giovedì 30 dicembre 2021

Il Liverpool sembra un po' più fragile


Per la Premier League questo è un periodo ricco di partite, un periodo poco amato dagli allenatori, costretti a fare i salti mortali per schierare una formazione all'altezza ogni 48 ore; soprattutto quelli stranieri, non particolarmente legati alle usanze del Regno Unito, faticano a gestire questo periodo della stagione, e Jurgen Klopp sta mostrando di non digerire al meglio questa fase della stagione, in cui il Liverpool è scivolato a -9 dal Manchester City con una gara da recuperare.

Martedì sera per i Reds è arrivata una sconfitta sul campo del Leicester, reduce dal 6-3 subito proprio dalla squadra di Guardiola nel Boxing Day, che in totale emergenza difensiva è riuscita a tenere inviolata la propria porta. Il Liverpool ha creato diverse occasioni ma senza trovare la via della rete, mentre il Leicester seppur soffrendo, è riuscito ad attivare bene i propri meccanismi in contropiede, trovando grazie ad esso il goal che è valso un'insperata vittoria.

Il dato degli xG, del possesso palla e delle conclusioni ci raccontano di una partita che in altre circostanze il Liverpool avrebbe potuto vincere tranquillamente, tuttavia qualche difficoltà la squadra di Klopp l'ha dimostrata, ben ingabbiata dallo schieramento della formazione di Rodgers che ha rinunciato ad ogni tipo di pressione sul possesso del Liverpool (18,57 il dato del PPDA della formazione di Rodgers) puntando, invece, su un indirizzamento del gioco avversario verso le zone esterne del campo dove poter isolare i giocatori del Liverpool, per poi cercare di partire in contropiede.


LE FORMAZIONI INIZIALI

Vedendo la formazione del Leicester è abbastanza semplice rendersi conto della situazione di emergenza delle Foxes nel reparto difensivo: tutti i difensori centrali erano fuori uso e per questa ragione la coppia al centro della difesa era formata da Ndidi ed Amartey, due mediani, davanti a loro Rodgers ha inserito altri due mediani come Choudhury e Soumarè, il tutto in un 4-3-1-2 dove Maddison agisce da trequartista alle spalle delle punte Vardy e Iheanacho.



Dall'altra parte Klopp ha dovuto rinunciare al solo Robertson, sostituito da Tsimikas; a centrocampo sono Henderson e Oxlade-Chamberlain ad affiancare Fabinho, mentre in avanti non si tocca il tridente Salah-Jota-Manè.

LA STRATEGIA DIFENSIVA DEL LEICESTER


Il 4-3-1-2 con cui il Leicester si è schierato in campo aveva obiettivi molto chiari in fase di non possesso: il Liverpool è una della squadre più difficili da limitare in fase di sviluppo, visti i continui movimenti dei terzini, delle mezzali e dei tre d'attacco atti a disordinare le difese avversarie sfruttando l'intera larghezza del campo e gli spazi tra le linee.

Per ovviare a questa situazione, Rodgers ha istruito la linea difensiva a muoversi in modo da avere sempre sotto controllo i tre attaccanti del Liverpool, lasciando a Choudoury e Dewsbury-Hall il doppio compito di scalare sul terzino o sulla mezzala. Come si evince dall'esempio Castagne e Thomas seguono Salah e Manè, mentre vediamo il meccanismo di scalate dei centrocampisti in base al posizionamento della palla: qui Dewsbury-Hall va a prendere Alexander-Arnold mentre Soumarè scala su Henderson, inoltre possiamo anche notare Maddison che segue le tracce di Fabinho. Con questo schieramento il Leicester ha molto rallentato il gioco dei Reds che hanno avuto difficoltà ad innescare il tridente offensivo.

L'altra mossa dell'allenatore del Leicester è stata quella di indirizzare il gioco del Liverpool, non permettendo alla squadra di Klopp di muoversi per vie centrali in costruzione, una situazione che avrebbe permesso ai terzini di prendere immediatamente campo mentre come si evince dall'esempio la costruzione deve essere portata sull'esterno: le linee di pressione molto basse si limitano ad occludere gli spazi centrali, il Liverpool deve andare sull'esterno per proseguire l'impostazione dell'azione facendo scattare la trappola preparata dal predecessore di Klopp sulla panchina di Anfield.

La trappola consiste nel muovere lo schieramento della squadra in zona palla andando a schiacciare il triangolo di sviluppo esterno formato da Tsimikas, Manè e Oxlade-Chamberlain verso la linea laterale, costringendo gli avversari a tornare indietro per cercare di ricostruire il gioco. Non è un caso che, come vedremo più avanti. per cercare di costruire azioni da rete mediante la propria manovra Klopp abbia dovuto rinunciare al 4-3-3 per permettersi una costruzione di gioco in grado di trovare l'uomo alle spalle delle linee di pressione avversarie.


HENDERSON L'ARMA OFFENSIVA DEL LIVERPOOL


La grande attenzione mostrata da parte della linea difensiva del Leicester nei confronti del tridente offensivo del Liverpool ha reso da una parte poco pericolosi i tre attaccanti, ma dall'altra ha portato la creazione di spazi per gli inserimenti delle mezzali. Il giocatore che più di tutti si è reso pericoloso utilizzando le sue doti di corsa senza la palla è stato Jordan Henderson.

Ecco un esempio di come l'ex giocatore del Southampton si è reso pericoloso: sfruttando l'orientamento sulla palla delle linee difensive del Leicester, cercava di sfruttare lo spazio tra centrale difensivo e terzino creato dal movimento ad allargarsi di uno dei tre attaccanti (nella fattispecie Jota) per sfruttare quello spazio e mettere in crisi lo schieramento difensivo del Leicester. In questo esempio il pallone terminerà sui piedi di Jota che però non troverà modo di concludere a rete da posizione favorevole.

L'unico modo che aveva la squadra di Klopp per generare pericoli era quello di sfruttare le debolezza intrinseca di un 4-3-1-2, ossia la difficoltà a gestire i cambi di gioco: frequentemente il pallone è passato da lato di Tsimikas a quello di Alexander-Arnold allo scopo di aprire la scatola dello schieramento difensivo. In questo esempio, con il Leicester portato dentro la propria area di rigore, le zone esterne sono lasciate libere, per cui sul cambio di lato tocca a Dewsbury-Hall uscire liberando spazio per l'inserimento di Henderson. Anche in questo caso arriverà un'occasione per Salah da posizione defilata parata da Schmeichel. 

Inoltre, dove il Liverpool non riusciva a creare su azione manovrata, provava a farlo nel gioco da fermo, soprattutto creando situazioni di pericolo dagli sviluppi di rimessa laterale in zona d'attacco: proprio da questo tipo di situazione è stato propiziato il calcio di rigore poi fallito da Salah. A procurarselo è stato proprio Henderson con un'altra incursione all'interno dell'area di rigore avversaria. Il rigore sbagliato unitamente alla successiva ribattuta ha influenzato in gran parte il dato degli xG, ma soprattutto non ha permesso al Liverpool di portare la partita sui binari preferiti, ossia un avversario che deve alzare il baricentro che si espone quindi alla verticalità del gioco dei Reds.

IL GIOCO DI TRANSIZIONE DEL LEICESTER


Per la squadra di Rodgers il piano partita non poteva essere oggetto di scelta libera, sia a causa delle tante assenze, sia a causa della forza dell'avversario che mai e poi mai avrebbe concesso al suo ex allenatore di risalire il campo mediante il palleggio. Per questo motivo la scelta del tecnico nordirlandese è andata su un gioco diretto e di transizioni.

