruatto e a far partire un'azione che il Lecce tenterà di chiudere sul lato opposto dove Di Mariano tiene l'ampiezza e la mezzala Gargiulo si buttava in area di rigore per creare il pericolo. Questa è stata la chiave vincente della partita in quanto il centrocampo a rombo del Pisa per definizione faceva fatica a coprire l'ampiezza, questo ha reso possibile per la squadra di Baroni di utilizzare al meglio le zone esterne del campo e poi sfruttare il consolidamento del possesso per andare dall'altra parte del campo.
Anche la grafica relativa alla distribuzione dei passaggi da parte di Gabriel mostra chiaramente come la manovra leccese iniziava utilizzando i terzini per far partire l'azione ed attivare le catene esterne. Ed è soprattutto il lato destro quello principalmente utilizzato per far partire l'azione, una scelta evidentemente dettata dalla volontà di utilizzare al meglio il terzino francese in impostazione, ma soprattutto coinvolgere quanto più possibile Strefezza, i cui 13 goal e 6 assist uniti alle 20 reti finora realizzate da Coda, rappresentano il centro di gravità dell'attacco del Lecce. Lo spostamento dell'ex giocatore di Cremonese e Spal come esterno destro del tridente d'attacco è stata la grande intuizione di Baroni in questa stagione (a Ferrara era utilizzato come quinto di destra nel 3-5-2 depotenziandolo) permettendo al venticinquenne brasiliano di mostrare tutto il suo valore tecnico.
I MIGLIORAMENTI DIFENSIVI
Il Lecce due stagioni fa ha dovuto salutare la serie A a causa di un rendimento difensivo a dir poco rivedibile (85 reti subite ed un valore di expected goals subiti ancora superiore) che non è stato sufficientemente compensato dalla qualità degli attacchi. Anche lo scorso anno al ritorno in B Eugenio Corini non è riuscito a risolvere il problema, con una squadra che ha subito una media di 1,27 goal a partita; quest'anno la media è scesa a 0,85 goal subiti a partita pur mantenendo sostanzialmente gli stessi interpreti (Gendrey l'unica novità in luogo di Maggio, un notevole salto di età e, quindi, di freschezza) ed il motivo lo abbiamo visto anch'esso nella sfida contro il Pisa.
Quando si parla di difesa, ovviamente, si deve parlare sempre e solo di un discorso di squadra e mai di sola linea difensiva che, certo, la cui organizzazione è importante per disinnescare gli attacchi avversari, ma tutto deve partire dal togliere all'avversario la possibilità di avanzare in campo come preferisce. Il gioco del Pisa è basato, a causa del suo schieramento a rombo, sul tentativo di far filtrare il pallone per zone centrali e sovraccaricare la fascia centrale del terreno di gioco per poter recuperare rapidamente il pallone.
Da questo esempio si intendono quali fossero le intenzioni dei toscani ad inizio partita, con le due punte, Benali e le due mezzali che cercano di occupare la zona tra le linee per scambiare, per cercare un tiro da fuori area o anche per scaricare sui terzini che accompagnano l'azione. Il tutto gestito dalla regia davanti alla difesa di Nagy. Tuttavia sin da questa azione si può vedere l'ottimo comportamento della linea difensiva molto stretta e con i terzini pronti ad uscire esternamente qualora il pallone fosse stato mosso in quella zona, ma soprattutto si può notare la proattività nell'andare a disturbare il portatore di palla anche a costo di spezzare la linea di pressione. Questo togliere continuamente la giocata facile all'avversario è stata la chiave difensiva della partita del Lecce.
Una buona difesa nasce dal comportamento della squadra in prima pressione: il Lecce non ha mai permesso al Pisa di uscire comodamente dalla propria metà campo. In questo esempio si nota come le mezzali Gargiulo e Blin prendano in consegna Nagy e Marin togliendo l'opzione pulita di costruzione per Leverbe che, pressato da Coda, è costretto a lanciare la palla in avanti verso le punte. Questo ha permesso ai centrali difensivi Lucioni e Dermaku di giocarsi le proprie chances a duello contro Torregrossa e Puscas, uscendone decisamente vincitori.
I dati relativi ai duelli mostrano chiaramente la bontà della prestazione difensiva e del piano predisposto per renderla possibile. Il dato più eclatante è senza dubbio il duello tra Dermaku e Torregrossa, stravinto dal centrale difensivo del Lecce, un dato che è sicuramente da considerare una chiave di lettura della prestazione della squadra giallorossa soprattutto perché costringendo gli avversari con la prima pressione a tentare l'attacco diretto, la vittoria di questi duelli ha reso di fatto poco produttivi i possessi della squadra di D'Angelo. E' anche opportuno notare la prestazione di grande sostanza di Morten Hjulmand davanti alla difesa: il classe 1999 danese aveva mostrato difficoltà nelle coperture difensive nella scorsa stagione, mentre quest'anno si è rivelato un perfetto complemento alla linea difensiva sia come letture nel colmare le uscite dalla linea difensiva dei suoi compagni, sia nell'andare a sporcarsi le mani nei duelli con i giocatori avversari orbitanti nella sua zona di competenza.
