venerdì 31 gennaio 2020

Cosa vedere nel weekend #16





In questo weekend i cinque principali campionati europei tornano in campo tutti insieme dopo aver superato le relative pause invernali ed i turni di coppa nazionale, un periodo che ci ha dato ulteriori indicazioni sui valori in campo ma che ha anche visto delle trasformazioni tra cambi di panchina e la parentesi di calcio mercato che terminerà (finalmente) questa sera.

Oltre ai campionati il weekend vedrà anche assegnarsi il primo slam della stagione, con gli Australian Open che decreteranno i vincitori, con sabato mattina la finale femminile tra Muguruza e Kenin e domenica mattina quella maschile tra Djokovic e Thiem.

Inoltre nella notte tra domenica e lunedì ci sarà uno degli spettacoli sportivi più mediatici al mondo, ossia il SuperBowl della NFL, evento che, presumiamo, si giocherà in un clima meno festoso del solito visto il fresco ricordo della scomparsa di Kobe Bryant la scorsa domenica.

Adesso entriamo nel dettaglio con i miei personali consigli per il weekend relativi alle partite da seguire nei principali campionati ed una breve presentazione delle finali dell'Australian Open.

SERIE A

Nel weekend la serie A scende in campo per la 22° giornata dopo un turno in cui le prime tre della classe hanno tutte lasciato punti con la Juventus che, sconfitta a Napoli, ha tenuto aperto il campionato proprio quando tutto sembrava apparecchiato per la fuga definitiva dopo i pareggi di Inter e Lazio. Alle spalle del trio di testa Roma ed Atalanta si giocheranno il quarto posto disponibile per la prossima Champions League e lo faranno dall'alto delle loro riconoscibili e nobili identità di gioco. Scendendo di un gradino, questa giornata ci darà qualche indicazione in più anche per la lotta al sesto e settimo posto in classifica, con la sfida di San Siro tra il Milan e l'Hellas Verona, ossia le due squadre che, nel 2020, hanno raccolto più punti di tutti assieme alla Lazio.

MILAN-HELLAS VERONA (DOMENICA ORE 15)


Con i 10 punti raccolti nelle prime quattro partite del 2020, Milan e Hellas Verona si affrontano in quello che, di fatto, è uno scontro diretto dell'Europa; la formazione rossonera ha in mano adesso il sesto posto in classifica, piazzamento utile all'accesso alla prossima Europa League e miglior piazzamento da inizio stagione, dall'altra parte il Verona si trova sorprendentemente, rispetto ai pronostici di inizio stagione, a 2 punti dalla squadra di Pioli.

La formazione rossonera ha dovuto ripensare molto a se stessa dopo aver chiuso il 2019 con il pesantissimo 5-0 subito a Bergamo, una partita che ha portato la società a delle riflessioni importanti e che hanno portato alla scelta di riportare Ibrahimovic in Italia; la scelta di Boban nasce da un desiderio di dare una scossa più caratteriale che tecnica alla squadra, lasciando a Pioli pieni poteri sul decidere come sfruttare al meglio in campo il lavoro dell'attaccante svedese; al tecnico emiliano sono bastati i 30 minuti giocati con la Sampdoria per capire come ricostruire la squadra: la scelta è andata verso un 4-4-2 con i due esterni di centrocampo a piedi invertiti che entrano in campo per lasciare spazio alle incursioni dei terzini creando dunque diverse soluzioni per servire le due punte (Ibra + Leao/Rebic); il cambio di schema e l'arrivo di Ibra ha indubbiamente innalzato le prestazioni di tutti i singoli nonché la pericolosità offensiva della formazione rossonera.

L'attaccante svedese non ha ancora inciso in fase realizzativa (1 goal realizzato contro il Cagliari oltre al goal divorato contro il Brescia venerdì scorso) ma si è messo a disposizione per rendere la manovra offensiva più pericolosa (il grafico di Understats evidenzia il suo apporto comparato a quello di Piatek), ma soprattutto ha permesso a Leao e Rebic di alzare il proprio rendimento, con quest'ultimo a segno 3 volte nelle ultime 2 partite con goal decisivi, questo principalmente grazie al fatto che gli appoggi su Ibra hanno permesso al Milan di giocare più palloni nella trequarti avversaria (44 passaggi di media nel terzo offensivo nel 2020, dato migliore assieme all'Atalanta). 

Chi, invece, il mercato lo ha fatto bene, è il Verona, in particolare partendo dalla scelta del suo allenatore: Ivan Juric ha costruito una squadra che è sempre piacevole da vedere giocare, inizialmente ne abbiamo esaltato l'abnegazione, la corsa e la solidità difensiva (attualmente quarta difesa del campionato con 22 reti subite), ma in questo 2020 l'Hellas ha fatto anche il salto di qualità anche a livello tecnico ed ha finalmente trovato una vena realizzativa, anche grazie al ritorno in piena forma di Giampaolo Pazzini. Il tutto ha portato la squadra scaligera ad essere, dietro alla sola Atalanta, la migliore squadra per xG realizzati e concessi (rispettivamenti 10,92 e 3,56, dati Understats) nel corso del 2020.




Le ultime due partite ci mostrano come la squadra grazie all'atteggiamento aggressivo in fase di non possesso (15 falli di media a partita, quinta in questa statistica in campionato) le permette di mantenere un baricentro mai eccessivamente basso) recupera velocemente la palla o rende la transizione offensiva avversaria sempre molto faticosa, giustificando l'appellativo di Atalanta in miniatura in linea, inoltre, con i dettami di Juric, discepolo di Gasperini. La fase di possesso, come si evince dalle passmaps, si appoggia su Faraoni in uscita dalla difesa per poi progredire sulla sinistra con le sgroppate di Lazovic, inoltre i centrocampisti centrali Veloso ed Amrabat e le mezzali/trequartisti Pessina/Verre/Zaccagni permettono la creazione continua di linee di passaggio che rende piacevole la trasmissione della palla, inoltre non è poco frequente la soluzione del cross di Lazovic da sinistra raccolto da Faraoni che arriva da destra, altra signature move delle squadre di Gasperini o Juric, a conferma di ciò il Verona è la squadra che costruisce più di tutti il proprio gioco da sinistra (43% degli attacchi) ed è la squadra che a livello percentuale conclude maggiormente a rete dal lato destro (21%, dato inferiore solo rispetto al Cagliari).

La partita contro il Torino (squadra che ha alcuni punti in comune con il Verona) in Coppa Italia ha mostrato ancora una volta i limiti del Milan che neanche il 4-4-2 è riuscito a coprire, ossia la difficoltà a reggere il confronto sulla distanza contro squadre aggressive, un campanello d'allarme visto l'ottimo stato di forma del Verona che si presenterà a San Siro per regalarsi una grande impresa, visto che finora, non ostante le ottime prestazioni, la squadra di Juric non è riuscita a raccogliere punti con nessuna delle grandi del campionato.

PREMIER LEAGUE

La Premier League giunge in questo weekend alla 25° giornata, ci arriva con il Liverpool che può già iniziare il conto alla rovescia per i festeggiamenti della prima Premier League della storia (all'epoca dell'ultimo titolo, nel 1990, il massimo campionato inglese si chiamava Premiership). Con i Reds che hanno deciso di fare campionato a parte, i motivi di interesse restano per le posizioni alle spalle della squadra di Klopp, con la lotta per i posti in Champions ed in Europa League che si apre ogni settimana a scenari sempre diversi. In questo scenario il match da seguire è la sfida tra il Leicester ed il Chelsea, rispettivamente terza e quarta in classifica.

LEICESTER-CHELSEA (SABATO ORE 13.30)

Il programma della Premier League è inaugurato dalla sfida del King Power Stadium di Leicester, dove la squadra di Rodgers, terza forza del campionato alle spalle del Liverpool e del City. ospita il Chelsea di Frank Lampard, posizionato alle spalle delle Foxes ma con un distacco di 8 punti.

La squadra di Rodgers ha stupito tutti per il proprio rendimento in questa stagione, superando anche le già ottimistiche previsioni della vigilia della stagione; l'arrivo dell'ex tecnico del Liverpool nel corso della scorsa stagione ha dato il via ad un cambio di strategia tecnica mettendo definitivamente in soffitta il 4-4-2 ed il gruppo del clamoroso titolo del 2016 per passare ad una strategia di gioco basata su giocatori più tecnici ed un approccio tattico maggiormente focalizzato sul possesso palla (55%, quarta in Premier) e sul controllo del gioco anche grazie ad una certa aggressività in fase di riconquista della palla (il PPDA del Leicester è il migliore del campionato con 7,79 passaggi concessi per azione difensiva).



Dai dati sugli xG elaborati da Between the Posts si trova conferma della qualità del gioco prodotto dalla squadra di Rodgers in quanto possiedono il dato migliore in relazione alla qualità di occasione per ciascun tiro effettuato (SQ nella tabella a fianco, dove 0,139 sta a significare che ogni tiro effettuato finora aveva mediamente il 14% di possibilità di realizzazione), dato che migliora se si prendono in considerazione i tiri effettuati da azione manovrata (SQop nella tabella a fianco, dove l'indice aumenta a 0,146); chi trae vantaggio da questa qualità espressa dalle Foxes è sicuramente Jamie Vardy, unico reduce dell'annata 2016 ancora pienamente titolare, che al momento comanda la classifica dei cannonieri della Premier con i suoi 17 goal realizzati.