D'altronde riuscire a giocare da dietro era un'impresa a dir poco complicata per il Leicester. In questo esempio si nota chiaramente il sistema di prima pressione creato da Klopp che rendeva assai complicato il palleggio da dietro. Per questo motivo la soluzione migliore era comunque quella di costruire con 6 uomini (i 4 di difesa più Choudhury e Soumarè) allo scopo di attirare la pressione dei giocatori del Liverpool e cercare in profondità i movimenti di Maddison e delle due punte. Le statistiche ci vengono in soccorso contando ben 14 rinvii lunghi di Schmeichel al cospetto dei 7 di media effettuati in ogni match, a dimostrazione che la pressione del Liverpool ha costretto Rodgers ad adattare il piano gara.

In questo esempio vediamo come viene messa in pratica la transizione offensiva: su una palla recuperata a centrocampo è uno dei tre elementi offensivi a proporre il primo smarcamento preventivo (nel caso di specie Iheanacho) mentre gli altri due vanno subito in profondità portandosi via la linea difensiva del Liverpool. Questa scelta ha creato i presupposti per la creazione di alcune situazioni potenzialmente pericolose, tuttavia non sono state convertite in pulite occasioni di rete poiché, come visto in precedenza, Alexander-Arnold e Tsimikas non si alzavano subito in costruzione, questo permetteva loro di poter assistere la linea difensiva in caso di transizione e non lasciare in inferiorità numerica i propri compagni; nel secondo tempo, con i due terzini alzati in fase di costruzione (come stiamo per vedere), le transizioni del Leicester riusciranno a far male alla difesa del Liverpool.

LE MOSSE CHE HANNO CAMBIATO LA PARTITA


Come detto in precedenza, il Leicester ha saputo trovare il modo per rendere complicato l'accesso all'area di rigore da parte del Liverpool grazie alla capacità di chiudere ogni spazio centrale chiudendo i portatori di palla verso la linea laterale. Per ovviare a questa situazione Klopp ha cercato di cambiare lo spartito mettendo in campo Keita al posto di Oxlade-Chamberlain, mettendo da parte il 4-3-3 per avere più presenza al centro.

Come si evince da questo esempio lo schieramento si trasforma in un 4-2-2-2 con due attaccanti che bloccano la linea difensiva, due giocatori che si muovono tra le linee mentre Keita si abbassa in costruzione. I due terzini danno ampiezza allo scopo di aprire la linea di centrocampo del Leicester, passata a 5 con l'ingresso in campo di Lookman e Maddison spostato sulla destra. Attirando la pressione dei centrocampisti con i costruttori il Liverpool riesce finalmente a trovare i giocatori liberi tra le linee togliendo, inoltre, riferimenti alla linea difensiva avversaria. Da questo tipo di situazione nascerà la migliore occasione del secondo tempo per il Liverpool che, però, Manè non riuscirà a convertire in rete.

Il passaggio al 4-5-1 sembrava, al contrario, una mossa suicida di Rodgers, non più in grado di mandare il Liverpool sull'esterno in quanto le due linee si facevano facilmente manipolare. Tuttavia l'ingresso di Tielemans alzando il livello tecnico del centrocampo ha aperto nuove opportunità di gestire meglio il gioco di transizione una volta recuperata palla.

La qualità del belga nel difendere il pallone lo rende un giocatore di difficile replicabilità per qualsiasi squadra, tanto più per il Leicester, per cui qui si può notare come da solo sia stato in grado di eludere una immediata riaggressione del Liverpool dopo una palla recuperata al limite dell'area di rigore con un altro attacco impostato nel modo descritto sopra. L'altra chiave sta nella posizione di Lookman inserito per sfruttare il punto debole del gioco di Klopp: lo spazio che i due terzini lasciano alle spalle in fase di transizione. Da una situazione molto simile a quella dell'esempio è nata l'azione con cui l'ex giocatore dell'Everton ha sbloccato la partita regalando la vittoria alla sua squadra.

Quindi i cambi hanno permesso da una parte al Liverpool di trovare modo di avanzare centralmente ed aggirare le trappole di Rodgers, ma dall'altra parte ha esposto i Reds ai contropiedi del Leicester, resi possibili dal posizionamento di Lookman. La partita tatticamente si è decisa qui, con le Foxes che hanno trovato modo di massimizzare i vantaggi del nuovo schieramento tattico al contrario di quanto fatto da Salah e compagni.

giovedì 16 dicembre 2021

La fluidità in salsa olandese di Ajax e AZ Alkmaar


Che il 4-3-3 sia il mantra del calcio olandese non lo scopriamo certo oggi, ma a differenza di quanto visto con le varianti di Zeman, Vincenzo Italiano e Steven Gerrard (senza contare quella di Jurgen Klopp) quanto proposto da Ajax ed AZ Alkmaar nella sfida di domenica, mostra chiaramente quanto Erik Ten Hag e Pascal Jensen lo declinino lasciando grande libertà di movimento ai propri calciatori e studiando accorgimenti al fine di limitare il 4-3-3 avversario fino a renderlo estremamente fluido.

La partita è terminata con la vittoria della squadra di Alkmaar per 2-1 che ha portato come conseguenza l'accorciamento della classifica della Eredivisie adesso comandata dal PSV Eindhoven, non male per il campionato la cui unica rappresentante in Champions ha chiuso la fase a gironi a punteggio pieno e che, invece, non riesce a fare il vuoto in campionato: un buon segnale di salute per la massima divisione olandese.

LE FORMAZIONI INIZIALI

Una cosa che emerge in maniera netta alla lettura delle formazioni iniziali sta nell'età media delle due squadre con i lancieri in campo con 4 giocatori nati dopo il 2000 e l'AZ il cui Jordy Clasie nato nel 1991 era il giocatore più anziano a disposizione di Pascal Jansen.


Mentre il 4-3-3 dell'Ajax è ben riconoscibile nello schieramento iniziale, quello dell'AZ viene indicato in grafica come un 3-5-2 ma vedremo bene come le caratteristiche dei giocatori e la necessità di modellare lo schieramento nelle varie fasi di gioco porti la squadra a schierarsi in diversi modi sul terreno di gioco.


GLI SCHIERAMENTI IN POSSESSO DELLE DUE SQUADRE

A dimostrazione del fatto che parlare di moduli di gioco è un esercizio aleatorio, basta vedere come le due squadre modifichino il proprio schieramento in fase di costruzione per rendersi conto come entrambe ricercassero l'obiettivo di coprire al meglio il campo in ampiezza ed avere superiorità numerica in fase di uscita del pallone.

Lo schieramento dell'Ajax in fase di costruzione vedeva la posizione asimmetrica dei due terzini, con Blind che andava a posizionarsi largo a sinistra in avanti, mentre Rensch restava basso assieme ai due centrali difensivi: se il numero 15 dell'Ajax si staccava, toccava ad Alvarez abbassarsi in linea con i centrali difensivi per garantire la presenza di tre uomini allo scopo di mantenere la superiorità numerica contro i due attaccanti dell'AZ in prima pressione. L'ampiezza a destra invece era data da Antony, il cui duello con Wijndal sarà una della chiavi della partita.