AD UN PASSO DALLA PROMOZIONE
Con alcuni accorgimenti tattici Baroni è riuscito a mettere il Lecce in una situazione tale da permettergli di essere ad un passo dall'ottenimento della seconda promozione in serie A nella sua carriera da allenatore dopo quella di Benevento nel 2017.
Da un lato abbiamo visto una fase offensiva basata sulle catene laterali tipiche del 4-3-3 in cui sono state esaltate le qualità di Strefezza da una parte e Di Mariano dall'altra, oltre alle grandi qualità in inserimento senza palla di Mario Gargiulo, che nella partita contro il Pisa è stato il giocatore del Lecce con più tocchi in area (8), frutto del lavoro svolto negli anni precedenti sotto Venturato in quel di Cittadella.
Nella fase di non possesso il tecnico ex Novara è stato bravo a creare un piano per togliere opzioni di sviluppo centrale agli avversari e mettere la linea difensiva in una condizione di protezione sufficiente a permettere la vittoria dei duelli contro gli attaccanti avversari, una strategia che più in generale ha permesso ai salentini di migliorare notevolmente i numeri difensivi emersi nelle ultime due stagioni con Liverani e Corini alla guida.
Con il Lecce pronto a prenotare il primo posto per l'accesso alla serie A, le prossime due giornate ci diranno chi si prenderà il secondo spot a disposizione: al momento la classifica recita che la Cremonese ha un vantaggio quanto meno in termini di punti, mentre dopo l'avvio fiammante di stagione, il Pisa di D'Angelo ha mostrato dei limiti nella gestione delle grandi partite che, oltre a far sfumare le chances di promozione diretta, rende difficile pensare di poterla spuntare nei playoff a meno di improvvisi cambi di passo della squadra ed anche una ricerca di soluzioni alternative da parte dell'allenatore ai meccanismi del rombo a centrocampo.
Per chi segue con una certa passione il gioco del calcio senza limitarsi alla sola squadra del cuore o al solo campionato italiano, saprà bene che la Ligue 1, ossia il massimo campionato francese, è famoso per la capacità di produrre giovani talenti in serie da esibire come in una grande vetrina per poi venderli a prezzi importanti permettendo loro di sostenersi e, soprattutto, di reinvestire quei soldi nel miglioramento dei propri settori giovanili, in un lungo circolo virtuoso. Non è una sorpresa, quindi, se il claim promozionale della lega sia "La Ligue des Talents".
Monaco e Nizza non possiedono, a differenza di altri club, un settore giovanile particolarmente florido, ma essendo due piazze parecchio ricche, stanno diventando il primo step di crescita per una serie di giovani interessanti del calcio europeo.
Nel Principato questa metodologia ha avuto inizio circa sette anni fa quando la proprietà russa parecchio munifica ha dovuto ridimensionare le proprie capacità di spesa a causa di una pesante causa di divorzio che ha coinvolto Dmitrij Rybolovlev, portandolo a rivedere la strategia puntando sull'investimento in giovani promettenti da rivendere e finanziare ulteriori acquisti dello stesso genere. E così abbiamo avuto modo di veder crescere in questo contesto gente come Mbappè, Bernardo Silva, Martial, Fabinho e tanti altri.
A pochi chilometri dal regno di Alberto Ranieri, Nizza è pronta a seguire una strada simile con l'arrivo al vertice della società di Jim Ratcliffe, il proprietario del gruppo INEOS che ha deciso di investire sul calcio dopo averlo fatto nel ciclismo con la fortissima squadra dominatrice dei grandi giri, e nella Formula 1, con una quota di proprietà del team Mercedes. Il cambio al vertice è avvenuto due stagioni fa ed è iniziato con investimenti massicci su giocatori di prospettiva su cui costruire una squadra in grado di inserirsi nel corso degli anni per un posto al vertice del calcio francese, a questo si è aggiunta, in questa stagione, la scelta di mettere in panchina l'allenatore campione in carica con il Lille: Christophe Galtier.
LE FORMAZIONI INIZIALI
Sia Monaco che Nizza hanno assunto un atteggiamento molto simile tra loro con qualche piccola variante soprattutto nel come le due squadre cercano di arrivare in porta. Così lo schieramento in campo vede entrambe le formazioni affidarsi ad un 4-4-2 di base in cui soprattutto i due esterni offensivi e le due punte hanno caratteristiche diverse.
Il Monaco si presenta con la coppia Tchouameni-Fofana in mezzo al campo che fornisce la massima protezione alla coppia di centrali Disasi-Badiashile, i due esterni di centrocampo sono il brasiliano Vanderson ed il redivivo Golovin mentre la coppia d'attacco è tanto affiatata quanto particolare ed è composta da Volland e Ben Yedder.
Dall'altra parte il Nizza ha uno scheletro centrale meno fisico a centrocampo con la coppia Lemina-Thuram che fa della capacità di conduzione della palla il proprio punto di forza, mentre la coppia d'attacco formata da Laborde e Dolberg ama muoversi su tutto il fronte d'attacco per aprire le difese avversarie mentre i due esterni offensivi Boudaoui e Brahimi hanno il compito di accentrarsi.