Produzione offensiva importante è anche quella del Chelsea, con il lavoro di Lampard già trattato nei precedenti post di questo blog che ha permesso al club di valorizzare i tanti giovani che negli anni passati erano in prestito in giro per le serie inferiori e che nel frattempo avevano irrorato le nazionali giovanili inglesi. L'approccio cinetico della squadra, ovviamente, ha i suoi pro ed i suoi contro, così ci è capitato di vedere prestazioni e risultati poco continui, con eccezione della serie di 6 vittorie consecutive nella fase centrale del girone d'andata su cui i Blues stanno costruendo la propria classifica che la vedrebbe qualificata alla prossima Champions. Nelle ultime settimane questa discontinuità l'abbiamo riscontrata anche nel corso delle partite, con ampie fasi di dominio poi rese infruttuose da grossi cali nelle fasi finali della partita. I numeri sono ancora dalla parte di Lampard, dati gli scetticismi alla vigilia della stagione, specie dopo l'esordio in Premier con i 4 goal subiti dal Manchester United, il quarto posto in classifica è suggellato anche dai numeri del Chelsea, dove emerge un PPDA di 8,72, un valore che situa i Blues al quarto posto come livello di aggressività senza palla, posizionamento tra le prime quattro anche in relazione ai vari modelli di xG sia realizzati che subiti.


Da questa partita Lampard cerca risposte sul proseguimento di questa stagione da parte della sua squadra, i meccanismi rodati del Leicester saranno un test importante per capire se ci sono dei miglioramenti negli equilibri della squadra e della sua tenuta sui 90 minuti, soprattutto alla luce degli ottavi di finale di Champions contro il Bayern Monaco ormai imminenti ed una fase finale di Premier in cui il quarto posto dovrà essere difeso dai tentativi di recupero (non ancora convincenti, ad onor del vero) di Manchester United e Tottenham; per il Leicester, invece, riuscire a confermare le proprie prerogative di palleggio e dominio del campo anche con una squadra aggressiva e di valore tecnico importante come il Chelsea può essere il lasciapassare definitivo per la prossima Champions League e magari avere sufficiente margine per tentare un assalto anche alla FA Cup,

LA LIGA

La sconfitta netta subita a Valencia sabato scorso ha allontanato il Barcellona dalla vetta della classifica, ora proprietà del Real Madrid che può vantare adesso 3 punti di vantaggio sul Barça ed il Siviglia terzo a -8. Per la squadra di Zidane, che aveva ben impressionato nello scontro diretto del Camp Nou a fine dicembre, potrebbe essere l'inizio della fuga vincente, considerando il fatto che il Barcellona dovrà ritrovare il giusto equilibrio dopo il cambio della guardia in panchina tra il pragmatico Valverde ed il cruyffiano Setien; per rendere possibile questa fuga la squadra madridista dovrà superare le forche caudine del derby contro l'Atletico allo Stadio Bernabeu.

REAL MADRID-ATLETICO MADRID (SABATO ORE 16)

Il Real Madrid del secondo ciclo di Zinedine Zidane ha una nuova veste, ossia quella di una squadra solida, tanto da presentarsi al derby contro l'Atletico di Simeone, oltre che con 10 punti di vantaggio, anche con una rete in meno subita rispetto ai colchoneros, noti per la loro proverbiale tenuta difensiva; merito di ciò va dato principalmente all'ottima stagione della linea difensiva (con Raphael Varane sugli scudi, ma molto bene anche Mendy che da maggiori garanzie difensive rispetto a Marcelo) e dall'equilibrio che a centrocampo riesce a dare Casemiro (migliore del campionato per intercetti e contrasti riusciti, rispettivamente 3,7 e 2,2 a partita), ma soprattutto ad emergere è l'esplosione di Federico Valverde, capace di aggiungere quella corsa e quella qualità al centrocampo che non era più in grado di sostenere la compresenza di Kroos e Modric. Insomma dopo un precampionato difficile, Zidane ha svolto un gran lavoro per costruire una squadra che torni ad essere vincente prima di tutto a livello nazionale e fermare il dominio del Barcellona, la strada è tracciata, partendo da un equilibrio difensivo ben visibile tramite i numeri:


La squadra di Zidane è quella che concede meno xG a partita (0,72, secondo il dato elaborato da Bewtween the Posts), mentre come quantitativo di tiri subiti è dietro al solo Getafe (7,5 contro i 7,3 della squadra di Bordalas), a questo si aggiunge una solidità particolarmente marcata sulle situazioni di palla inattiva (2,5 tiri subiti a partita) a cui si aggiunge in maniera inversamente proporzionale, una grande abilità nelle conclusioni effettuate nello stesso tipo di situazione (vedi tabella successiva) dove le merengues sono avanti a tutti con una media di quasi 5 tiri a partita da sviluppo di palla inattiva.


Avere in squadra gente dalla riconosciuta abilità nel gioco areo (Varane, Sergio Ramos, Casemiro e lo stesso Benzema) è sicuramente la chiave per la squadra di Zidane per essere una minaccia costante in questo fondamentale.

Gli stessi numeri ci danno conferma anche delle qualità difensive dell'Atletico Madrid, questo ovviamente non è una novità vista la grande attenzione che Simeone pretende nella copertura degli spazi, per cui il dato di 0,74 xG subiti, pur essendo di un'inezia inferiore a quello del Real (0,02 di differenza) ha un peso specifico maggiore in quanto derivante da una quantità di tiri subiti di gran lunga superiore (9,6 a partita), il che sta a significare che la media di xG subiti per tiro è pari a 0,077, un dato nettamente migliore rispetto allo 0,096 del Real (posizionandosi rispettivamente primo e terzo in questa graduatoria). Come già indicato nei post precedenti, l'Atletico sta cercando di ricostruirsi un'identità dopo l'importante mercato in entrata ed in uscita della scorsa estate culminato con l'addio di Griezmann, Juanfran e Filipe Luis rimpazziati rispettivamente da Joao Felix, Trippier e Renan Lodi, ossia un tentativo di diventare una squadra più tecnica e meno focalizzata su un piano partita conservativo; il cambiamento tuttavia dimostra di essere ben lungi dall'essere finalizzato e lo stesso Simeone si sta dimostrando ancora poco deciso se proseguire o no su questa strada.


Come si evince dal grafico elaborato tramite le statistiche di Fbref, l'Atletico ha una leggera tendenza all'aumento sia degli xG a proprio favore che degli xG contro, il che lascia intuire una tendenza ad un tipo di impostazione di gara più aperto, ed i risultati iniziavano a dare un senso nei mesi precedenti la pausa di dicembre, tuttavia, al ritorno in patria dopo la supercoppa persa ai rigori proprio contro il Real, improvvisamente gli xG sono crollati tornando sotto la linea di tendenza portando la squadra di Simeone a perdere la trasferta di Eibar ed al pareggio casalingo contro il Leganes, il tutto senza andare a segno e causando il solco di 10 punti con cui l'Atletico si presenta al Bernabeu; la partita di domani deve essere occasione, in particolare, per capire quanto valgono gli attaccanti a disposizione di Simeone, visto che il loro rendimento è al momento alquanto scarso visto che sia Morata, sia Diego Costa, sia Joao Felix che Angel Correa stiano realizzando in misura inferiore rispetto ai loro expected goals, un dato curioso quanto preoccupante per l'Atletico che, infatti, è rimasto a secco nelle sfide contro Real e Barcellona fin qui disputate in questa stagione, dove, tuttavia, ha mostrato di poter neutralizzare e mettere in difficoltà il Real (nella finale di supercoppa Valverde ha dovuto "spendere" un cartellino rosso per evitare la sconfitta), per cui c'è da aspettarsi una sfida molto combattuta seppur, numeri alla mano, con pochi goal.

BUNDESLIGA

Il campionato tedesco è giunto alla terza giornata di ritorno dopo il turno che ha visto nuovamente accorciarsi la classifica nelle parti alte, con le prime 6 in classifica racchiuse in 7 punti, ma soprattutto ha visto esplodere nel massimo campionato tedesco la stella di Erling Håland, autore di 5 goal nelle due partite d'esordio con la maglia del Borussia Dortmund, subentrando dalla panchina in entrambe le occasioni e permettendo ai gialloneri di risalire la classifica, così come il Bayern Monaco che è ripartito dai blocchi con 9 goal fatti e 0 subiti in 2 partite. Ma per accorciare la classifica è stato necessario che Lipsia e Borussia Moenchengladbach facessero un passo falso e così è stato: sia la squadra di Nagelsmann che quella di Rose hanno lasciato l'intera posta in palio rispettivamente all'Eintracht ed allo Schalke permettendo alle altre contendenti di riavvicinarsi in classifica, ed è proprio lo scontro diretto tra le due squadre più interessanti di questo campionato ad attrarre la nostra attenzione per questo weekend.

LIPSIA-BORUSSIA MOENCHENGLADBACH (SABATO ORE 18.30)

La sfida che si gioca alla Red Bull Arena domani oltre a mettere di fronte la prima e la terza forza del campionato mette di fronte due manifesti di ciò che è la Bundesliga oggi, un campionato dove si gioca sostanzialmente quasi sempre all'attacco (con eccezioni interessanti come il Friburgo) e con baricentro alto; l'influenza del metodo Red Bull ha contagiato diversi allenatori in Germania, per cui la sfida tra il Lipsia (capostipite del modello voluto dalla multinazionale austriaca) ed il Moenchengladbach (che ha portato in panchina Marco Rose da Salisburgo, ossia il satellite principale della rete, per portare gli stessi principi anche presso la gloriosa società della Renania settentrionale).