Anche l'AZ seguiva la stessa logica in fase di prima costruzione: la prima linea è composta dai due centrali difensivi più il terzino destro Witry, questo spiega la scelta di Jansen di schierare Sugawara in una posizione di ala, questo perché il giapponese classe 2000 aveva il compito di fornire l'ampiezza a destra mentre sul lato opposto agiva il terzino sinistro Wijndal. La seconda linea di costruzione era composta generalmente da Clasie e Midtsjo con De Wit che, invece, si staccava alle spalle delle linee di pressione dell'Ajax e collegarsi con le punte Pavlidis e Karlsson. Il fatto che il giocatore svedese sia stato utilizzato in questa posizione da seconda punta anziché da esterno sinistro del tridente è una chiara dimostrazione di come il tecnico dell'AZ abbia decisamente rimodulato il proprio 4-3-3 in un 3-2/3-2 in fase di possesso.

Le posizioni medie dell'Ajax mostrano chiaramente la posizione di Blind più alta rispetto a quella di Rentsch e la centralità di Antony e Tadic nel cercare di sviluppare la manovra. Altro elemento identitario della formazione di Amsterdam e che si evince dalla mappa è il baricentro alto della squadra, acuito ulteriormente dalla necessità di dover portare dalla propria parte l'inerzia del match sempre rimasta dalla parte dell'AZ. A differenza di quanto fatto dalla squadra ospite con il proprio centravanti Pavlidis, Haller è stato poco coinvolto nel possesso palla della squadra di Ten Hag: i suoi movimenti a venire incontro per giocare a muro con i centrocampisti avrebbero permesso alla squadra di rompere le linee difensive avversarie, cosa raramente accaduta nel corso della partita.

Dall'altra parte vediamo come la squadra di Jansen sia stata costretta a dover giocare una gara di trincea per lunghi tratti della partita. A livello di posizioni si può notare come la squadra in fase di possesso tenesse Sugawara e Wijndal a dare ampiezza e spettasse a loro anche il compito di legare la fase di costruzione con quella di sviluppo; ma soprattutto si può evincere quante volte la squadra si sia appoggiata sul centravanti Pavlidis per risalire il campo. I suoi duelli con i centrali dell'Ajax hanno spesso dettato alcuni momenti chiave della partita, tra cui il goal con cui il greco ha sbloccato la partita proprio su un'azione originata da un pallone da lui ripulito dopo un disimpegno dei propri compagni di squadra.

L'ORGANIZZAZIONE DELL'AZ IN FASE DI NON POSSESSO


Il dato del possesso palla a fine partita è stato abbastanza chiaro: l'Ajax ha chiuso il match con il 65% di possesso a proprio favore contro il 35% dell'AZ, per questo motivo la partita si è giocata principalmente su come la squadra ospite fosse in grado di rendere sterile il possesso avversario e massimizzare al meglio il proprio.

Anche nella progressione del dato nel corso della partita il pallone è sempre stato prevalentemente giocato dalla formazione ajacide, tuttavia, specie nel primo tempo, la squadra della Frisia ha cercato a tratti di sfruttare la grande qualità a propria disposizione per alleggerire la supremazia avversaria, e va detto che l'obiettivo è stato raggiunto, visto che la prima azione pulita costruita dall'Ajax è arrivata nei secondi iniziali del secondo tempo grazie ad una conclusione di Berghuis su suggerimento di Haller (proprio quel movimento che spesso è mancato nella partita della squadra di Ten Hag).



Questo sta a significare che l'organizzazione difensiva della squadra di Jansen è stata ottimale e ben preparata dal tecnico dell'AZ, il tutto grazie ad una strategia mista tra difesa posizionale e marcature a uomo.

Il primo elemento costante della fase difensiva della squadra di Alkmaar sta nella marcatura quasi a uomo di Wijndal su Antony: come si evince dall'esempio e come abbiamo avuto modo di vedere prima nel descrivere lo schieramento dell'Ajax in fase di possesso, il giocatore brasiliano era l'elemento deputato a dare ampiezza alla manovra della squadra per poi sfruttare le sue infinite qualità tecniche e nell'uno contro uno per generare situazioni di pericolo; vista la centralità del giocatore brasiliano nel sistema di gioco dei campioni d'Olanda, Jansen ha pensato bene di permettere al suo terzino sinistro di occuparsi solamente di lui staccandosi dalla linea difensiva sia su palla laterale che su attacco centrale. Decisivo a questo punto è stato il compito di De Wit che andava a coprire lo spazio che si creava tra terzino e centrale difensivo, assorbendo quindi l'inserimento del giocatore dell'Ajax di turno che andava ad attaccare quello spazio (in questo esempio è addirittura Timber a cercare l'inserimento in quella zona.

Il dato relativo ai duelli difensivi vinti dal terzino sinistro e capitano dell'AZ provano la bontà della scelta strategica dell'allenatore erede di Slot; la grafica, inoltre, ci mostra la grandissima partita anche di Midtsjo e Clasie nel negare gli inserimenti a Gravenberch e Tadic. Per un sistema offensivo così tecnico e basato sulle abilità negli uno contro uno come quello dell'Ajax, trovare una squadra con una strategia difensiva così ben preparata è stato davvero difficile generare pericoli per la porta di Vindhal. Il dato dei 3xG creati dalla squadra di Ten Hag alla fine della partita è frutto di 19 conclusioni la gran parte arrivate nell'arrembaggio finale (e per questo motivo il risultato finale è senz'altro bugiardo) ma soprattutto con una distanza media delle conclusioni di 18,41 metri dalla porta, poco meno di 3 metri in più rispetto alla media delle conclusioni effettuate in stagione dai prossimi avversari del Benfica negli ottavi di Champions League. Sono piccole statistiche che mostrano quanto comunque l'AZ sia stato in grado di limitare una squadra che spesso abbiamo visto arrivare al tiro con facilità irrisoria in questa stagione.

Secondo elemento di riferimento per capire la fase di difesa posizionale della squadra ospite, sta nella trasformazione del modulo di gioco in un 4-4-2 o 4-4-1-1 quando l'Ajax portava il gioco nella metà campo avversaria. Dall'esempio si possono notare le due linee da 4 ed allo stesso tempo si può notare ancora una volta le posizioni di Wijndal e De Wit, gli estremi mancini delle due linee che però adattano la propria posizione rispetto ai movimenti rispettivamente di Antony e dell'incursore dell'Ajax nel mezzo spazio sinistro (che, come abbiamo potuto vedere prima è un compito che poteva essere svolto da Berghuis ma anche mediante l'inserimento di un terzino o di un centrale difensivo, il tutto in nome della fluidità posizionale). In questo modo si può notare come la zona tra le linee sia ben serrata e gli inserimenti in profondità siano ben tracciati.

SI E' GIOCATO TUTTO SULLA PRESSIONE ALTA DELL'AJAX


Un aspetto che non è negoziabile nel sistema di gioco della squadra di Ten Hag è certamente quello di tentare di recuperare il pallone quanto più in alto possibile sul campo, un elemento reso strategicamente ancora più importante quando l'avversario cerca di non concederti spazi, come accaduto nella partita di domenica.