CHI HA GIOCATO MEGLIO TRA MONACO E NIZZA?
Spesso il concetto di giocare meglio o il giocare bene risulta parecchio insidioso, visto che non esiste una reale definizione di queste affermazioni, per cui come possiamo rispondere a questa domanda?
Molti direbbero che chi vince ha sempre ragione e questo ci farebbe risparmiare tempo nel trovare una risposta alla domanda di cui sopra, ed è quello che molti preferiscono fare, soprattutto nelle discussioni calcistiche che ci tocca affrontare nel corso della settimana con amici, parenti o anche degli sconosciuti sui social.
Ma non stiamo certo analizzando Monaco-Nizza per dire che i monegaschi hanno giocato meglio perché hanno vinto, ma possiamo dire che il Monaco ha costruito la propria vittoria giocando bene. E adesso provo a spiegare perché.
Nonostante le due squadre partissero con lo stesso schieramento, il modo in cui poi si sistemavano in campo era molto diverso una volta entrati in possesso palla.
Da una parte vediamo lo schieramento del Nizza, con i due terzini che si staccano dalla fase di costruzione e cercano di prendere l'ampiezza mentre le due ali si accentrano per cercare di favorire una progressione centrale dell'azione. Per avere superiorità nella prima linea di costruzione contro i due attaccanti del Monaco, uno dei due centrocampisti si abbassa a fianco o in mezzo ai centrali per fare partire l'azione. In questo esempio è Lemina ad aprirsi fuori linea rispetto ai centrali difensivi.
Il Monaco da parte sua ha giocato molto sul neutralizzare i tentativi di progressione centrale della squadra di Galtier sfruttando a proprio vantaggio la grande forza fisica delle proprie coppie centrali di difesa e di centrocampo. Qui vediamo come le due linee sono molto compatte ed allo stesso tempo si orientino su palla e uomo senza avere problemi nel rompere le linee ma mantenendo le distanze sempre corte grazie al comportamento della linea difensiva molto alta che non ha problemi a lasciare l'opzione dello spazio in profondità alle proprie spalle potendo contare sulla grande capacità di Disasi e Badiashile nel difendere sul lungo. Da questo esempio si può anche notare il lavoro delle due punte nell'orientare il possesso del Nizza in zone esterne.
La strategia del Monaco per avanzare in campo, invece, era molto più orientata sul muovere il pallone in zone esterne, questo perché Clement ha implementato una strategia in cui i due terzini restano più vicini alla fase di costruzione in modo da aggirare la prima pressione avversaria, poi sfruttando le conduzioni e le tracce verticali arrivare rapidamente ad affrontare la difesa con i quattro giocatori offensivi: qui vediamo quali sono le soluzioni a favore di Caio Enrique che può appoggiarsi su Golovin che poi può accentrarsi, oppure sulle due punte che si associano quasi ad occhi chiusi per chiudere con la soluzione Vanderson sul lato debole.
Questo tipo di associazione è molto utilizzata dal Monaco sotto la gestione Clement, un esempio è giunto proprio dalla partita precedente del Monaco, quella vinta venerdì scorso sul campo del Rennes e che ha definitivamente riportato i monegaschi in zona Champions.
Dall'analisi di come le due squadre siano riuscite a far progredire il pallone si nota chiaramente quanto la strategia dei monegaschi abbia loro permesso di giocare meglio in verticale, cosa che non è riuscita al Nizza se non mediante le conduzioni palla al piede di Todibo e Thuram.
QUANTO TALENTO PRONTO A GRANDI PALCOSCENICI
Come afferma il titolo e la premessa di questo post, Monaco e Nizza è stata una grande vetrina di talenti che infatti sono già sui taccuini dei club e dei giornalisti esperti di calcio mercato. E quindi a Clement e Galtier viene dato il compito di aumentare il valore di questi giocatori creando un contesto tattico che esalti le rispettive caratteristiche.
Sono tanti i nomi che hanno influito o cercato di influire sull'andamento di questa partita e che a breve potremo vedere vestire la maglia di club che puntano alle semifinali della Champions League come obiettivo minimo. Ne ho scelto uno per squadra per l'apporto dato.
Su Aurelien Tchouameni mi sono già espresso un anno fa quando non era ancora sulla bocca di tutti, ora si tratta di un profilo più conosciuto nel momento in cui quest'estate è stato cercato dalla Juventus e adesso è accostato al Real Madrid. La sua prestazione a centrocampo nella partita contro il Nizza è quella che he permesso alla sua squadra di far saltare i tentativi della squadra nizzarda di avanzare centralmente. Il dato sui duelli difensivi nella zona di campo dove la squadra di Galtier provava ad innescare i due esterni mostra chiaramente il grande lavoro svolto dal centrocampista francese nel disinnescare le ricezioni ed i tentativi di giocate individuali di Brahimi e Boudaoui.
Khepren Thuram, fratello di Marcus e figlio di Lilian Thuram, sotto la gestione Galtier è diventato il centro di gravità del Nizza: abbiamo avuto modo di vedere nell'analisi tattica come cercasse di muoversi per dare inizio all'azione e per questo è stato il giocatore più cercato dai suoi compagni e, come abbiamo visto precedentemente, è stato il giocatore che ha cercato con le sue conduzioni palla al piede di far guadagnare campo alla squadra, un'impresa difficilissima per la squadra nizzarda contro quella diga formata da Fofana e Tchouameni.