Data la premessa, ed avendo già a lungo disquisito nei post precedenti sulle caratteristiche delle due squadre andiamo ad analizzarne il rendimento nel 2020 per capire quali temi ci proporrà la partita di domani.

Per il Lipsia l'inizio di 2020 ha portato con se l'addio di Diego Demme, partito in direzione Napoli, una partenza che francamente mi ha sorpreso, considerando la centralità del centrocampista nello scacchiere tattico di Nagelsmann, che infatti lo ha sempre schierato titolare in campionato dove il suo impatto è dato dai 64 passaggi di media a partita, secondo solo ad Upamecano (75); la sua partenza deve avere creato qualche difficoltà a Nagelsmann che, pur essendo un allenatore che fa della flessibilità tattica un mantra, ha mostrato nelle prime due partite della stagione di non aver deciso ancora come coprire questo vuoto.


Contro l'Union Berlino (gara vinta 3-1 in rimonta) sembrava mantenuta la struttura vista nella seconda parte del girone d'andata, con l'impostazione demandata ai due centrali difensivi Upamecano e Klostermann, mentre il posto di Demme sembrava condiviso tra lo statunitense Tyler Adams e Konrad Laimer, il tutto, però, all'interno di un 4-2-3-1 con quest'ultimo che agisce su un raggio d'azione meno avanzato rispetto ai mesi precedenti, per questo l'austriaco chiude la partita con un maggior numero di passaggi effettuati (66) rispetto alla sua media (48) e senza passaggi chiave effettuati.




Nella successiva trasferta di Francoforte, invece, Nagelsmann decide di cambiare e tornare ad affidarsi alla difesa a 3, che aveva abbandonato a settembre, decidendo sostanzialmente di lasciare il compito di impostare ai tre centrali, mentre Tyler Adams aveva il compito di far progredire l'azione partendo da quinto di destra, un sistema che ha funzionato nel primo tempo salvo poi non trovare alcuno sbocco offensivo nel secondo tempo dopo che l'Eintracht aveva trovato il goal del vantaggio; questo passaggio al 3-4-2-1 ha alquanto disorientato la squadra oltre a lasciare perplessi alcuni osservatori in merito alla posizione in campo di alcuni giocatori, una perplessità non del tutto sbagliata visto che un eccessivo uso delle rotazioni nelle posizioni in campo potrebbe mettere a disagio alcuni calciatori; la partita di domani ci darà nuove risposte, anche alla luce dell'arrivo di Dani Olmo che apre interrogativi sul destino di Forsberg nel sistema di Nagelsmann, insomma anche nelle difficoltà l'accoppiata Lipsia-Nagelsmann è una manna per chi ama analizzare le strategie tattiche dietro ad una squadra di calcio.

Mentre Nagelsmann ha smussato, con la sua flessibilità tattica, il DNA iper-agressivo del Lipsia, Marco Rose ha portato un atteggiamento iper-aggressivo a Moenchengladbach, un atteggiamento che ha portato la squadra bianco-verde a veleggiare in testa alla classifica per lunga parte del girone d'andata nonché rendere la squadra particolarmente riconoscibile come atteggiamento, basato su poche sovrastrutture in fase di possesso anche perché se sotto pressione il possesso basso va in difficoltà.


Dalla mappa dei passaggi delle ultime due partite si capisce il modo di costruire della squadra di Rose, nella partita contro il Mainz la poca pressione degli avversari porta il Moenchengladbach ad aggirare il blocco centrale indirizzando il gioco sugli esterni (si nota la quasi assenza di passaggi da e verso le zone centrali della metà-campo) per poi occupare la trequarti avversaria con diversi uomini a sostegno del gioco di sponda di Pleà. Un approccio che, però, mostra le sue debolezze quando il pressing avversario è piuttosto aggressivo (vedi stessa mappa nella partita persa contro lo Schalke), forzando diversi errori e rendendo complicatissimo l'accesso all'area di rigore avversaria. Per ovviare a questi limiti l'approccio di Rose è quello di andare immediatamente a caccia della seconda palla, un atteggiamento che spesso porta dei dividendi ma che spesso pecca nelle coperture preventive, permettendo agli avversari di trovare diverse opportunità da rete partendo da palle lunghe dalla propria metà campo (vedi i goal subiti per mano dello Schalke e del Mainz nelle prime due partite del 2020).




A livello statistico si aggiunge il fatto che il Borussia ha un saldo negativo tra tiri effettuati e tiri subiti (-0,5) come si evince dai dati elaborati da Between The Posts, tuttavia il dato degli xG è favorevole alla formazione di Rose che, però, contro gente come Werner e Nkunku dovrà tirar fuori una prestazione perfetta in fase di ri-aggressione della palla altrimenti il Lipsia rischia di esondare; la lezione della partita di andata (1-3 con tripletta di Werner) è un campanello d'allarme a cui Rose dovrà prestare molto attenzione.

In ogni caso sarà sicuramente una gran partita giocata in battere e levare, a meno che le due squadre, in un eccesso di rispetto reciproco, decidano di adottare un atteggiamento più prudente e guardare alla classifica snaturando le proprie prerogative.


LIGUE 1

Queste prime settimane del 2020 in Francia non hanno cambiato le gerarchie, con il PSG trascinato dal miglior Neymar dell'esperienza parigina che ha allungato a +10 dal Marsiglia che, quando è privo di Payet, perde quasi tutta la sua pericolosità offensiva. Questo primo scorcio di anno, inoltre, sta vedendo in corso la risalita del Montpellier e del Lione così come stiamo assistendo ad una nuova rivoluzione in casa Monaco, con Moreno che ha preso il posto di Jardim in panchina e con una squadra rivoluzionata in sede di mercato. Un'altra squadra che, quasi sotto silenzio, si sta ritagliando un ruolo da protagonista è il Rennes che, questa sera, affronta in casa il Nantes nella partita che consigliamo per questo weekend.

RENNES-NANTES (VENERDI' ORE 20.45)

Come indicato in premessa, quasi passando sotto silenzio, il Rennes di Julien Stephan, grazie ad una serie di 7 vittorie nelle ultime 10 partite è risalita fino al terzo posto con addirittura 4 punti di vantaggio sul Montpellier attualmente quarto, una posizione che al momento le garantirebbe la partecipazione alla prossima Champions League. Come per gran parte delle squadre della Ligue 1, Julien Stephan ha aggiustato in corso d'opera la struttura tattica della sua squadra in modo da mettere in vetrina la maggior parte delle individualità che ha a propria disposizione, difatti la svolta è arrivata con il passaggio dal 3-5-2 al 4-4-2 flessibile che ha esaltato le qualità di diversi elementi tra cui Raphinha (2,3 dribbling e 2,1 passaggi chiave a partita) e Camavinga (17 anni, ma già leader totale del centrocampo con 4,6 contrasti vincenti ed 1,6 intercetti a partita) e che ha permesso alla squadra di trovare maggiore coraggio in fase di non possesso.


Dal confronto tra l'ultima partita del Rennes (il pareggio a Nizza dello scorso venerdì) e l'ultima partita disputata con il 3-5-2 (la sconfitta di metà ottobre a Monaco) si denotano le posizioni medie più alte ed un maggior coinvolgimento dei giocatori più avanzati, oltre al già citato Raphinha, va notato il maggior coinvolgimento di Niang che viene spesso incontro per creare spazi per gli inserimenti della seconda punta Honou così come Tait da sinistra, autore del goal del pareggio.


Stesso discorso vale per la fase di non possesso dove si vede il tentativo della squadra bretone di alzare il pressing, un meccanismo reso possibile da un 4-2-3-1 con Niang che pressa o indirizza sull'esterno l'impostazione dei centrali per poi aizzare il pressing dei tre uomini alle sue spalle.

Con questa impostazione, dunque, Stephan ha portato il Rennes tra le prime 3 del campionato, l'avversario di stasera, invece, ossia il Nantes di Gourcuff si presenta con soli 5 punti di svantaggio frutto di numeri difensivi che avevamo sottolineato in un nostro precedente post, con una fase di recupero palla poco aggressiva prevalentemente improntato ad indirizzare il gioco avversario in zone di campo meno pericolose per facilitare il lavoro dei difensori.


Questo atteggiamento si riflette, a livello numerico, con la terza difesa del campionato (19 goal subiti) alla spalle di Reims e PSG, mentre solo l'Angers ha subito meno tiri della formazione di Gourcuff.

A livello offensivo, invece, i numeri non sono affatto positivi con 19 reti segnate (quartultimo attacco del campionato). Come si evince dalla grafica elaborata da WhoScored, la manovra del Nantes si sviluppa sugli esterni dove agiscono generalmente Blas a destra e Simon a sinistra, con quest'ultimo designato per creare pericoli in 1 vs. 1 e cercare il tiro, mentre Blas tende ad accentrarsi per lasciare l'ampiezza ad Appiah, il terzino destro che Gourcuff lascia sganciare tenendo, invece, più basso, il terzino sinistro.










AUSTRALIAN OPEN

Il primo slam della stagione, iniziato sotto i cattivi presagi degli incendi che avevano colpito l'Australia nelle scorse settimane, si è rivelato ricco di spunti interessanti sia nel tabellone maschile che in quello femminile, tracciando importanti indicazioni su ciò che sarà il 2020 tennistico.