Per questo motivo l'utilizzo dei meccanismi di riconquista palla sono stati parecchio pronunciati, proprio perché la pressione esercitata ha costretto l'AZ ad abbassarsi, per cui riconquistare subito i palloni in zone alte del campo si è rivelato fondamentale per mettere sotto pressione la formazione di Jansen. Questo è il sistema della squadra di casa in fase di prima pressione, con ben cinque giocatori impegnati a contestare l'uscita da dietro avversaria, con un focus particolare sulla zona palla (tipico della scuola Ajax) oltre che ad una pressione individuale sui due centrocampisti avversari. Questo spiega anche il motivo per cui l'AZ abbia dovuto sfruttare prevalentemente i terzini o gli attacchi diretti verso Pavlidis per risalire il campo.

Ecco un esempio in fase di transizione difensiva, con i due centrali difensivi posizionati addirittura più in alto del mediano Alvarez: in questa circostanza il centrale difensivo argentino ha seguito preventivamente Karlsson fino al limite della trequarti offensiva, mentre il centrocampista messicano era in preventiva su Pavlidis. Come si evince non vi è un sistema di coperture preventive di squadra, ma si va alla ricerca del duello individuale a supporto della fase di riaggressione alta della squadra, accettando chiaramente il rischio di prendersi dei contropiedi con 60 metri di campo aperto.

Ovviamente questo atteggiamento ha permesso ai lancieri di avere il controllo non solo del possesso palla ma anche il dominio territoriale (occupato il terzo di campo dell'AZ per il 40% del tempo), nonché un indice PPDA di 8,48 che seppur denotando un valore molto positivo in termini di aggressività, rappresenta un valore superiore alla media stagionale di 7,45, a dimostrazione che Karlsson e compagni siano riusciti più volte di quanto facciano gli avversari affrontati dall'Ajax in questa stagione a superare la pressione esercitata. 

Il posizionamento in transizione offensiva di Karlsson davanti a Pavlidis ha reso spesso possibile la creazione di opportunità in contropiede che hanno generato situazioni di potenziale pericolo come ben visibile dagli esempi sotto, in cui spesso l'Ajax ha affrontato in due contro due gli attaccanti dell'AZ, una situazione che ben esemplifica l'idea di calcio della squadra di Amsterdam nel bene e nel male.




CONCLUSIONI


La vittoria dell'AZ all'Amsterdam Arena è un risultato sicuramente sorprendente e probabilmente premia eccessivamente la pur ottima prestazione della squadra di Jansen. Insomma, nonostante le cessioni di Koopmeiners, Stengs e Boadu, il club della Frisia sta mostrando di poter ricostruire un ciclo ancora competitivo dopo un inizio difficile resosi necessario per assorbire le partenze ed inserire nei meccanismi il principale acquisto stagionale, ossia Vangelis Pavlidis e dare centralità agli altri gioielli presenti in rosa, tra cui Sugawara, Wijndal, Jesper Karlsson e, ultimo ma non meno importante, Dani De Wit, giocatore la cui intelligenza calcistica e il riconoscimento degli spazi lo rendono un giocatore archetipico del talento olandese con un futuro da centrocampista moderno box to box che presto farà gola ai top club in Europa (specie in Premier League). 

La prestazione dell'Ajax non è stata certamente negativa, tuttavia la capacità dell'AZ di limitare i proprio esterni offensivi e gli inserimenti nei mezzi spazi ha tolto molte certezze alla fase di possesso della squadra di Ten Hag che ha provato ad ovviare alle difficoltà sfruttando l'altra grande specificità, ossia il suo sistema di pressione alta che, però, l'ha esposta difensivamente più di quanto preventivato e probabilmente la partita si è decisa proprio lì.

venerdì 10 dicembre 2021

Cosa ha sbagliato l'Atalanta e cosa ha fatto bene il Villarreal


Dopo il rinvio di mercoledì sera per neve, in una gelida Bergamo ieri pomeriggio si è disputata la partita che doveva decidere chi tra Atalanta e Villarreal avrebbe proseguito il proprio cammino europeo in Champions e chi in Europa League. E' toccato all'Atalanta bere l'amaro calice della retrocessione nella seconda competizione europea, un'eliminazione maturata ieri sera a seguito di una serie di errori nella preparazione della partita, ma ancora di più nelle partite precedenti dove non è stata capitalizzata una enorme supremazia contro gli avversaria di turno.

Il 3-2 per il Villarreal è stato frutto di un piano gara preparato molto meglio da Unai Emery rispetto a quanto fatto da Gasperini e che ha permesso agli spagnoli di costruire il triplo vantaggio che poi ha potuto gestire nel tentativo finale di rimonta della squadra bergamasca.


LE FORMAZIONI INIZIALI



Già dalla lettura delle formazioni si possono notare alcune chiavi che poi andranno a decidere la partita: Gasperini sceglie di schierare davanti il solo Zapata con Ilicic e Pessina che agiscono alle sue spalle con compiti e posizioni da coprire diversi; a centrocampo viene confermata la coppia De Roon-Freuler; Emery invece sceglie di schierare Alberto Moreno alto a sinistra a mostrare quale sarà il piano-gara con un 4-4-2 compatto ed i due attaccanti Gerard Moreno e Danjuma pronti a sfruttare le chance di ripartenza.


IL 4-4-2 DEL VILLARREAL

Il fatto di avere due risultati su tre a disposizione ha messo il Villarreal nella condizione di dettare il contesto tattico della partita, ossia compattarsi con il proprio 4-4-2 in fase difensiva e poter sfruttare le qualità dei propri due attaccanti per imbastire le transizioni. Il goal di Danjuma dopo 3 minuti di partita ha reso ancora più evidente la necessità di continuare a percorrere la stessa strategia.

La compattezza delle due linee della squadra di Emery ha tolto spazi all'Atalanta per riuscire a sviluppare la manovra in maniera fluida, questo ha permesso la negazione dello spazio tra le linee per i trequartisti della Dea, serviti sempre in una situazione in cui non potevano far progredire l'azione; inoltre un'attenta linea difensiva ha saputo ben attivare il fuorigioco come arma per negare la profondità ai giocatori atalantini, tagliando fuori dal match Zapata e rendendo inutili i movimenti alle spalle della linea degli esterni atalantini. Come ben si vede dall'esempio il 4-4-2 del sottomarino giallo è compatto ed orientato sulla palla: su palla laterale vediamo come anche l'aiuto di Gerard Moreno tolga all'Atalanta la possibilità di sviluppare il gioco con i propri rombi esterni, inoltre la compattezza delle linee toglie ogni spazio in zona di rifinitura alla squadra di Gasperini, con Pessina in particolare fagocitato da Capoue.

Molto interessante anche l'atteggiamento della squadra di Emery che si compattava in fase di difesa posizionale, ma allo stesso tempo alzava il proprio baricentro quando l'Atalanta riportava il pallone nella propria metà campo o doveva ricostruire un'azione da dietro. In questo esempio vediamo bene come la prima pressione sia esercitata di squadra, con le due linee da 4 che basculano da un lato all'altro del campo e stringono in zona palla. La linea difensiva resta a cavallo della linea di centrocampo per attivare il fuorigioco togliendo la soluzione in profondità ai nerazzurri, nello specifico esempio Ilicic viene messo in offside, in totale i giocatori di Gasperini sono terminati in fuorigioco 7 volte ieri sera.


LA TIMIDEZZA DELL'ATALANTA

Che non sia stata la miglior serata per l'Atalanta credo sia un elemento abbastanza pacifico: fino all'ingresso in campo di Malinovski e Muriel la squadra di Gasperini ha mostrato serie difficoltà a superare il blocco del Villarreal, difficoltà acuite, a mio parere, dalle scelte di formazione del tecnico piemontese che hanno tolto pulizia al possesso palla della squadra.