Altri due giocatori che stanno avendo una stagione importante all'interno di questi contesti sono Golovin da una parte e Dolberg dall'altra: in due squadre piene di giocatori nati dopo il 2000, il russo (classe 1996) ed il danese (classe 1997) potrebbero sembrare dei giocatori che hanno superato la fase di picco della carriera, ed invece sono ancora nel mezzo della propria maturazione che, tra l'altro, dopo le premesse degli inizi di carriera, si è abbastanza rallentata, tuttavia entrambi sono adesso centrali nell'economia di gioco di Monaco e Nizza e chissà che non sia iniziata anche per loro la scalata verso quei livelli predetti all'inizio delle rispettive carriere.
LA CORSA CHAMPIONS IN FRANCIA
Una menzione finale la merita la lotta per la Champions League nella Ligue 1, a cui sia Monaco e Nizza sono pienamente iscritte: come previsto ad inizio stagione, il PSG ha fatto il vuoto, mentre alle proprie spalle tante realtà si stanno giocando i posti restanti in Europa in una lotta molto ma molto interessante.
Il secondo posto sembra appannaggio del Marsiglia di Sampaoli, che dovrebbe essersi messa al sicuro dopo il successo nell'ultimo turno di campionato contro il Nantes. La squadra del tecnico argentino è stata una delle squadre dall'identità di gioco più forte del campionato, regalando sprazzi di grande calcio oltre ad essere ancora in corsa per la vittoria della Conference League dove affronterà in semifinale il Feyenoord.
Alle spalle dei marsigliesi, con 540 minuti da giocare e 6 squadre in 6 punti (teniamo dentro anche il Lione) la lotta è apertissima e coinvolge anche squadre come Lens e Strasburgo che stanno accarezzando un sogno ma ben calato in una realtà costruita con una strategia di gioco riconoscibile.
Insomma non solo la lega dei talenti, ma tante emozioni fino alla fine.
Jose Mourinho è riuscito a portare la Roma in semifinale di Conference League battendo il Bodo/Glimt, magnifica realtà nordica del calcio che aveva assunto le sembianze di mostro dell'ultimo livello dopo i tre precedenti stagionali.
Il modo in cui ha raggiunto questa semifinale è coronamento di un percorso tattico che il tecnico portoghese ha portato avanti da inizio stagione fino a trovare la soluzione apparentemente ideale proprio nel momento in cui le partite hanno iniziato a pesare.
In questo percorso ha pesato particolarmente il lavoro svolto da Mourinho nel capire come impiegare al meglio gli elementi della propria rosa, un lavoro che è stato faticosissimo nei due anni precedenti per Fonseca (fino allo sbriciolamento mentale e fisico della parte finale della scorsa stagione) e che per lunghi tratti di questa stagione è stato particolarmente complesso anche per il tecnico di Setubal, il cui punto più basso è stato probabilmente il primo tempo della partita poi pareggiata con il Verona.
Ma proprio la reazione della squadra e la scossa data dagli ingressi di Zalewski, Bove e Volpato hanno probabilmente acceso la lampadina sia nell'allenatore che nella squadra, che nel 3-4-2-1 proposto da quel momento ad ora, sembra aver trovato il miglior compromesso in termini di equilibrio e di copertura del campo.
QUESTIONE DI MODULO?
Sulle pagine di questo blog ho sempre portato avanti il fatto che i moduli nel calcio di oggi contano molto poco, mentre devono contare i princìpi di gioco ed i compiti e le funzioni dei giocatori inseriti in un determinato sistema. Per cui parlare semplicemente di una svolta con il passaggio al 3-4-2-1 resta un discorso molto riduttivo, tuttavia è giusto anche, a volte, semplificare i discorsi e distinguere i comportamenti della Roma in base ai moduli con cui è stata schierata in campo nel corso dell'anno.
La scelta di partenza in questa stagione è stata il 4-2-3-1, stesso modulo che due stagioni prima Fonseca aveva provato ad implementare, seppur disponendo di un materiale tecnico molto diverso in rosa e con intenzioni altrettanto diverse in termini di tipologia di calcio da proporre. Lo schieramento di Mourinho prova ad avvalersi delle volate di Karsdorp e Vina sugli esterni, gli accentramenti di Zaniolo e Mkhitaryan e la ricerca della profondità per Abraham. Questo sistema ha funzionato nell'immediato fino ad arrivare a scontrarsi con la realtà quando c'era da affrontare blocchi bassi (vedi partita con la Juventus) o quando Mourinho voleva usare questa formazione per giocare partite prettamente difensive (vedi la sfida interna contro il Milan). Per cui come si evince dal dato abbastanza grezzo di WhoScored, la Roma con questo schieramento ha vinto 7 partite, perse 5, e realizzato 23 goal a fronte di 16 concessi. Se questo schieramento meritasse o meno continuità fino alla fine della stagione, questo non lo sapremo mai, visto che l'inizio di una catena di infortuni costringerà Mourinho a rivedere l'assetto tattico della squadra molte volte.