IL TORNEO MASCHILE


Nel tabellone maschile la finale sarà tra Djokovic e Thiem, sicuramente la finale migliore per quello che si è visto in campo in queste due settimane, con il serbo grande favorito della vigilia ed ancora imbattuto nel 2020.

Djokovic di fatti si è presentato in Australia stracciando la concorrenza e regalando la ATP Cup alla Serbia; il tabellone, inoltre, gli proponeva come primo ostacolo sulla carta Tsitsipas ai quarti, ma la sconfitta subita dal russo per mano di un redivivo Raonic ha messo in discesa il cammino del serbo, facilitato anche dai problemi fisici di Federer in semifinale. La vittoria nella finale di domenica mattina porterebbe l'ottavo titolo a Melbourne, nonché il ritorno al primo posto nella classifica ATP grazie alla sconfitta di Nadal ai quarti contro Thiem.

L'austriaco, invece, non era partito con i favori del pronostico (complice un non convincente inizio di 2020) dal suo lato del tabellone, dove, invece, si trovavano Nadal e Medvedev (finalisti dell'ultimo slam del 2019, ossia gli US Open), ed invece eccoti che Wawrinka spariglia le carte negli ottavi di finale battendo il russo, mentre Thiem trova la grande impresa nei quarti battendo per la prima volta in uno slam Rafa Nadal, mostrando una grande crescita sia a livello tecnico sulla superficie (per Thiem questa è la terza finale in uno Slam, le precedenti due finali le ha giocate a Parigi sulla terra, sua superficie preferita) che a livello di tenuta mentale nelle sfide su 5 set, ossia la grande debolezza finora imputato ai vari talenti della NextGen da cui in questo 2020 ci aspettiamo la risoluzione, vista la finale ottenuta a Flushing Meadows da Medvedev lo scorso anno e la semifinale raggiunta, finalmente da Zverev.

I precedenti tra i due vedono in vantaggio il serbo che però ha vinto solo 1 degli ultimi 5 incontri contro l'austriaco, con l'ultimo precedente dello scorso novembre nelle ATP Finals di Londra in cui Thiem si è imposto al termine di una partita clamorosamente bella su una superficie, seppure indoor, non tanto dissimile da quella di Melbourne; Djokovic resta favorito, ma occhio allo stato di forma di Thiem.
 










IL TORNEO FEMMINILE


Nel tabellone femminile, invece, la finale sarà tra la Kenin e la Muguruza, una finale inaspettata quanto meritata dalle due contendenti che sono andate avanti con un percorso netto, in particolare la spagnola, tornata in grande forma e capace di abbattere qualsiasi cosa le capitasse sul percorso, inclusa la Halep in semifinale, ma soprattutto le vittorie al terzo turno contro la Svitolina (lasciandole appena 3 games) ed al quarto turno contro la Bertens (doppio 6-3); dal canto suo la Kenin ha fatto fuori la Barty, n.1 del tabellone e beniamina di casa, ma soprattutto ha interrotto al quarto turno l'avanzata di Coco Gauff, la predestinata del tennis femminile del decennio appena iniziato che, a sua volta, aveva fermato al terzo turno niente meno che Naomi Osaka, detentrice del torneo e testa di serie n.3

L'unico precedente tra le due contendenti è dello scorso settembre a Pechino, tra l'altro su una superficie simile a quella di Melbourne, in quell'occasione si era imposta la Kenin in 3 set, ma mentre la statunitense era in netta ascesa (basta vedere il dato del +14 nel ranking negli ultimi 6 mesi), la Muguruza sembrava entrata in un buco nero da cui sembra miracolosamente uscita dopo lo 0-6 subito nel primo set del primo turno contro la Rogers, poi è iniziata una marcia inarrestabile che ha portato la spagnola a giocarsi la terza finale di uno slam (le precedenti due le ha vinte a Parigi nel 2016 ed a Wimbledon nel 2017); per la Kenin invece, arriva a 21 anni la prima finale di uno slam, dopo che negli anni precedenti non era mai riuscita ad accedere alla seconda settimana.

mercoledì 15 gennaio 2020

Giochisti, risultatisti, contropiede, monocultura tecnologia ed altre creature fantastiche

La diatriba sul contropiede scatenata dallo scambio Conte-Capello ha aperto un vaso di Pandora sul rapporto tra vecchie e nuove generazioni calcistiche che va oltre la semplice definizione di contropiede e ripartenza. Si tratta, ahimè, di un discorso estendibile anche a tematiche extra-sportive, ossia la forte contrapposizione tra idee nuove ed idee moderne; le generazioni cresciute fino all'inizio degli anni 90 hanno vissuto un modello di vita molto diverso da quello attuale e faticano a trattenere il disagio nei modelli di vita del XXI Secolo. I gap generazionali sono sempre esistiti, tuttavia in passato il conflitto era risolto con le nuove generazioni che prendevano possesso progressivamente delle stanze dei bottoni e le vecchie generazioni che altrettanto progressivamente si mettevano da parte previo accesso al sistema pensionistico.

Il meccanismo si è bloccato in questo secolo: le generazioni che avrebbero dovuto cedere il passo ai millennials si trovano ad occupare tutti i posti di massima visibilità sia a livello politico (lo stesso Salvini ha costruito il proprio modello politico utilizzando come base politica le classi di età più avanzate) che a livello giornalistico (avete memoria di salotti televisivi con giornalisti nati dal 1980 in poi?); in particolare, la stampa sportiva cartacea sta vedendo erodersi progressivamente le proprie quote di mercato imputando ciò all'incedere del digitale, ma in realtà la causa risiede nei contenuti, con i giornali in mano ad una vecchia generazione di giornalisti non più in grado di leggere gli accadimenti dei nostri giorni e che continuano a misurare e commentare gli eventi con gli stessi occhi con cui li raccontavano 20/30 anni fa (dove, ad onor del vero, lo facevano in maniera eccellente).

A tale scopo ho voluto prendere come riferimento degli articoli pubblicati nelle ultime due settimane dalle due principali testate giornalistiche sportive nazionali, che ci raccontano quanto teorizzato sopra, ossia interviste ed analisi infarinate di un continuo e stucchevole rimando al passato, l'idolatria verso l'approccio al calcio all'italiana basato su difesa e contropiede per il quale siamo stati conosciuti per decenni a livello europeo e che questa vecchia classe giornalistica vorrebbe restaurare in nome di un calcio e di un mondo che non esiste più ma che è l'unico mondo che, forse, riescono a comprendere.

IL DOPPIO ARTICOLO DEL CORRIERE DELLO SPORT (8 GENNAIO 2020)


Una intervista di Ivan Zazzaroni con Gianni Mura ed un editoriale di Alberto Polverosi mettono a nudo l'età anagrafica avanzata dei protagonisti, due articoli che esaltano il calcio degli anni passati e considerano come oggetto del diavolo l'evoluzione tecnologica che accompagna le nostre vite e, conseguentemente, anche lo sport più seguito del mondo; un dialogo, quello tra Zazzaroni e Mura, che trasuda tutta l'inadeguatezza degli interlocutori a vivere il mondo in cui si trovano oggi e che somiglia tantissimo ad un dialogo tra due pensionati in un parco, con la differenza che questi ultimi sono consapevoli del fatto che hanno vissuto le loro vite e se le raccontano con un misto di nostalgia e ammirazione, accettando il fatto di lasciare spazio alle generazioni future ed al progresso del mondo, qui invece i protagonisti sono persone che occupano gli spazi più in vista delle principali testate giornalistiche italiane, ben lungi dunque dall'idea di cedere al passo alle giovani generazioni meglio in grado di leggere gli accadimenti di questo secolo.

Prima affermazione di Gianni Mura: "Eppure il contropiede è cinquant'anni di calcio della nostra Nazionale. Ci abbiamo vinto un Mondiale. Non il penultimo, l'ultimo"


Davvero crede che abbiamo vinto quel Mondiale con difesa e contropiede? Nella partita contro la Germania abbiamo giocato colpo su colpo, attaccava l'Italia così come attaccava la Germania, la mentalità di entrambe le squadre era chiaramente offensiva, l'Italia si è presentata al supplementare con un 4-2-4 con Iaquinta-Totti-Gilardino-Del Piero in attacco più Pirlo a centrocampo, il fatto di aver chiuso il Mondiale con 2 soli goal subiti (un autogol di Zaccardo ed un rigore in finale) non implica necessariamente aver giocato un calcio difensivo e di contropiede, cosa ben diversa dall'essere chiusi nella metà campo quando l'avversario preme (vedi secondo tempo contro l'Ucraina e buona parte della finale contro la Francia), inoltre permettetemi di farvi riscontrare che le partite più iconiche a livello internazionale delle squadra azzurra sono un 4-3 (la partita del secolo contro la Germania a Messico 1970) ed un 3-2 contro il Brasile ai Mondiali di Spagna, quindi non proprio delle partite da 1-0 e tutti chiusi dietro.