Le scelte di formazione sono apparse molto conservative da parte del tecnico di Grugliasco, la scelta di lasciare in panchina Malinovski e Koopmeiners ha tolto decisamente tanta qualità alla formazione bergamasca, inoltre avendo solo la vittoria come risultato a disposizione sarebbe stato opportuno adottare una strategia che permettesse di disordinare le linee compatte del Villarreal, cosa che non è avvenuta. 

L'esempio più calzante è quello che si nota in fase di costruzione: giocando con i tre centrali difensivi più De Roon e Freuler, la squadra bergamasca partiva con un vantaggio di due uomini in questa fase, questo rendeva poco complessa la circolazione bassa della palla, ma avere due giocatori in più in quella zona significa perderli in altre zone del campo, per questo motivo non si poteva creare nessuna superiorità posizionale, con Zapata, Ilicic e Pessina che, se serviti, finivano per restare isolati a duello contro gli avversari portando alla perdita del pallone o al mantenimento della sfera in modo abbastanza sterile.

Il dato dei duelli offensivi è abbastanza esemplificativo per mostrare le difficoltà avute ieri dalla squadra atalantina: appena il 30% dei duelli offensivi è stato vinto contro una media stagionale del 40% (dati Wyscout), una situazione questa che rappresenta anche numericamente la differenza che fa giocare nelle competizioni nazionali ed in quelle europee, un elemento che non può essere mai escluso quando si parla di rendimento delle formazioni italiane nelle coppe europee.

Anche la pressione tipica del calcio di Gasperini ha mostrato grosse lacune nella partita di ieri, in particolare si è notato un atteggiamento meno corale in questa fase di gioco, con le marcature a uomo nella metà campo avversaria ben riconoscibili ma allo stesso tempo è mancato il giusto appoggio da parte dei tre centrali difensivi, apparsi molto in difficoltà nel leggere i movimenti degli esterni offensivi del Villarreal e delle due punte, creando quindi delle situazioni di indecisioni nelle scelte che poi si sono riverberate in maggiore libertà alle spalle delle linee di pressione. Nell'esempio è riconoscibile la scelta di andare con De Roon e Freuler sulla coppia Parejo-Capoue mentre Zapata ed Ilicic prendono i due centrali difensivi, questo ha portato il portiere Rulli a muovere il pallone sui terzini o a cercare il lancio lungo; come vedremo, tuttavia, lo spazio alle spalle dei due centrali di centrocampo dell'Atalanta si è rivelata la chiave per il Villarreal per prendere il centro del palcoscenico dopo aver sofferto solamente nei 15' successivi al goal di Danjuma.


LA POSIZIONE DI GERARD MORENO

La chiave della partita è stata per il Villarreal il posizionamento di Gerard Moreno, ma più in generale lo spazio alle spalle di De Roon e Freuler è stato oggetto del piano partita offensivo di Emery, e l'intelligenza del numero 7 nel muoversi negli spazi giusti ha fatto il resto.

A dimostrazione delle difficoltà atalantine a coprire determinati spazi viene a soccorso l'esempio qui a lato: la posizione in cui riceve Moi Gomez il pallone è quella in cui l'Atalanta ha sofferto maggiormente, soprattutto nelle situazioni di transizione. Come si evince dall'esempio tra linea difensiva e resto della squadra si crea tantissimo spazio che il Villarreal ha potuto sfruttare: indubbiamente Toloi, Demiral e Palomino hanno avuto vita difficile nell'interpretare i movimenti delle due punte del Villarreal, con Danjuma che ha fatto a fettine in particolare il difensore turco e Gerard Moreno che ha giocato Palomino in occasione del goal del 3-0 per gli spagnoli.

In un video ho esemplificato alcune situazioni in cui gli smarcamenti preventivi di Gerard Moreno hanno creato situazioni di potenziale pericolo per la difesa dell'Atalanta, i video fanno inoltre emergere la strategia di pressing del Villarreal sull'uscita palla della squadra di Gasperini ed allo stesso tempo la grande compattezza in fase difensiva come già accennato precedentemente.



CONCLUSIONI

L'Atalanta è dunque uscita dalla Champions League dopo che per due stagioni era stata in grado di portare a casa due qualificazioni alla fase ad eliminazione diretta, adesso per la squadra di Gasperini il percorso europeo prosegue in Europa League, una competizione che dovrebbe essere utilizzata dalla squadra nerazzurra per accrescere la propria esperienza a livello continentale e, magari, passare qualche turno al fine di migliorare il proprio ranking in vista di una partecipazione più che possibile alla prossima edizione della Champions League.

La partita di ieri è stata persa per una serie di concause, la base, però, a mio parere sta nelle scelte iniziali di formazione di Gasperini, scelte che probabilmente si sono rivelate fallimentari anche a causa del goal iniziale di Danjuma che ha alzato improvvisamente il livello di pressione sulla squadra orobica, una pressione che ha portato la squadra a commettere tanti errori, avere idee poco chiare in fase di possesso e ad allungarsi una volta persa palla, concedendo, quindi il centro del palcoscenico al Villarreal fino agli ingressi in campo di Muriel e Malinovski che hanno cercato di cambiare (ma era troppo tardi) l'inerzia del match.

Per Emery quella di ieri sera è stata un'altra masterclass europea, in continuità con quanto fatto nell'Europa League dello scorso anno, ha decisamente preparato la partita meglio di Gasperini mostrando come un 4-4-2 ben utilizzato sia in grado di riempire il campo nel modo migliore e poter portare avanti diverse strategie nel corso della partita.

martedì 30 novembre 2021

Rubin Kazan - Dinamo Mosca: tanto talento male utilizzato


In questo weekend ho voluto seguire una partita valida per la sedicesima giornata del campionato russo tra Rubin Kazan e Dinamo Mosca, due squadre che seguo personalmente con molto interesse per la quantità di talenti che coltivano. Entrambe le compagini si schierano in campo con un'età media tra le più basse del campionato (24,8 per il Rubin, 25,3 per la Dinamo) il che ci induce a pensare che siano due squadre che cercano di puntare molto sui giovani in un contesto come quello del campionato russo che sembra alquanto stantio.

Il risultato finale di 2-3 a favore della Dinamo Mosca è servito alla squadra ospite per riproporsi in solitaria al secondo posto in classifica alle spalle dello Zenit che ha 4 punti di vantaggio, ci ha permesso di vedere all'opera alcuni talenti interessanti ma che allo stesso tempo ci ha mostrato come l'ecosistema tattico in cui giocano non è affatto ideale per uno sviluppo completo delle loro qualità; i 5 goal visti in questa partita non sono stati per nulla sintomo di una partita bella da vedere.


LE FORMAZIONI


Rubin e Dinamo si presentano a questa partita con due schieramenti sulla carta molto interessanti, con la squadra di casa schierata con un 4-1-4-1 che mette insieme una batteria composta da Bakaev, Dreyer, Haksabanovic e Kvaratskhelia ricca di importante talento individuale.

Dall'altra parte anche il 4-3-3 della Dinamo è molto interessante con un centrocampo composto dal croato Moro affiancato da Szymanski e Fomin ed un attacco con il centravanti classe 1999 Grulev affiancato dalle grandi speranze del calcio russo Zakharyan e Makarov.