La seconda fase inizia con gli infortuni di Vina e Cristante che costringono Mourinho ad inventare soluzioni come quella di El Shaarawy a tutta fascia a sinistra e Veretout davanti alla difesa dopo il fallimento del tentato recupero di Diawara. A questo si aggiunge il ritorno di Smalling dagli infortuni, per cui con gli uomini contati, come accaduto sotto la gestione Fonseca, si deve tornare alla difesa a tre per sopperire alle difficoltà nel coprire gli spazi quando attaccati, specie in transizione. Questa è sicuramente la fase più difficile della stagione giallorossa e coincide con sconfitte pesanti come quelle di Venezia e Bologna oltre al 3-0 subito in casa dall'Inter in un vero no contest. I 5 goal segnati a fronte di 8 subiti, ma soprattutto le tre sconfitte subite su 6 partite mostrano quanto fosse complicato gestire questa situazione.
Poi arriva il mercato di gennaio e dalla società arrivano due rinforzi atti a colmare due buchi a centrocampo e sulle fasce con gli arrivi di Sergio Oliveira e Maitland-Niles, indubbiamente l'arrivo del portoghese arriva a tracciare la strada da seguire nel proseguimento della stagione, con un centrocampista in grado di giocare il pallone dividendosi i compiti in costruzione con Cristante. All'inizio l'arrivo dei due giocatori dal Porto e dall'Arsenal convince Mou a riproporre il 4-2-3-1 che però non convince in termini di equilibrio sui 90 minuti (anche mentale, vista la rimonta subita dalla Juventus in quei 7 minuti di follia); soprattutto l'inglese non riesce a garantire sulla fascia quella copertura a tutto campo che ci si aspettava, sia come backup di Vina che di Karsdorp, per questo motivo arrivano tre pareggi pieni di goal e, soprattutto, il primo tempo in balia del Verona che ci fa arrivare a dove siamo adesso.
Il problema della Roma che accomunava tutti gli schieramenti sopra era quello di non avere la giusta copertura del campo, e questo andava a creare problemi sia nella fluidità della circolazione della palla che nell'equilibrio generale del gioco della squadra. Anche vedendo solo sulla carta questa formazione si evince dove si trova la svolta: quel quadrato centrale formato dai due centrocampisti centrali e dai due trequartisti. Da questo schieramento la Roma ha forse trovato la migliore versione di se stessa (4 vittorie consecutive in campionato con 7 goal fatti ed 1 subito) ed è questa che andrò ad analizzare unitamente alle variazioni imposte dagli uomini presenti sul terreno di gioco.
IL VALORE DEL QUADRATO MAGICO
Uno degli elementi che hanno permesso alla Roma di fare un passo in avanti importante a livello tattico alimentando i risultati positivi delle ultime settimane è senza dubbio quello di aver creato un sistema che permette alla squadra di scaglionarsi molto bene in campo creando le condizioni per porre i propri avversari di fronte ad una scelta su come bloccare la circolazione del pallone.
Un esempio che tutti ricordano molto bene è senza dubbio quello relativo al derby contro la Lazio, con Cristante e Sergio Oliveira su una linea e Pellegrini e Mkhitaryan sull'altra a giocare contro le linee di pressione della Lazio. In particolare si può notare come il loro posizionamento oltre a disordinare le linee avversarie costringe a tenerle molto strette lasciando grande spazio alle discese dei due esterni Karsdorp e Zalewski. Proprio uno scarico sull'olandese in questa situazione porterà la squadra giallorossa a realizzare la rete del momentaneo 2-0 con Tammy Abraham che raccoglierà il cross dell'ex Feyenoord.
Con interpreti diversi lo stesso meccanismo lo abbiamo visto ieri contro il Bodo, in particolare lo sviluppo del goal del 2-0 segue la stessa falsariga: Cristante è supportato da Mkhitaryan in prima linea questa volta, mentre la seconda è composta da Pellegrini ed il movimento a venire incontro di Abraham. Assente nel derby Zaniolo, invece, diventa l'uomo che va alla ricerca della profondità con i suoi tagli alle spalle del terzino sinistro ed andrà a trovare il goal dopo una rapidissima combinazione centrale tra i quattro giocatori del quadrato. Anche in questa situazione si può notare di quanta libertà godano sugli esterni ancora una volta Karsdorp e Zalewski.
Interpreti diversi ma lo scaglionamento richiesto è lo stesso, in questo modo la Roma si è assicurata la possibilità di creare gioco e manipolare gli spazi: un procedimento, questo, che senza esagerazione sembra preso da Mourinho studiando il playbook di Tuchel, maestro nel creare sovraccarico centralmente per poi usare gli esterni come soluzione per aprire la scatola difensiva avversaria.
I DIVERSI UTILIZZI DEGLI ESTERNI
E' sufficiente guardare la passmap di Roma-Bodo di ieri per notare come siano stati sfruttati in modo diverso gli esterni: parlando di come la Roma era solita giocare con il 4-2-3-1 avevo accennato a come il pallone venisse giocato spesso su Karsdorp per poi tentare con un passaggio in avanti di raggiungere la profondità sfruttando le doti atletiche di Abraham e Zaniolo.