Seconda affermazione di Gianni Mura: "Sarebbe giunto il momento di ribellarsi alla logica industriale della monocultura tecnologica per tornare alla sapienza del calcio"


Tecnologia e sapienza non sono due elementi contrapposti tra di loro, questa affermazione tradisce il punto alla base di tutto, ossia che esiste una generazione che ha lavorato in passato con poca tecnologia e pochi mezzi a disposizione, mostrando da un lato di sapersi arrangiare ma allo stesso tempo ha sfruttato questa mancanza di mezzi per portare il racconto calcistico e sportivo su un piano letterario che tuttora apprezziamo ma che, nel calcio di oggi, toglie la complessità data da nuove situazioni che stanno cambiando il calcio. La tecnologia oggi è al servizio della sapienza, oggi è sapiente chi sa usare i tanti dati che la tecnologia ci permette di visualizzare (tutt'altro di "un milione di informazioni inutili" come afferma nell'intervista ), anzi la tecnologia rende più accessibile la sapienza del gioco anche a chi non può entrare in uno stadio con un accredito da giornalista e permette a chi vede il gioco di potersi svincolare dai giudizi dati dai pochi eletti che in passato avevano accesso alle partite. Insomma cari miei nostalgici, di sapienza del calcio non esiste più solo quella del racconto, ma esiste anche quella dell'analisi e dell'osservazione più dettagliata del gioco, cosa resa possibile dal fatto che tutte le partite sono accessibili per tutti ed il filtro del giornalista che racconta è solo un contorno di cui l'osservatore può tranquillamente decidere di farne a meno o può usare per avere un confronto.

L'articolo di Polverosi "Vecchio è ancora bello"


Quanto dicevamo sopra sull'incapacità della vecchia generazione di giornalisti di capire il nostro calcio è tutto sintetizzato nell'articolo in oggetto. Una lista clamorosa di sciocchezze sul calcio all'italiana, sul contropiede e sulla tradizione dei nostri tecnici.

Il tutto parte, come indicato in premessa, dalla lite Capello-Conte sul tema contropiede-ripartenze, come Capello anche Polverosi si ostina a definire l'Inter di Conte come una squadra contropiedista, che sta dietro e riparte, eppure è abbastanza evidente dall'azione del secondo goal di Lukaku contro il Napoli e la sua corsa di 60 metri celebrata come ode al contropiede che di tutto si tratta tranne che di contropiede ma sviluppo di un azione costruita dal basso, per cui è ovvio che Conte possa essersi risentito nel vedere ridotto questo tipo di lavoro a mero contropiede.



Nel suo stesso editoriale pensa bene di affermare che rifiutare di ammettere di giocare in contropiede significhi ripudiare la scuola italiana dei Pozzo, Valcareggi, Bearzot, Trap etc.. Il punto è completamente sbagliato perché nessuno vuole delegittimare la scuola dell' ancient regime del nostro calcio, ma era un idea di calcio sostenibile in quegli anni, dove le posizioni in campo erano molto più rigide rendendo, dunque, molto più rispondente un sistema di marcature a uomo dove il contesto delle partite era determinato dagli 1 contro 1 individuali anziché particolari sovrastrutture tattiche; negli ultimi anni la struttura fisica ed atletica dei calciatori (guardate le differenze fisiche tra i calciatori degli anni 70 e 80 con quelli a noi contemporanei) ha posto nuove esigenze nel modo di giocare le partite, per questo motivo un calcio con marcature a uomo e tutti in difesa e palla in avanti non è più sostenibile in quanto richiederebbe un dispendio fisico maggiore, infatti le squadre che oggi sono paradigma di un concetto simile a quello della vecchia scuola italiana (il Leicester di Ranieri nel 2016, l'Atletico Madrid di Simeone, l'attuale Parma di D'Aversa) lo fanno basandosi sul concetto di controllo degli spazi e non certo sui sistemi rigidi ad uomo.

Capolavoro finale dell'editoriale di Polverosi è quello di definire contropiede niente di meno che il calcio di Jurgen Klopp, un calcio costruito proprio con un concetto opposto, ossia stare più tempo possibile lontano dalla propria metà campo; tra l'altro Polverosi utilizza anche correttamente il termine verticalizzazione per definire il calcio di Klopp, eppure riesce a confonderlo con contropiede e/o ripartenza, tanto che afferma letteralmente in coda al suo editoriale: "Chi punta al contropiede offre le stesse emozioni di chi sceglie il possesso palla". Dunque secondo Polverosi esistono due sole categorie di gioco del calcio: chi fa possesso palla solo per il gusto di tenere palla, tutto il resto è contropiede; la limitatezza di una visione del calcio così manichea non rende giustizia al lavoro dei tecnici contemporanei, i cui principi sono molto più sfumati rispetto a quanto stabilito da Polverosi e dai seguaci di questo approccio passatista del calcio. Il calcio di Sarri e Guardiola, per loro stessa spiegazione (concetto rimarcato dal tecnico della Juventus nel post-partita di Roma-Juventus ai microfoni di Sky) usa il possesso palla non come strumento fine a se stesso ma come strategia per disordinare l'avversario e trovare giocatori liberi in posizioni di campo più pericolose (lo stesso Sarri domenica sera si è lamentato della sua squadra quando ha fatto possesso con il solo scopo di gestire la palla senza il proposito di avanzarla in zone più pericolose), stesso identico presupposto che guida il gioco di Klopp che usa invece come arma per stazionare nella metà campo avversaria il pressing sulla seconda palla dopo una palla mandata in avanti saltando i centrocampisti centrali.

I FOCUS TECNICI DELLA GAZZETTA DELLO SPORT (11 E 15 GENNAIO 2020)


"PRIMO NON PRENDERLE" DI G.B. OLIVERO (11 GENNAIO 2020)




L'articolo in oggetto pensa bene di manipolare dei numeri per arrivare ad una conclusione per la quale per vincere non bisogna prendere goal. Il concetto non fa una piega, lo definirei quasi lapalissiano, se guardiamo freddamente al numero in termini assoluti, anche in via teorica è possibile affermare senza troppi margini di smentita che se non si prende goal le possibilità di vittoria aumentano, sopratutto perché se non prendi goal l'unico scenario peggiore rispetto alla vittoria è il pareggio per 0-0 (usando il dato nudo e crudo esposto nell'articolo il 72,53% delle volte negli anni '10  la squadra che non ha preso goal ha vinto nei cinque massimi campionati).
E così dall'articolo emerge che "I numeri freddi ma estremamente chiari consentono un'analisi che coinvolge inevitabilmente giochisti e risultatisti e restituisce un po' di dignità al vecchio calcio all'italiana tanto vituperato chissà poi perché [...] La migliore difesa vince il campionato semplicemente perché difendendo bene e concedendo poco si vince il maggior numero di partite. Ma l'assioma principale è probabilmente un altro: non è vero che vincere 2-1 sia filosoficamente uguale a vincere 1-0" tutto ciò argomentato sempre da quei freddi numeri i quali affermano che chi ha segnato ha vinto solo nel 51,51% dei casi nello stesso periodo; manipolare in questa maniera i numeri è un esercizio che si commenta da solo a mio parere, soprattutto alla luce del fatto che gli unici numeri all'interno dell'analisi che possono essere oggetto di un'interpretazione sono quelli riferiti ai singoli allenatori, laddove conoscendone i concetti ed i principi di riferimento si può dare un accezione più critica a tali numeri.



Dunque, dal dato suddiviso per ciascun allenatore si evince come Guardiola abbia la percentuale di vittorie maggiore senza subire goal rispetto a tutti gli altri allenatori oggetto del confronto (91% contro il 90% di Allegri e Zidane), ma soprattutto a sbugiardare le teorie di Olivero ci viene incontro il dato relativo alle partite vinte subendo goal, dove l'attuale tecnico del City ha raccolto il 65% di vittorie staccando la concorrenza senza alcun tipo di discussione, specie proprio sui tecnici che applicano un concetto calcistico opposto al suo (Allegri 42%, Simeone poco meno del 35%) dimostrando come un approccio pro-attivo e votato al dominio del gioco produca vittorie sia per 1-0 per 2-1 senza dover necessariamente scegliere la filosofia per l'uno o per l'altro punteggio, cosa che evidentemente fanno, invece, i tecnici come Allegri e Simeone che sposano la filosofia di Olivero dimostrando loro di vedere abbassate drasticamente le chance di vittoria se subiscono una rete. Per cui mi chiedo cui prodest? questo abbarbicarsi di Olivero su teorie chiaramente prive di fondamento e basate su numeri abbastanza fumosi.

"GIOCO AL RIBASSO" DI ALEX FROSIO (15 GENNAIO 2020)


In maniera ridondante rispetto al focus pubblicato sullo stesso giornale pochi giorni prima, i giornalisti della Rosea continuano con la dicotomia giochisti-risultatisti, ed anche questa volta decidono di manipolare i numeri a proprio piacimento rinunciando (a questo punto inizio a pensare che esistano delle linee-guida dell'Ordine dei Giornalisti a riguardo) ad osservare le cose nella sua complessità.