POCA RICERCA DELLA MANOVRA

Nonostante la presenza di tanto talento individuale in campo, le due squadre non sono organizzate per costruire un sistema di gioco organico che possa connettere in maniera qualitativa i giocatori. Entrambe le squadre preferiscono giocare con lanci lunghi e poi cercare di sviluppare l'azione puntando sul vincere le seconde palle.

E' sufficiente osservare come nei primi 15 minuti di partita nessuna delle due squadre è riuscita a giocare palloni nella trequarti avversaria, questo a rappresentare quanto detto sopra sulle ricerca di lanci lunghi alla ricerca di duelli aerei contro i centrali avversari ed una scarsa tendenza a cercare la verticalizzazione centrale preferendo appoggiarsi sugli esterni contando sugli uno contro uno per scardinare le difese avversarie.

Ecco una situazione tipica in fase di costruzione della squadra allenata da Slutskiy: il portiere Dyupin potrebbe anche servire il vertice basso del centrocampo Hwang sul quale c'è poca pressione ed una linea di passaggio non impossibile, ma il dettame è ben definito: la soluzione è l'immediata palla lunga a scavalcare il centrocampo. Quindi non si tratta di una scelta che nasce da una pressione aggressiva della Dinamo, si tratta di una chiara scelta strategica dell'allenatore.

Il rinvio ha come target il centravanti Onugkha: la batteria dei trequartisti del Rubin scommette sulla "spizzata" del centravanti e cercano di sfruttare l'uscita dalla linea difensiva del centrale Balbuena per inserirsi alle spalle, tuttavia manca supporto sulla seconda palla qualora questa venga giocata di sponda o, come è accaduto più spesso, non sia l'attaccante a vincere il duello aereo, questo rende molto complicato attivare la grande qualità a disposizione oltre la metà campo per la squadra di Kazan.

Il dato sui passaggi progressivi da parte del Rubin è abbastanza esemplificativo della tendenza della squadra di Slutskiy: la linea di passaggio più frequente per avanzare in campo era la giocata diretta tra il portiere ed il centravanti. L'effetto creato è anche questo visibile dalle statistiche: i passaggi negli ultimi 20 metri di campo esclusi i cross in tutta la partita sono stati appena 5 ed i tocchi in area di rigore appena 8 (!), davvero una spreco con tutti quei giocatori di talento in campo.

Con riguardo alla Dinamo, la costruzione avveniva in maniera diversa ma comunque non particolarmente ricercata. Anzitutto il Rubin si limitava a coprire il centro del campo concedendo anche metri alla formazione moscovita che per questo cercava di usare le conduzioni dei centrali per rompere le linee avversarie, ma come si vede da questo esempio il Rubin mantiene un blocco basso e cerca di negare le ricezioni nelle zone centrali del campo, con le due mezzali Szymański e Fomin che cercano di proporsi nei mezzi spazi ma senza grande successo visto che vengono controllati dallo schieramento compatto degli avversari.

Per questo motivo anche la Dinamo ha cercato soluzioni dirette ma poco ben elaborate, ma è stata in grado di cercare soluzioni alternative sfruttando lo schieramento basso del Rubin per liberare il vertice basso Moro e permettergli di avere spazio per orchestrare qualche apertura sugli esterni, in particolare sull'esterno destro Makarov, uno dei talenti a disposizione di Sandro Schwarz e freschissimo ex di questa partita. L'obiettivo era quello di cercare la superiorità numerica sull'esterno con il terzino Varela, ma il Rubin rispondeva facendo tornare indietro Kvaratskhelia a negare la superiorità numerica, questo ha permesso alla squadra di casa di non essere ferita su azione manovrata ma tra calci d'angolo e falli concessi in quella zona del campo la Dinamo ha poi costruito la propria prestazione offensiva.

Il dato relativo alle fasce d'attacco mostra chiaramente come la squadra seconda in classifica nel campionato russo abbia cercato di costruire la propria gara cercando di attaccare prevalentemente sul lato destro dove il suo numero 25 poteva utilizzare il sostegno di Varela. 











LA RIFINITURA AFFIDATA ALLE GIOCATE INDIVIDUALI


In un contesto senza particolari strategie corali da parte delle due squadre spetta dunque alle giocate individuali il compito di trovare il modo di mettere in difficoltà le difese avversarie. Ed in Rubin-Dinamo di individualità ce n'erano ed ognuna ha cercato di mettere la propria firma sulla partita.

Ovviamente il primo della lista non può che essere Kvicha Kvaratskhelia, classe 2001 georgiano già sul taccuino di molti club dei principali campionati europei e con il Rubin che vuole scatenare un'asta su di lui (già si parla di richieste superiori ai 20 milioni di Euro). La sua partita è stata una dimostrazione di quanto il suo talento è in grado di creare: il marchio di fabbrica è ovviamente il dribbling, un fondamentale che emerge in maniera ancora più marcata in un contesto tattico così arido e bloccato come quello della sua squadra. L'azione personale con cui quasi dal nulla crea il goal del momentaneo 1-1 è abbastanza archetipica delle sue qualità tecniche: prima si accentra scambiando con Haksabanovic, poi con un dribbling manda a terra Varela per poi inventare un cross con il sinistro (teorico piede debole) sul secondo palo per Bakaev che completa l'opera con una bella conclusione di sinistro. Un'azione che ha mostrato tutta la qualità e la capacità di riempire l'area della squadra rosso-verde, una qualità poco sfruttata dal suo allenatore e che sarei curioso di vedere all'opera in un contesto maggiormente associativo.

Nell'azione del goal sopra menzionata si notano anche le qualità di riconoscimento ed occupazione degli spazi da parte di Anders Dreyer, classe 1998 che ha scelto Kazan per continuare la carriera dopo l'esplosione con la maglia del Midtjylland e della nazionale under 21 danese. Con il Rubin lo vediamo schierato come interno del 4-1-4-1 mentre lo abbiamo conosciuto come esterno offensivo del 4-3-3 nelle sue precedenti esperienze ed anche nelle breve apparizioni con la maglia della nazionale maggiore danese in questa stagione. Il suo marchio di fabbrica erano i tagli dall'esterno alle spalle della difesa premiati da un filtrante, adesso svolge compiti più conservativi in fase di sviluppo dell'azione e sfrutta le sue capacità di inserimento in questa maniera, dove è cruciale il suo movimento per stringere il quartetto difensivo della Dinamo e lasciare spazio a Bakaev per preparare la conclusione a rete.

Sul lato Dinamo Mosca il giocatore più interessanti è sicuramente Arsen Zakharyan, classe 2003, altro giocatore in grado di far saltare gli equilibri e, per questo, è già nel giro della nazionale maggiore. Il suo punto di forza sta nella capacità di condurre il pallone e superare di forza gli avversari, per cui siamo di fronte ad un giocatore meno tecnico ma decisamente più potente grazie alle lunghe leve delle sue gambe (pur essendo alto 180 cm, quindi non un colosso rispetto alla media dei calciatori contemporanei). Come emerge dalla heatmap e dai dati statistici si tratta di un giocatore che può giocare a tutto campo (con la Dinamo sotto nel punteggio si è addirittura posizionato come mediano a centrocampo) ed avanzare con la palla al piede; spesso lui e Fomin (la mezzala sinistra altro elemento di grande interesse) si scambiano di posizione per creare ed attaccare meglio gli spazi, tuttavia lo schieramento compatto del Rubin in questa partita non ha permesso loro di emergere al meglio.