Questa ricerca non è stata certo soppiantata dal passaggio al quadrato centrale, anzi la centralità degli esterni (simpatico ossimoro) è ancora evidente nell'economia del gioco giallorosso. Per cui dalla passmap possiamo vedere molto bene quanto spesso l'olandese fosse coinvolto in fase di costruzione, mentre Zalewski sul lato opposto veniva servito quando era necessario rifinire l'azione.
La posizione di Karsdorp, quindi, aveva una valenza duplice, sia quella di cercare la giocata in verticale per Zaniolo, oppure consolidare il possesso con Cristante sul lato destro per arrivare al cambio di gioco verso il polacco. Da questo esempio si nota chiaramente come la squadra norvegese cercasse di chiudere la prima soluzione (ossia quella verticale) stringendosi tantissimo in zona palla, rendendo quindi possibile il cambio di gioco di Cristante.
Quello del cambio di gioco di Cristante è un pattern abbastanza studiato da parte della Roma e che rappresenta una conseguenza dello scaglionamento centrale dei centrocampisti e dei trequartisti tra le linee avversarie. Anche la Sampdoria in questo esempio deve compattarsi centralmente per evitare le combinazioni centrali concedendo spazio per la discesa di Zalewski da cui poi scaturirà l'azione che porterà al goal decisivo di Mkhitaryan.
Anche l'analisi dei passaggi effettuati dall'ex giocatore di Milan, Benfica ed Atalanta mostrano chiaramente le linee cercate dalla Roma per muovere lo schieramento avversario. Dei 44 passaggi tentati ieri sera pochissimi sono quelli da considerare banali, quasi tutti invece andavano alla ricerca di superare una linea avversaria con un passaggio progressivo, oppure la ricerca in verticale degli scatti di Zaniolo o i cambi di gioco sopra menzionati. Bryan Cristante è un giocatore molto sottovalutato ed era un elemento centrale sia nella Roma di Fonseca che in questa Roma; lo scorso anno, complici le tante assenze in difesa, l'ex allenatore dello Shakhtar si affidava a lui al centro della difesa proprio per sfruttare al meglio il suo piede accettando di pagare le difficoltà a coprire lo spazio alle sue spalle.
QUALI SCENARI PER LA ROMA DI MOURINHO
Questa serie positiva della Roma apre interrogativi su quali possano essere le ambizioni della squadra giallorossa da qui al termine della stagione: l'attuale quinto posto in campionato e la semifinale di Conference League rendono appetitoso questo ultimo scorcio di annata, con la possibilità di portare a casa un trofeo continentale e magari cercare di tenere sotto pressione la Juventus per la lotta al quarto posto.
Per capire realmente quanto possano essere concrete le ambizioni della Roma il trittico di partite in arrivo contro Napoli, Inter e Leicester in trasferta ci dirà tutta la verità sulla bontà di questa evoluzione tattica del tecnico di Setubal.
A differenza delle sue esperienze passate, a Mourinho si sta chiedendo di creare valore nella rosa della Roma e questo primo anno è importante per capire quale strada seguire per migliorare gli uomini a disposizione. A questo va aggiunta la valorizzazione del talento di Zalewski (ed in parte quello di Afena), primo elemento della forte primavera giallorossa ad entrare in pianta stabile in questa squadra, vedremo se ci saranno chances anche per altri elementi come Darboe, Volpato e Bove.
E allora tornano in mente le parole della sua prima conferenza stampa di arrivo a Roma, quando predicò la necessità di portare avanti un lavoro su più anni, i fatti gli stanno dando ragione, ma forse il difficile inizia adesso.
Il sorteggio dei quarti di finale dell'Europa League ha messo di fronte West Ham e Lione, un incrocio molto complicato per due formazioni con differenti stili di gioco e che vengono da un approdo a questo punto della competizione frutto di due ottavi di finale parecchio tirati contro Siviglia e Porto, due squadre che non necessitano ulteriori presentazioni sul palcoscenico europeo.
Da una parte la corazzata costruita da David Moyes che unisce giocatori di grande tecnica ad un'ossatura formata da giocatori sottratti al mezzofondo, dall'altra parte i francesi che puntano sulla fisicità nella metà campo difensiva e su un gran numero di giocolieri nella metà campo offensiva.
E' stata una partita prima molto tattica, con entrambe le squadre che hanno cercato di imporre il proprio contesto senza riuscirci e poi una sfida di mosse e contromosse tra i due allenatori dettata dalla prematura espulsione di Cresswell alla fine del primo tempo. Una situazione che giustifica, alla fine, i numeri finali relativi al volume di gioco creato.
LE FORMAZIONI INIZIALI
Le differenti strutture delle due squadre sono già ben riconoscibili dagli undici di partenza: sia Moyes che Bosz schierano le rispettive formazioni con un 4-2-3-1 di partenza, ma con diverse caratteristiche, soprattutto in relazione alle scelte dei giocatori di attacco.