L'articolo parte con i soliti strali verso il cosiddetto "giochismo", come se impostare una squadra ad esercitare supremazia tramite il possesso palla fosse un mero esercizio di stile e non un sistema necessario a muovere il pallone in maniera paziente per trovare lo spazio giusto ad arrivare in porta il più facilmente possibile; sostanzialmente Frosio si limita ad elencare gli allenatori fin qui esonerati classificandoli tutti come "allenatori intenzionati ad applicare uno stile ben preciso, un calcio raffinato e manovriero" riconducendo Di Francesco, Andreazzoli, Thiago Motta, Giampaolo e niente meno che Ancelotti tutti sotto la stessa categoria per poi saltare di palo in frasca affermando che "E nel frattempo si riscopre il caro vecchio calcio pragmatico" esaltando il calcio senza fronzoli (per sua interpretazione) di Ranieri, D'Aversa e Gotti (quest'ultimo addirittura esaltato per 3 vittorie consecutive senza aver mosso di una virgola i concetti del suo predecessore Tudor, esonerato dopo aver preso 11 goal in 2 partite non ostante un calcio difensivo, ma di questo Frosio se ne dimentica); insomma nessuna sfumatura, solo distinzione tra i cattivi (i giochisti) ed i buoni (i risultatisti), una forzatura talmente forte da costringere lo stesso Frosio a dei funambolismi linguistici per non auto sbugiardare la sua teoria quando c'è da riconoscere che l'allenatore che, nella sua divisione del mondo, è un giochista si trovi in testa alla classifica del campionato con il miglior dato di possesso palla e passaggi nella trequarti avversaria affermando, in barba agli stessi numeri, che la Juventus è "Ancora poco sarrista e ancora molto allegriana", a questo si aggiunge che le prime cinque posizione in classifica della serie A sono occupate da squadra allenate da allenatori che propongono non certo un calcio reattivo, un dato che, nell'articolo, è emarginato ad una chiosa finale. 

A venirmi incontro su come definire questo atteggiamento della stampa cartacea italiana è stato Daniele Manusia che, proprio oggi ha dedicato un articolo a riguardo su l'Ultimo Uomo.



Dopo questo viaggio all'interno del reazionarismo del giornalismo sportivo italiano e dopo averlo smontato pezzo per pezzo mi resta una sola critica alle nuove generazioni che operano nel calcio e che raccontano il calcio (includendo anche il sottoscritto), attenzione a non parlarci addosso ma piuttosto cerchiamo di divulgare questi nuovi concetti ad un pubblico il maggiormente ampio possibile, il calcio e la vita non sono una cosa semplice (a dispetto di ciò che pensa Allegri e/o il suo ghostwriter) ma la sua complessità va scomposta e resa fruibile a tutti, altrimenti diventa per pochi eletti (come, invece, Gianni Mura correttamente affermava nell'intervista di cui sopra, in relazione all'adanismo)

lunedì 13 gennaio 2020

Roma-Juventus, le pagelle



Il girone di andata della serie A si chiude con una delle partite più interessanti del campionato, ossia la sfida tra Roma e Juventus, due rivali storiche del nostro calcio e due squadre allenate dalle menti calcistiche più fini ed interessanti del nostro campionato, ossia Fonseca e Sarri.

Finisce 2-1 per la formazione bianconera che torna da Roma con il titolo di campione d'inverno e con la consapevolezza che con Rabiot e Ramsey al meglio le idee di Sarri possono decollare, restano tuttavia presenti delle riottosità nella squadra bianconera a mantenere un baricentro alto quando passa in vantaggio; per la Roma il 2020 inizia con due sconfitte consecutive interne che sporcano il cammino della squadra di Fonseca in questo girone d'andata, l'uscita bassa del pallone si è dimostrato il tallone d'Achille della formazione giallorossa oggi, ma ancora di più lo sono gli infortuni che oggi hanno tolto dalla contesa fino a fine stagione Niccolò Zaniolo.

LE FORMAZIONI

Fonseca propone il suo 4-2-3-1 che può essere considerato il suo undici migliore, con Perotti (in assenza di Kluivert) a completare la batteria di trequartisti alle spalle di Dzeko con Lorenzo Pellegrini e Niccolò Zaniolo. La Juventus risponde con lo stesso 11 capace di vincere e convincere (almeno nel secondo tempo) contro il Cagliari lunedì scorso, con Rabiot e Ramsey a completare il rombo di centrocampo assieme a Pjanic e Matuidi, in difesa ancora assente De Ligt, dunque ancora spazio a Demiral, in attacco Dybala e Cristiano Ronaldo.


LE PAGELLE


ROMA


PAU LOPEZ 6

Dopo 15' si trova a raccogliere due palloni dal fondo del sacco, qualche responsabilità sulla scelta di passare la palla a Veretout in occasione del rigore del 2-0, importante la sua parata su Ronaldo alla fine del primo tempo che tiene la sua squadra in partita; bene anche nel secondo tempo con un paio di uscite bassa negli ultimi minuti.



FLORENZI 6,5

Spinge molto a destra, prova a mettere in difficoltà l'asse Matuidi-Alex Sandro ma senza grandissimo successo, è quello che tocca più palloni per i suoi nel primo tempo; nelle fasi iniziali della partita fa fatica in fase difensiva a fare delle scelte sui movimenti ad uscire delle punte bianconere, nella ripresa spinge tantissimo sulla fascia destra e prende maggiore spazio da cui nasce l'azione che porta al rigore, non molla fino alla fine.



MANCINI 6

Commette il fallo da cui nasce la punizione del goal di Demiral, dietro fa fatica a contenere le incursioni centrali di Ramsey perché preoccupati dai movimenti verso l'esterno di CR7 e Dybala. Nel secondo tempo sale di tono e spegne qualsiasi cosa passi dalle sue parti, merito della migliore pressione esercitata dai suoi compagni davanti a lui, chiude la partita con 4 intercetti (migliore in campo in questa statistica) e nessun dribbling subito.



SMALLING 5,5

Ha colpe sul goal di Demiral, fatica a contenere le accelerazioni degli attaccanti bianconeri nel primo tempo, migliora nel corso della partita, ma per un difensore l'errore sul primo goal non può non essere considerato all'interno della prestazione collettiva.




KOLAROV 5

Serata pessima per il serbo che perde Demiral in occasione del goal che sblocca la partita, in fase di possesso non incide al suo solito e le esecuzioni hanno lasciato a desiderare, lo stop sbagliato su un cambio di gioco di Florenzi nelle fasi iniziali del secondo tempo riassumono la sua partita ampiamente insufficiente, ha anche dopo 81' la possibilità di pareggiare ma il suo colpo di testa finisce tra le braccia di Szczesny.



DIAWARA 6,5


Il migliore dei suoi nei momenti più difficili della partita nel primo tempo quando, con un paio di recuperi difensivi, ha sventato delle ripartenze della Juve potenzialmente letali, nel secondo tempo con la squadra che alza la propria pressione il suo apporto è meno appariscente ma è sempre al posto giusto anche se troppo scolastico in fase di possesso, chiude comunque con 59 passaggi completati su 62 (migliore in campo).


VERETOUT 5,5

La palla persa ed il conseguente fallo da rigore macchiano in maniera irrimediabile la sua partita. Cresce nel secondo tempo dove si rende utile alzando la pressione anche sui centrali difensivi della Juventus forzando diverse palle perse della Juventus.


DAL 66' CRISTANTE 6

Completa il lavoro del francese, tenendo alta la pressione sui centrocampisti della Juventus contribuendo alle difficoltà della squadra di Sarri nel tenere la palla nel secondo tempo (la Juve ha giocato ben 46 palle lunghe nel corso della partita, di cui 27 nel secondo tempo).

ZANIOLO 6

Prima del suo grave infortunio (in bocca al lupo!) è l'unico che nel primo tempo accende la luce per la Roma con le sue conduzioni palla al piede (2 dribbling su 2 riusciti), l'infortunio arriva al termine di una discesa in cui si è lasciato dietro tutto il centrocampo della Juventus, speriamo che l'infortunio non rallenti i suoi grandi progressi visti in questa stagione.

DAL 35' UNDER 6

Entra bene nella partita, mette in difficoltà nelle scelte Alex Sandro e Matuidi da quella parte, chiude la partita con 2 dribbling riusciti ed 1 passaggio chiave, molto utile col pallone tra i piedi nel creare spazio per Florenzi e le imbucate di Pellegrini tra Bonucci ed Alex Sandro. Infine dal suo colpo di testa arriva il rigore per la Roma.


PELLEGRINI 5,5

Meno brillante del solito in fase di rifinitura e di impostazione, spesso non trova la posizione giusta e, specie nel primo tempo perde i duelli con Rabiot, ha sulla coscienza il goal divorato nel primo tempo a porta vuota, chiude la partita con 4 conclusioni e 4 passaggi chiave effettuati ma anche 22 possessi di palla persi, numeri che testimoniano una partita confusionaria.

PEROTTI 5,5

Ha il merito di realizzare il rigore che rimette la Roma in partita, ma l'argentino in realtà punge raramente non ostante avesse la possibilità di puntare Cuadrado.

DALL' 82' KALINIC 5

Entra in campo per dare peso all'attacco, ancora poco utile, costringe Dzeko a stare alla larga dall'area di rigore nei minuti finali per evitare di pestarsi i piedi, inoltre appena entra si fa ammonire per una manata su Bonucci.

DZEKO 5,5

Sull'unica occasione che si è creato prende il palo e sul proseguimento rende possibile l'azione che porta al rigore per la Roma, negli anni precedenti in una serata così si sarebbe eclissato dal match, invece oggi ha dato tutto ed ha provato a sfidare la difesa della Juventus, ma De Ligt è riuscito a sovrastarlo.


JUVENTUS


SZCZESNY 6

Nei momenti difficili si rende utile con le sue uscite al limite dell'area piccola e la difesa della porta, unica pecca vista anche in altre partite, sono le respinte centrali sui cross bassi; su un intervento di questo tipo è arrivata l'occasione di Pellegrini nel primo tempo.