L'altro elemento di grande livello tecnico a disposizione di Sandro Schwartz è Denis Makarov, autore del goal che ha sbloccato la partita nonché il giocatore sul quale la squadra si poggiava per creare combinazioni per accedere in area di rigore. A differenza di Zakharyan non ben supportato da Fomin, Makarov ha trovato nelle coperture di Szymanski e nelle sovrapposizioni di Varela il modo migliore per creare pericoli, tanto che è stato il giocatore della Dinamo che ha propiziato il maggior numero di ingressi in area della propria squadra (6) su azione manovrata.


CONCLUSIONI


Rubin Kazan e Dinamo Mosca dispongono entrambe di una rosa di grande prospettiva ma la sfida disputata a Kazan ha mostrato come siano due squadre che si affidano tantissimo alle qualità individuali dei propri giocatori per rifinire e finalizzare il gioco scollegando totalmente questa fase rispetto alle altre di gioco.

Entrambe le squadre non hanno mostrato alcuna voglia di prendersi rischi in impostazione, hanno attaccato con più uomini solo se costretti dal risultato; a livello tattico hanno pensato principalmente a non prendere contropiedi (le statistiche di Wyscout ne hanno conteggiato uno solo in tutta la partita). Alla fine la Dinamo ha vinta per la sua grande pericolosità sui calci piazzati (alimentati dal sinistro chirurgico su palla da fermo di Szymanski) ed anche perché pur avendo un possesso palla minore rispetto all'avversario hanno avuto un netto controllo territoriale della partita (36% del tempo speso nel terzo avversario).

Anche da questa partita, quindi, è emersa la povertà tattica del campionato russo, dove il gioco corale è poco ricercato e si lascia alla qualità individuale il compito di decidere le partite: in termini assoluti non è certamente una scelta sbagliata in principio ma al di fuori della Russia l'assenza di una strategia di gioco si paga caramente, e questo rappresenta un grosso spreco vista la qualità di molti degli interpreti a disposizione di questi club.

giovedì 25 novembre 2021

Xavi sta ricostruendo il Barcellona


La storia del Barcellona è una storia di identità, non solo calcistica, ma anche di appartenenza territoriale e di visione politica di cui il club si fa veicolo (Mes que un club), per questo quanto accaduto negli ultimi anni sotto la gestione Bartomeu è stata una clamorosa rottura con questa identità che ha portato il club blaugrana al tracollo economico ed una serie di gestioni tecniche che hanno provocato smarrimento nella tifoseria. 

Ovviamente il picco di questa situazione si è raggiunto quest'estate con il club impossibilitato a depositare il nuovo contratto di Leo Messi dando il via in maniera forzata ad un processo di ricostruzione dell'identità originaria del club, con la Masia che torna al centro del progetto calcistico. Questo progetto è stato affidato a Ronald Koeman che, nonostante importanti sforzi, non è riuscito a trovare una quadra a questa squadra, per cui il presidente Laporta non ha perso tempo a richiamare nella terra promessa il figliol prodigo Xavi che, dopo il ritiro dal calcio giocato, ha esercitato le sue idee tattiche sotto il sole ed i milioni degli sceicchi qatarioti.

Ho provato ad analizzare le prime due partite della gestione Xavi al fine di individuare le principali costanti del tecnico catalano che, manco a dirlo, si basano sui principi ingeriti negli anni trascorsi da calciatore nella cantera prima e in prima squadra poi al Camp Nou, ossia gioco di posizione e creazione di triangoli per lo sviluppo dell'azione, senza dimenticare i meccanismi di riconquista immediata del pallone una volta perso.


FORMAZIONI DIVERSE MA DISPOSIZIONI SIMILI

Nelle idee di gioco di Xavi ci sono dei princìpi che vanno oltre ai moduli di gioco, per questo motivo nelle due partite disputate finora sotto la sua gestione si sono visti due schieramenti sulla carta diversi ma che poi si strutturavano sul campo in maniera pressoché simile, questo allo scopo di inserire i calciatori in base alle proprie caratteristiche ma anche per aggiustare lo schieramento della squadra in base allo schieramento avversario.

Per questo motivo abbiamo visto il Barcellona schierarsi in campo con due moduli nominalmente diversi: nella partita di martedì contro il Benfica abbiamo visto un 3-4-2-1 che rappresenta l'abito ideale del calcio di Xavi in piena continuità con quello che era il 3-4-3 del Barcellona di Cruyff o dell'ultimo Barça di Guardiola, schierati con un centrocampo a rombo. Nella partita contro l'Espayol, invece, abbiamo visto come schieramento di base un 4-3-3 che rappresenta la continuità con un modulo su cui la squadra catalana ha basato la propria identità negli ultimi 20 anni. 

Ma sappiamo tutti molto bene come i moduli valgano il giusto nell'analizzare il modo di giocare di una squadra, ed è così che analizzando le passmaps relative alle due partite notiamo che una volta disposta in campo la squadra assume lo stesso schieramento soprattutto in fase di possesso, con quello che può essere definito un 3-2-5 con il primo quintetto che costruisce ed il secondo che invade occupando i 5 corridoi verticali del campo come da manuale del gioco di posizione.



SUPERIORITA' NUMERICA IN PRIMA COSTRUZIONE

Uno degli elementi fondanti del credo calcistico di Xavi è quello di avere sempre un giocatore in più in costruzione rispetto alla pressione avversaria, un elemento a cui non si deroga e che per questo può cambiare in base alla struttura della pressione avversaria. Attenzione: la superiorità deve essere ne minore ne maggiore di un'unità, altrimenti questo significherebbe perdere uomini in zone più avanzate del campo.

Da questo esempio si evince cosa questo stia a significare: l'Espanyol spende due uomini sulla prima linea di pressione, questo comporta che il Barcellona costruisce con Mingueza, Pique e Eric Garcia mentre Busquets non si abbassa a supporto dei centrali proprio perché la sua presenza sarebbe considerata ridondante mentre restando alle spalle della prima linea di pressione può sfruttare gli spazi creati dai movimenti dei suoi compagni più avanzati. Nel corso della stessa partita l'Espanyol lascerà solo un uomo in prima pressione ripiegando su un 5-4-1, questo porterà Mingueza a slegarsi dalla prima linea di costruzione delegandola ai soli centrali difensivi.

Nella partita contro il Benfica si è vista in maniera più marcata la struttura 3+2 in costruzione, questo perché la formazione portoghese ha cercato di contestare la costruzione di Pique e compagni in parità numerica (5 vs. 5 come si evince dall'esempio). Questo spiega anche la scelta di una difesa a 3 più rigida con Araujo in luogo di Mingueza con l'uruguayano più abile del canterano spagnolo nei duelli difensivi; per mantenere la superiorità numerica, invece, ecco che torna utile l'utilizzo di Ter Stegen e del suo educatissimo piede.

Ciò che accomuna le due situazioni sta nel fatto che il Barça utilizza lo schieramento in prima costruzione per capire quale sia l'atteggiamento dell'avversario ed in base a questo stabilire come scaglionarsi sul terreno di gioco. Nel primo esempio notiamo ampio spazio a disposizione di Busquets tra prima linea di pressione e linea dei centrocampisti dell'Espanyol; nel secondo esempio vediamo un Benfica più aggressivo ma che concede spazio tra linea di centrocampo e di difesa, questo ci fa capire come Xavi faccia in modo di manipolare lo schieramento avversario.