L'allenatore scozzese parte con Antonio riferimento avanzato supportato da un giocatore di gamba come Bowen che parte da destra, mentre Fornals e Benrahma rappresentano il supporto in termini di inventiva. Confermatissima la coppia Rice-Soucek a metà campo, in difesa sono Zouma e Dawson a proteggere la porta di Areola.
Per il Lione, invece, tanta sostanza e tanta fisicità in mezzo al campo con la coppia Thiago Mendes-Ndombele, mentre alle spalle di Dembèlè agiscono tre numeri 10 per caratteristiche come Faivre, Paqueta e Aouar. Tanti muscoli anche in difesa con Boateng e Lukeba coppia centrale e Malo Gusto terzino destro con Emerson Palmieri a sinistra.
DUE MODI DIVERSI DI RISALIRE IL CAMPO
Il West Ham ed il Lione per tutto il primo tempo hanno tentato di giocare la partita basandosi sui propri punti di forza; gli inglesi hanno cercato una risalita del campo più diretta, sfruttando il lavoro di Michail Antonio, la squadra di Bosz, invece, ha cercato di avanzare centralmente cercando di portare più giocatori tra le linee per poi tentare rapide combinazioni.
Il piano A di Moyes era quello di cercare di sfondare sul lato sinistro usando l'asse Cresswell-Benrahma: per creare questo tipo di situazione abbassava in costruzione Rice sul lato di Zouma permettendo al terzino sinistro di salire. In questo esempio sale a destra anche l'altro terzino Fredericks, tuttavia questa opzione è stata messa nel cassetto visto che grazie ai raddoppi di Faivre o Thiago Mendes, ne Benrahma ne Cresswell sono stati in grado di vincere duelli contro Malo Gusto, un classe 2003 che sta mostrando di essere un difensore di altissimo livello al pari del centrale Lukeba, classe 2002. ad ulteriore dimostrazione di cosa è capace di sfornare continuamente il settore giovanile del Lione.
Ma ovviamente il West Ham ha un piano B di altissimo livello, ossia quello di giocare su Michail Antonio: il centravanti che da questa stagione ha deciso di vestire la maglia della nazionale jamaicana è spesso e volentieri usato come punto di riferimento per una strategia di attacco più diretta. Ovviamente giocare in maniera diretta non significa necessariamente buttare la palla a casaccio in avanti, cosa che nelle discussioni manichee di oggi si sente spesso dire, bensì saltare le linee di pressione avversarie per poi sistemare la squadra in modo tale da essere messa meglio in campo nel terzo di campo avversario. Qui vediamo Soucek che si abbassa per attirare verso di se Ndombele (i due si sono seguiti ed inseguiti a vicenda nel corso della partita in un duello molto appassionante) permettendo a Dawson di avere una traccia diretta in avanti.
Una volta che la palla raggiunge il numero 9 degli Hammers, la struttura della squadra è già pronta a fornire soluzioni: in questo esempio Fornals è pronto a ricevere il passaggio di sponda con una discreta quantità di spazio avanti a se. Tuttavia, nonostante si creassero le giuste condizioni per costruire qualcosa di buono, la forza fisica di Thiago Mendes e dei difensori del Lione ha sempre negato che queste potenziali opportunità si tramutassero in reali situazioni di pericolo. Il dato generale dei duelli difensivi della squadra di Bosz parla chiaro, con quasi tutti i duelli difensivi avvenuti nella fascia centrale del campo vinti.
Il sistema di costruzione del Lione, invece, è abbastanza identitario dello stile di gioco imposto da Peter Bosz: l'azione parte sempre da dietro con la linea difensiva che si dispone in ampiezza ed i due centrocampisti centrali che cercano di disporsi in modo da attirare la pressione avversaria e disordinare lo schieramento avversario. Spesso e volentieri questo modo di impostare il gioco da parte dell'allenatore olandese lo ha portato a rendere le proprie squadre poco verticali rendendo riconoscibili le passmaps delle sue squadre per la marcata propensione della circolazione ad U del pallone tra i quattro difensori. Con l'arrivo di Ndombele a gennaio, tuttavia, il Lione possiede una carta in più per avanzare il campo mediante le conduzioni palla al piede del giocatore cavallo di ritorno nella città dei due fiumi dopo la deludente parentesi al Tottenham (che tuttora ne detiene il cartellino).
L'obbiettivo dei possessi prolungati della squadra francese stava nel cercare, appunto, un varco in cui trovare modo di giocare la palla alle spalle delle linea di centrocampo del West Ham e sfruttare i movimenti in profondità di Dembelè per tenere bloccata la linea difensiva avversaria. Così in fase di sviluppo dell'azione, la zona rifinitura (ossia lo spazio tra difesa e centrocampo avversario) veniva occupata da Faivre e Aouar che si accentravano per poter combinare con Paquetà ed arrivare in porta mediante combinazioni veloci. Il West Ham rispondeva stringendo le due linee per ostacolare queste combinazioni, inoltre la linea difensiva si comportava bene nel tenere Dembèlè lontano dall'area di rigore mediante il lavoro dei due centrali o accompagnando i suoi scatti in profondità per poi lasciarlo andare in fuorigioco; i terzini, invece, stringendo, facevano in modo di aiutare i centrocampisti a contrastare le giocate dei trequartisti del Lione.