CUADRADO 6

Molto meglio in fase difensiva che offensiva (4 duelli su 5 vinti), nel primo tempo deve immolarsi prendendo un giallo per rimediare ad un'uscita in orizzontale di Pjanic intercettata da Perotti; nel secondo tempo perde tanti palloni, complice la pressione meglio organizzata della Roma; quando Sarri lo sposta esterno d'attacco nel 4-3-3 nell'ultimo quarto di partita non incide particolarmente in fase offensiva, anzi non permette alla sua squadra di alzare il baricentro con i suoi errori.

BONUCCI 6

Gara pulita del capitano della Juventus, tuttavia le letture non sono state sempre ottimali, spesso si faceva attrarre dagli inserimenti di Pellegrini lasciando spazio tra se e De Ligt, costringendo l'olandese a delle chiusure importanti.

DEMIRAL 6,5

Gioca pochi minuti ma sono quelli che gli bastano a trovare il goal che sblocca la partita; alla sua seconda sortita offensiva succede il patatrac al suo ginocchio la cui entità verrà valutata nei prossimi giorni.

DAL 19' DE LIGT 7

L'olandese ha risposto ai dubbi sul suo rendimento e sulle assenze nelle ultime settimane con una sontuosa prestazione difensiva (7 chiusure decisive in area di rigore) resa possibile anche dal suo dominio sulle palle alte unito alla grande quantità di cross effettuati dalla formazione giallorossa (46).

ALEX SANDRO 6,5

Decisamente più positivo del suo corrispondente sull'altra fascia, in fase di impostazione è il giocatore bianconero con più tocchi all'attivo (79, due tocchi in più di Cuadrado) ed è più preciso del colombiano; in fase difensiva la Roma sfrutta molto di più la fascia presidiata dal brasiliano che è sì reo del fallo da rigore ma vince 7 duelli su 9 e trova 4 tackle vincenti.

PJANIC 6,5

Chiude la partita con 53 passaggi completati (il migliore dei suoi e secondo solo a Diawara tra i 22 i campo), tuttavia non sempre il suo gioco ha permesso alla Juventus di guadagnare campo, anzi un paio di suoi palloni giocati con troppa sufficienza nella sua metà campo hanno rischiato di creare occasioni potenzialmente pericolose per la Roma e di questo implicitamente se ne è anche lamentato Sarri nelle interviste post-partita. In fase difensiva si è rivelato particolarmente utile a permettere alla linea difensiva di assorbire gli inserimenti di Pellegrini.


RABIOT 7

Primo tempo assolutamente sontuoso del giocatore francese, alla sua migliore prestazione in maglia bianconera. Il suo grande lavoro in fase di pressing nei minuti iniziali ha permesso alla Juventus di mettere in crisi i meccanismi di uscita della palla della Roma dalla propria metà campo, la sua giocata decisiva che gli da il mezzo voto in più è il salvataggio sulla linea sulla conclusione a porta vuota di Pellegrini; quando poi la Roma è riuscita a chiudere la Juve nella sua metà campo il francese è andato lentamente eclissandosi limitando il suo contributo alla fase difensiva.

MATUIDI 6,5

Tatticamente è ancora indispensabile per Sarri, la sua capacità di saper coprire un'ampia fetta di campo in larghezza gli permette di limitare le incursioni di Florenzi e Veretout nonché di aiutare Alex Sandro rendendo poco pericolosa la catena di destra della Roma; in fase di possesso chiude la partita con 3 dribbling effettuati e 2 passaggi chiave, mostrandosi come la chiave per Maurizio Sarri per riuscire a portare la palla nella metà campo avversaria.

RAMSEY 6,5

Il suo primo tempo ha mostrato quanto le sue qualità tecniche e le sue qualità di inserimento lo rendono particolarmente efficace e godibile il rombo di centrocampo creato da Sarri per questa sua avventura juventina; il suo lavoro di pressing nelle fasi iniziali del primo tempo alternandosi con Dybala sui centrali e sull'uomo davanti alla difesa, in fase offensiva le sue corse in mezzo ai centrali difensivi impegnati dai movimenti ad allargarsi di Ronaldo e Dybala hanno creato lo scompiglio; come tutta la Juve dopo il 2-0 si mette in modalità gestione e non incide più di tanto sulla partita.

DAL 69' DANILO 6

Entra per permettere a Cuadrado di alzarsi per creare il 4-3-3, al suo ingresso perde un pallone in uscita e fa confusione, poi trova pulizia nelle giocate difensive (2 anticipi effettuati) che permettono alla sua squadra di non rischiare più di tanto nei minuti finali.

RONALDO 6

Realizza il rigore del 2-0, anche lui si muove bene nei primi 20' della Juventus poi anche lui si eclissa; nella ripresa si rende utile anche in un paio di chiusure difensive, nel finale potrebbe chiudere la partita anzitempo ma prima spreca il goal del 3-1 solo davanti a Pau Lopez, poi in 2 contro 1 contro Smalling sbaglia il tempo del passaggio per Higuain servendolo in fuorigioco.

DYBALA 6,5

Interviene nei due goal della Juventus, sul primo è lui a calciare la punizione che porta al goal di Demiral, nel secondo goal il suo merito è ancora più evidente rubando a Veretour il pallone al limite dell'area della Roma che costringe il francese a fare fallo da rigore, Sarri lo sacrifica per il cambio di modulo nei minuti finali.

DAL 69' HIGUAIN 6

Realizza anche il goal del 3-1 ma Ronaldo lo serve con un piede in posizione irregolare, per il resto fa quello che può per costringere la Roma a tornare indietro e perdere supremazia territoriale.

mercoledì 1 gennaio 2020

Manchester City - Everton, le pagelle

Pep Guardiola e Carlo Ancelotti si ritrovano a distanza di 5 anni e mezzo da quella doppia semifinale di Champions League in cui il Real Madrid dell'allenatore italiano strapaazzò il Bayern di Guardiola campione uscente della competizione con un eloquente 4-0 sul campo dell'Allianz Arena.
Oggi siedono sulle panchine di Manchester City ed Everton e tornano ad affrontarsi a duello in una sfida in cui il City ha bisogno di ritrovare una continuità di risultati e la convinzione nei propri mezzi in vista della scalata alla Champions League che ricomincia a febbraio mentre l'Everton vuole continuare la propria striscia positiva seguita all'esonero di Marco Silva.

Finisce 2-1 per il City che, dopo 20 minuti balbettanti, prende in mano le operazioni e prende possesso della partita; l'Everton tiene botta nei primi 45', nella ripresa Guardiola fa la prima mossa avvicinando Foden e Mahrez a Gabriel Jesus, è la mossa vincente perché spezza le linee della squadra di Ancelotti e trova le due reti che decidono la partita; Ancelotti risponde riproponendo il 4-4-2 delle ultime partite, arriva il goal di Richarlison che riapre la partita ma non basta ai Toffees per evitare la prima sconfitta posto Marco Silva.

LE FORMAZIONI

Totale turnover per Guardiola, costretto a cambiare interpreti e schieramento a causa dei tanti impegni ravvicinati di questo periodo ed anche della lunga lista di infortunati, specie in difesa dove deve inventare una linea a tre con Rodri, Fernandinho ed Eric Garcìa. Ancelotti ha perso Bernard durante le fasi di riscaldamento e per sfidare Guardiola modifica l'impianto tattico della sua squadra così come lo aveva ereditato dalla gestione del caretaker Ferguson, abbandonando il 4-4-2 per un 3-5-2 che si trasforma in 5-3-2 in fase di non possesso ed un 3-1-4-2 in fase di possesso.

LE PAGELLE


MANCHESTER CITY


CLAUDIO BRAVO 5

Deve sostituire ancora una volta Ederson (quarta presenza in questa stagione per lui); si fa trovare pronto nei primi minuti quando Coleman ha cercato di scavalcarlo. Nel secondo tempo commette un grave errore in impostazione da cui nasce il goal del 2-1 dell'Everton.

RODRI 6

Le assenza in difesa lo costringono a giocare da centrale difensivo di destra dove cerca di distribuire il gioco, tuttavia si limita a giocare corto e fa fatica a connettersi con Cancelo e Mahrez dal suo lato; in fase difensiva mostra qualche difficoltà nel coprire lo spazio alle sue spalle (Richarlison gli sbuca dietro nell'azione del goal dell'Everton) ma cerca di cavarsela in qualche modo anche grazie ad un maggiore aiuto di Cancelo nelle fasi cruciali della partita.


FERNANDINHO 6,5

E' il perno centrale della linea a 3 del City, rispetto ai suoi due compagni di linea cerca anche la giocata più complessa, un paio di cambi di gioco su Mendy hanno dato il via alle azioni più pericolose del City nel primo tempo. Sontuosa la sua chiusura su Richarlison all'ora di gioco, ma è tutta la sua partita in copertura dei suoi compagni di linea ad impreziosire la sua partita e la sua stagione.