STRUTTURA DELLA SQUADRA IN SVILUPPO 


La manipolazione degli spazi è ovviamente centrale nel sistema di sviluppo del gioco di Xavi: l'avversario viene sollecitato a fare delle scelte su quali zone di campo coprire e quali lasciare libere, mediante il possesso palla il Barcellona dovrebbe riconoscere quelle zone libere dove destinare il passaggio progressivo.

Da questo esempio tratto dalla partita contro l'Espanyol si nota cosa comporti questo aspetto: l'elemento di base è la struttura posizionale con cinque giocatori che occupano i cinque corridoi verticali. Qui l'avversario sceglie di chiudere le vie di accesso alla zona di rifinitura (ossia lo spazio tra difensori e centrocampisti) mantenendo le due linee corte, per cui il Barça sfruttando il sistema posizionale in ampiezza costringe il terzino sinistro dell'Espanyol ad uscire creando uno spazio tra di esso ed il centrale di sinistra: in questo spazio si inserisce Nico Gonzalez. 

Quello spazio dove si inserisce il classe 2002 spagnolo è il cosiddetto mezzospazio, in inglese halfspace, uno spazio considerato cruciale nel calcio posizionale e con ancora maggiore accezione nel calcio di Xavi.


Anche a livello statistico si nota chiaramente quanto il Barça in queste due partite abbia cercato quei spazi intermedi per generare situazioni di pericolo. Nella partita contro l'Espanyol è stato molto marcato l'utilizzo di questo meccanismo sul lato sinistro, quello dove si trovano ad operare Gavi e Jordi Alba a cui si aggiungeva De Jong, chiamato più volte ad abbandonare la posizione di prima copertura preventiva al fianco di Busquets per sovraccaricare quel lato di campo.

Questo esempio riassume quanto appena detto: il Barcellona qui porta 5 giocatori più Depay (che non conto in quanto non dovrebbe stare in quella posizione) per sovraccaricare un lato di campo, l'Espanyol chiude la porta stringendosi su quel lato ma aprendolo su quello opposto, così la squadra di Xavi va ad esplorare il lato debole per Akhomach, classe 2004 buttato nella mischia dall'ex capitano del Barça nella sua gara d'esordio in panchina.




LA RICERCA DEL PASE DE LA MUERTE


Uno dei marchi di fabbrica del Barcellona degli ultimi anni è stato il "pase de la muerte", ossia la tipologia di passaggio decisivo con cui Jordi Alba permetteva a Messi di rimpinguare le sue statistiche di realizzazione. Questo tipo di passaggio viene creato giocando il pallone sull'esterno alle spalle della linea difensiva avversaria che è costretta a rinculare mentre più giocatori riempiono l'area, uno di questi si stacca facendo un passo all'indietro e viene servito da un passaggio all'indietro dell'esterno permettendogli di concludere con lo specchio della porta davanti a se. 


Ecco qui un esempio di questo tipo di rifinitura cercata dal Barça: lo scatto di Jordi Alba costringe la linea difensiva ad abbassarsi, i giocatori blaugrana si dispongono in area di rigore riempendola staccandosi dalla linea difensiva, questo genera occasioni ad alto grado di conversione in rete (nella fattispecie Nico Gonzalez non riuscirà a trovare la via della rete).




In questo esempio si nota come questa soluzione sia conseguenza della struttura posizionale della squadra: qui il Benfica sceglie di giocare corto e stretto togliendo spazio tra le linee ma questo da una parte permette a Busquets di essere libero di trovare linee di passaggio in maniera indisturbata, dall'altra la scelta porta a concedere spazio sull'esterno dove Jordi Alba può essere addirittura servito sulla corsa.



Come si desume dal dato statistico relativo agli ingressi in area, anzitutto è aumentata la frequenza degli ingressi rispetto alla media stagionale (34 in Liga, 30 in Champions), ma soprattutto si può notare come la via esterna sia ampiamente ricercata mediante il meccanismo sopra esposto.


DIFESA IMBATTUTA GRAZIE ALLA RIAGGRESSIONE


Un dato emerso dalle due partite finora disputate dal Barça sotto la gestione Xavi sta nel dato relativo ai goal subiti: due partite due clean sheets per Ter Stegen. Certo sia l'Espanyol con Dimata e soprattutto il Benfica con Seferovic hanno avuto chances clamorose per battere il portiere tedesco nelle fasi finali delle due partite disputate ma restano due episodi quasi isolati soprattutto se confrontati con le difficoltà della squadra ogni qualvolta perdeva il possesso del pallone sotto la gestione Koeman.

Qui vediamo il meccanismo di prima pressione che inizia uomo contro uomo per poi diventare uomo-palla non appena l'avversario porta il pallone verso l'esterno, dove si vede che Depay prende Otamendi (il centrale dei tre difensori del Benfica) mentre Gavi stringe su Weigl abbandonando Almeida che non può essere servito visto che le linee di passaggio verso di lui sono coperte. Il Benfica è costretto al lancio lungo costringendo gli attaccanti a duelli aerei persi contro Pique ed Araujo (ecco spiegata la scelta dell'uruguaiano come indicato precedentemente).

Ancora più marcato è l'atteggiamento della squadra appena perso il pallone: il meccanismo alla base ci permette di chiudere il cerchio partito con la fase di costruzione, ossia quello di avere sempre un uomo in più rispetto a chi viene lasciato in smarcamento preventivo dall'avversario quando difende e lasciare gli altri a supporto della manovra offensiva e soprattutto riaggredire non appena viene perso il pallone. In questo esempio si nota chiaramente come Mingueza, Busquets e De Jong siano già pronti ad andare ad aggredire l'uscita avversaria con De Jong già in marcatura preventiva sull'unico uomo dell'Espanyol fuori dall'area di rigore.

Il dato del PPDA conferma la bontà della strategia di Xavi, con entrambe le partite terminate con un PPDA inferiore a 7 secondo i dati Wyscout.


CONCLUSIONI

Il lavoro da fare per Xavi è decisamente enorme ma le prime due partite ci hanno fatto intendere che la strada sembra tracciata e che la semina è in pieno corso. Il lato negativo di queste due partite sta nel fatto che la squadra finalizza poco e male (l'unico goal è arrivato su un calcio di rigore anche piuttosto generoso).

Da un lato sembra che Depay, l'uomo più vicino all'idea di finalizzatore in questa squadra, dopo un inizio di stagione travolgente sembra essere un tantino appannato e compie spesso scelte sbagliate con il pallone tra i piedi; dall'altro lato i vari ragazzini che agiscono alle sue spalle o al suo fianco sembrano ancora leggermente restii ad andare alla conclusione se non hanno la porta spalancata davanti ai loro occhi.

Ma la grande quantità di talento che il tecnico catalano dovrà innaffiare in questi mesi rende tutti molto ottimisti sulla crescita di questa squadra e, nei minuti in cui si è visto in campo contro il Benfica, un esempio quasi allegorico delle aspettative riposte in questo progetto è Ousmane Dembele, entrato in campo a mezzora dalla fine costruendo diverse opportunità potenziali con i suoi allunghi sulla destra.

Post in evidenza

Le avversarie delle italiane: il Siviglia di Mendilibar

Foto. Pagina Facebook FC Sevilla . Con le formazioni italiane che continuano a raccogliere grandi risultati in questa stagione di coppe euro...

Highlights