LA POSIZIONE DI PAQUETA IL PRINCIPALE ENIGMA PER IL WEST HAM
In una partita in cui le due squadre hanno cercato di affrontarsi a viso aperto ma in cui la fisicità e l''organizzazione difensiva fanno da padrona, è molto probabile che siano le transizioni a decidere l'andamento, ed alla fine un dettaglio in questa fase di gioco ha permesso al Lione di trovare il modo di inclinare la partita dalla propria parte. Questa mossa è stata la posizione di Paqueta tra le linee.
Quando il Lione si abbassava in fase di non possesso, il suo schieramento era un 4-4-1-1 in cui il brasiliano ex Milan si posizionava tra i centrocampisti e Dembèlè, una situzione che, in caso di palla recuperata, lo rendeva il primo riferimento in caso di transizione sfruttando quella posizione come smarcamento preventivo tra centrocampo e difesa del West Ham.
Questa situazione si è più volte proposta nel corso del primo tempo ed è stata l'origine delle situazioni potenzialmente più pericolose a favore della squadra di Bosz. Qui troviamo un esempio, con Soucek che essendo avanzato lascia uno spazio in cui il brasiliano va a posizionarsi preventivamente, così su una palla recuperata dai suoi compagni può ricevere un pallone con tanto spazio davanti per poter servire in verticale Dembèlé, l'azione sarà sventata da un'uscita tempestiva di Areola. E proprio il posizionamento alle spalle dei centrocampisti di un trequartista porterà alla situazione che ha delineato il contesto nel secondo tempo, ossia l'espulsione di Cresswell: una ricezione questa volta di Aouar in zona rifinitura permette al Lione di mandare in profondità il proprio centravanti che viene fermato dal terzino sinistro del West Ham con un fallo degno di cartellino rosso diretto secondo il direttore di gara. Che si sia d'accordo o meno con la scelta dell'arbitro, nel secondo tempo Moyes deve trovare delle soluzioni alternative.
LE MOSSE DEL SECONDO TEMPO
Con il West Ham in dieci uomini la scelta di Moyes è stata quella di abbassarsi fino al limite della propria area di rigore, compattare le linee di difesa e centrocampo per non permettere ricezioni ai trequartisti e costringere il Lione ad andare esternamente a cercare cross fagocitati dai centrali difensivi.
Ecco la situazione standard della prima fase del primo tempo: Moyes fa entrare Johnson al posto di Benrahma per coprire il buco lasciato dall'uscita di Cresswell ed in questa maniera isola Antonio davanti non potendo più connettersi con Fornals dirottato sull'ala sinistra. Il West Ham si abbassa fino al limite della propria area stringendosi e compattandosi ulteriormente rispetto al primo tempo. Volutamente la squadra di casa concede al Lione esclusivamente le vie esterne, costringendo i francesi a cercare la via del cross come unica soluzione per rifinire l'azione, senza successo viste le abilità sui palloni alti della squadra di Moyes.
La contromossa di Bosz è arrivata dopo il goal del West Ham (giunto su due errori individuali in impostazione da parte del Lione), con l'ingresso di Tetè e Toko-Ekambi in modo da avere giocatori adatti a sfruttare al meglio quell'ampiezza concessa dalle scelte di Moyes. Ed è stata proprio una giocata dell'ex giocatore dello Shakhtar a creare il panico nella difesa degli Hammers con un cross teso che Fredericks non è risucito a gestire permettendo a Ndombele di trovare una facile conclusione a rete. Nell'azione del goal del pareggio è evidente l'importanza del dribbling di Tetè che gli permette di giocare il pallone alle spalle della linea difensiva del West Ham che, quindi, ha difficoltà ad assorbire l'inserimento di Ndombele che sfrutta la situazione per depositare in rete.
CONCLUSIONI
West Ham e Lione sono entrate in campo con l'obiettivo di giocarsi le proprie possibilità di vittoria usando i rispettivi punti di forza, tuttavia per buona parte del match, seppur riconoscibili, queste trame non sono state in grado di superare le disposizioni difensive avversarie. Per questo motivo lo 0-0 dell'intervallo è stato specchio di quanto sopra.
Per cui in situazioni così equilibrate serve una situazione specifica per sbloccare l'empasse e sicuramente l'espulsione di Cresswell ha cambiato i piani delle due squadre, soprattutto quelli del West Ham che a quel punto si è affidata in toto alla propria solidità difensiva per rinviare il discorso qualificazione riuscendoci.
Per il Lione, invece, restano le buone impressioni destate dal piano gara voluto da Bosz e la mossa di lasciare Paqueta alle spalle dei centrocampisti in fase di non possesso si è rivelata la mossa tattica migliore della partita. Inoltre il tecnico olandese è stato anche bravo a sfruttare le risorse presenti in panchina per risolvere il quesito tattico impostogli da Moyes nel secondo tempo.
Al ritorno vedremo sicuramente un'altra gara molto equilibrata in cui vedremo nuovamente scontrarsi gli stili di questi due allenatori, ed ancora una volta servirà un dribbling riuscito o un errore individuale a decidere la partita.