ERIC GARCIA 6,5

Seconda partita consecutiva da titolare per lui (27' per lui in Premier prima del suo ingresso a Wolverhampton); è il centrale mancino di cui Guardiola ha bisogno per dare fluidità alla manovra, in più mostra anche discreta aggressività nel cercare gli anticipi alti pur avendo un cliente tosto come Richarlison che lo fa soffrire in qualche duello. Nel secondo tempo con l'Everton più aggressivo se la cava benissimo nelle coperture su Calvert-Lewin, chiude la partita con 96 passaggi completati (migliore in campo)


CANCELO 6

Sembra ancora un corpo estraneo in questo City, per questo i rumors che lo vedono di ritorno a Valencia si fanno insistenti; la difesa a tre gli permette di essere esentato da alcuni compiti difensivi, a livello tattico si rende utile quando si accentra lasciando spazio a Mahrez per ricevere il pallone sull'esterno, da una loro combinazione nasce l'azione bellissima che ha portato al goal poi annullato a Foden, nella ripresa un suo cross libera Gabriel Jesus sul 2-1 ma il brasiliano trova i guanti di Pickford


GUNDOGAN 7

Padrone in mezzo al campo, punto di riferimento per i compagni, gioca tanti palloni (115 palloni toccati, migliore in campo in questa statistica), distribuisce e detta i tempi del gioco, chiude la partita con 93 passaggi effettuati ma soprattutto con la verticalizzazione con cui lancia in rete Gabriel Jesus per il goal che sblocca la partita, anche per lui qualche sofferenza nel finale.


DE BRUYNE 6

Si sdoppia tra compiti di impostazione a supporto di Gundogan e di rifinitura a supporto di Foden e Mahrez, ma la differenza la fa quando riesce con le sue conduzioni devastanti palla al piede, tuttavia contro la fisicità di Davies e Delph il suo apporto su questo fondamentale viene limitato; sul secondo goal del City con un passaggio in avanti manda in tilt le linee di pressione della squadra di Ancelotti, insomma anche quando non spacca le partite la sua presenza sa essere sempre decisiva ed indispensabile per Guardiola.


MENDY 6,5

Le sue volate sulla sinistra danno l'ampiezza necessaria alla manovra del City per essere pericolosa negli ultimi 30 metri, non è un caso che chiude la partita con 3 passaggi chiave (migliore dei suoi assieme a Mahrez), inoltre stravince il duello con il suo ex compagno al Monaco Sidibè. Cala nelle fasi finali della partita complice l'ingresso in campo di Walcott che lo attacca spesso.


FODEN 6,5

Soffre evidentemente nei duelli con i centrocampisti dell'Everton molto più dotati di lui a livello fisico, nel secondo tempo Guardiola lo sposta più avanti tra le linee dove la sua tecnica e quella di Mahrez diventano il chiavistello per il City per aprire la cassaforte costruita da Ancelotti nelle zone centrali del campo, la sua combinazione stretta con Mahrez sul secondo goal di Gabriel Jesus è la giocata che nobilita la sua partita.

Dall' 83' DAVID SILVA s.v. 

Entra e raccoglie gli stessi compiti di Foden, pochi i minuti concessi per avere un ruolo in questa partita.

MAHREZ 6,5

Assieme a Foden ha il compito di rifinire la manovra, lui ci mette tutta la qualità di cui dispone; nel primo tempo rimane quasi sempre largo cercando di combinare con Cancelo, tuttavia il City produce di più sulla sinistra; nella ripresa, come per Foden, Guardiola lo sposta al centro dove svaria e si associa con Foden e De Bruyne; l'assist per il secondo goal di Gabriel Jesus è la sua firma sulla partita.

Dal 92' STERLING s.v.


GABRIEL JESUS 7,5

Il ruolo di un attaccante è quello di fare goal, il brasiliano realizza la doppietta che decide il match ma non solo, colpisce anche un palo, nel primo tempo ha le migliori occasioni per la sua squadra ma non le converte in rete, chiude il match con 8 conclusioni a rete; Gabriel Jesus oggi è stato l'attaccante del Manchester City, ossia il finalizzatore della struttura di gioco di Guardiola.

EVERTON


PICKFORD 6,5

Sarebbe stato un inizio di anno complicato per il portiere della nazionale inglese, subisce 16 tiri, 2 ne deve raccogliere dal fondo del sacco ma esce dall'Etihad con 5 parate che gli permettono di conservare il ruolo di miglior portiere inglese in circolazione.


COLEMAN 6

Bravo nei primi minuti a reggere fisicamente una discesa di De Bruyne che altrimenti lo avrebbe portato in porta con il pallone; con il pallone tra i piedi permette ai suoi di allentare la pressione del City con le sue conduzioni, quando poi il City schiaccia l'Everton indietro fa maggiore fatica a contenere, dopo il 2-0 Ancelotti lo sacrifica per modificare tatticamente la squadra.

Dal 60' WALCOTT 6

Entra bene in partita, con il suo ingresso in campo l'Everton diventa pericoloso anche a destra, suo il passaggio decisivo per il goal di Richarlison, ma soprattuto costringe Mendy ad abbassarsi e permettere a Sidibè di prendere più campo.


MINA 6

La sua fisicità lo rende imbattibile sulle palle alte, sui movimenti a mezzaluna di Gabriel Jesus mostra i sui limiti sugli spostamenti laterali, una difficoltà che è costata il primo goal del City, ma non lo si può certo considerare un errore a tutti gli effetti per il colombiano su cui Ancelotti cercherà sicuramente di costruire le fortune difensive della sua squadra.


HOLGATE 6

Giocatore che può disimpegnarsi sia al centro della difesa che a centrocampo; Ancelotti lo schiera come centrale di sinistra, nessuna sbavatura per lui, la giusta dose di agonismo, di fatto il City non riesce mai ad andare al tiro dal suo lato dove, tra l'altro, il City ha girato quasi sempre al largo.


SIDIBE 5,5

Nelle prime due partite sotto la guida di Ancelotti ha trovato due assist decisivi per Calvert-Lewin, è uno dei giocatori che ha tratto giovamento dalla fine del regno di Marco Silva a Goodison Park; oggi, invece, l'ex giocatore del Monaco è andato in difficoltà contro Mendy, il suo ex compagno nel Principato, e tutta la catena di sinistra del City da cui sono nati i maggiori pericoli per la sua squadra; l'ingresso di Walcott gli permette di prendere campo ma non riesce a trovare la spinta sulla destra che aveva fatto le fortune dell'Everton nelle ultime settimane.


DELPH 6

Ancelotti lo sistema come centrale dei tre di centrocampo con il compito di pivote in fase di impostazione; i suoi trascorsi con Guardiola negli ultimi 3 anni gli hanno permesso anche di migliorare in alcuni fondamentali tecnici e non se l'è cavata male con questi compiti, ma è in fase di aggressione che l'ex Aston Villa si mostra maggiormente a proprio agio spalleggiato da Davies; non ostante la difficoltà dell'avversario non ne esce male.

DAVIES 6,5 


Grande lottatore in mezzo al campo, vince diversi contrasti, mette la gamba sempre e cerca di chiudere le linee di passaggio verso la trequarti (3 palloni intercettati, il migliore dei suoi), se il Manchester City, pur dominando, non ha esondato, è anche merito del suo grande lavoro.


SIGURDSSON 6

Messo da Ancelotti in una posizione di raccordo tra centrocampo ed attacco, parte bene regalando un assist delizioso a Coleman nei primi minuti di partita; man mano che il City prendeva il controllo della partita l'islandese si è potuto rendere utile solamente con il suo lavoro di densità a centrocampo (2 palloni intercettati) mentre non ha potuto incidere in fase di possesso. Dopo il goal del raddoppio del City, Ancelotti lo sacrifica per inserire la seconda punta.

Dal 66' KEAN 6

Non entra male in partita, è lui ad aprire il gioco per Walcott in occasione del goal di Richarlison, porta a casa anche due dribbling ed ha sul destro anche l'opportunità del pareggio ma ancora una volta non trova la porta; Ancelotti sembra voler lavorare per alzargli il minutaggio e fargli ritrovare la via della rete, a mio parere la coppia con Calvert-Lewin può funzionare. 


DIGNE 6

Giocatore dal grande impatto in fase di possesso per l'Everton, oggi la gara di trincea della sua squadra non gli ha permesso di farsi valere nella metà campo avversaria, tuttavia si è ben destreggiato in fase difensiva; di particolare menzione la diagonale con cui nelle battute finali del primo tempo ha tolto dalla testa di Mahrez un pallone dalla sinistra che l'algerino avrebbe potuto trasformare in rete senza troppi patemi.


RICHARLISON 6,5

Realizza il goal che riapre la partita; il brasiliano era il giocatore che Marco Silva ha voluto non appena si è seduto sulla panchina dell'Everton, per cui la partenza del tecnico portoghese poteva essere un pericolo per la centralità del brasiliano nel progetto tecnico dei Toffees, ed invece il brasiliano è elemento a cui sia Ferguson che Ancelotti hanno dato carta bianca grazie anche alla sua capacità di coprire qualsiasi ruolo sul fronte d'attacco; oggi oltre al goal si è dato da fare quando c'era da lottare sui palloni lunghi (3 duelli aerei vinti su 7).


CALVERT-LEWIN 5

E' il giocatore-simbolo del nuovo corso dell'Everton post-Silva; sia Ferguson che Ancelotti lo hanno designato come l'uomo di riferimento per rilanciare l'azione nella metà campo avversario grazie alle sue doti nel gioco aereo e come target per i cross degli esterni quando l'azione non può essere chiusa per vie centrali; dall'esonero di Silva ha messo a segno 5 reti di cui 3 realizzati sotto la gestione Ancelotti, oggi non è riuscito a trovare la via della porta ma ha dato come al solito il suo contributo sulle palle alte (6 duelli aerei su 11 vinti).

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