giovedì 28 ottobre 2021

Zeman non è ancora passato di moda


La notizia del terzo ritorno di Zdenek Zeman sulla panchina del Foggia suonava all'orecchio di tutti come una mossa quasi propagandistica del club pugliese per attirare attenzione su di se e strizzare l'occhio a quel pubblico che ha goduto di quella magnifica opera che erano i satanelli agli inizi degli anni 90.

Dall'altra parte, ovviamente, avevamo chi ritiene o riteneva che i metodi di lavoro dell'allenatore boemo fossero ormai superati, insomma i famosi gradoni e le estenuanti ripetute rappresenterebbero una sorta di ancient regime della preparazione dei calciatori, tuttavia nulla ha mai provato che il suo approccio abbia fatto dei danni alla carriera dei calciatori allenati dall'allenatore del Foggia nella sua carriera. Anzi.

Questa non è ovviamente una lode acritica al lavoro di Zdenek Zeman, tuttavia esistono contesti dove se esiste terreno fertile per imporre un metodo come quello dell'ex allenatore di Lazio e Roma, questo può ancora portare grosse soddisfazioni sotto diversi punti di vista, anche perché le idee di gioco di Zeman erano avanti di 30 anni rispetto a tutti in passato e, per questa ragione, possono essere considerate tutt'oggi come contemporanee, anzi ancora di più oggi.


IL 4-3-3 COME STRUMENTO TATTICO INSINDACABILE


Il sistema di gioco di Zeman non transige mai dal 4-3-3, un modulo che il tecnico boemo ha da sempre inserito nella sua blueprint tattica e strategica e da cui non ha mai derogato in quanto lo ha sempre ritenuto lo schieramento ideale per coprire al meglio il campo grazie alla creazione di triangoli su tutto il campo.

Perfetta esemplificazione del pensiero zemaniano in tal senso è visibile in questa circostanza con i giocatori disposti in modo tale da creare triangoli per muovere il pallone sempre in avanti passando attraverso o aggirando le linee di pressione avversarie. I triangoli sono visibili nel trio di costruzione formato dai due centrali difensivi ed il vertice basso Petermann, il terzini con le mezzali e Petermann o con gli esterni offensivi più avanti nel campo. Il 4-3-3 di Zeman è un meccanismo estremamente codificato in cui ad ogni giocatore è richiesto sempre e comunque di garantire la presenza di questi triangoli in qualsiasi zona di campo e qualsiasi fase di gioco: questo posizionamento è la base di tutte quelle sequenze di gioco alla base del gioco del Foggia e visibile in diversi esempi.

Il trend delle passmaps del Foggia elaborato da Wyscout mostra chiaramente la ricerca dei triangoli da parte della formazione rossonera; ciò che emerge particolarmente da questa mappa è che, a differenza di quelle che siamo soliti osservare, la linea che collega i due centrali difensivi è molto chiara e sottile, questo significa che è molto raro che la coppia centrale scambi il pallone tra di loro, questo perché il possesso palla al semplice scopo di rallentare il ritmo non è concepito nel sistema di Zeman che predica una continua ricerca della verticalità e dell'avanzamento in campo senza troppi indugi.




RAPIDO AVANZAMENTO IN VERTICALE


Come già accennato in precedenza, il gioco di Zeman non prevede momenti di pausa o di consolidamento del possesso, il pallone deve muoversi in avanti, per cui i giocatori sono istruiti ad evitare passaggi in orizzontale o a tenere troppo il pallone tra i piedi, e soprattutto non è sufficiente giocare il pallone in avanti, ma bisogna immediatamente mettersi a disposizione per riceverlo o per rendere possibile la successiva progressione della palla.

Come si evince da questo esempio, il punto di partenza è quello di costruire inizialmente con Petermann che si abbassa in salida lavolpiana tra i centrali Sciacca e Girasole: in questa circostanza i tre elementi non scambiano il pallone tra di loro ma cercano di farlo progredire superando le linee di pressione avversarie. Qui sono evidenziati gli spazi tra le linee lasciati dal Bari: l'obiettivo è quello di arrivare con tre passaggi in porta, così l'esterno d'attacco si abbassa in zona sviluppo, riceve il pallone da Petermann e con uno scambio rapido in quella zona verticalizza subito sulla punta posizionata tra la linea di difesa e di centrocampo del Bari e pronto ad attaccare la difesa biancorossa imbeccato da un'immediata verticalizzazione.

Fonte dati Wyscout
I passaggi progressivi sono quei passaggi che ti permettono di guadagnare campo e sono considerati tali se si avanza in campo per 30 metri, se i punti di partenza e arrivo sono nella propria metà campo, per 15 metri, se i punti di partenza e arrivo sono nelle metà campo opposte, 10 metri, se i punti di partenza o arrivo sono nella metà campo avversaria. In questo tipo di statistica il Foggia è posizionata molto in alto sia come quantità di passaggi progressivi tentati che di passaggi progressivi riusciti in percentuale, una combinazione statistica che nessuno riesce ad avere nel campionato e che ben mostra la specificità del modo di giocare della squadra di Zeman.

Fonte dati Wyscout
Se invece andiamo a misurare il dato del possesso palla in maniera ragionata, possiamo notare come il Foggia sia una delle squadre con una percentuale di possesso tra le più importanti del campionato ma, allo stesso tempo, se andiamo a fare la conta delle sequenze di possesso che durano più di 45 secondi la formazione rossonera ha un valore che la isola rispetto al resto delle formazioni appartenenti al suo quadrante in termini di possesso. Anche questo valore numerico conferma l'assunto di base del pensiero calcistico del tecnico boemo: il pallone deve viaggiare e non si deve mai cercare di prolungare le fasi di gioco, o quanto meno limitare i momenti in cui farlo (anche se gestire il possesso sarebbe stato un aspetto che, specie nelle sue esperienze passate sarebbe potuto tornare molto utile).





LE CATENE LATERALI


Come abbiamo avuto modo di vedere precedentemente, il 4-3-3 del Foggia di Zeman basa il proprio sviluppo sulle catene laterali, un sistema che, come è stato stupendamente spiegato da Emiliano Battazzi nella sua pubblicazione Calcio Liquido, lo stesso tecnico definisce "terziglie" e che, come altrettanto ottimamente spiegato da Michele Tossani sul suo blog la Gabbia di Orrico ha anche lo scopo di giocare il pallone li dove anche perdendolo possono essere limitati i rischi in contropiede.

La catena laterale del Foggia è composta da terzino, mezzala ed attaccante esterno, scopo di questa combinazione è quella di avanzare sul campo ed arrivare rapidamente ad affrontare la linea difensiva avversaria. In questo esempio lo sviluppo della formazione rossonera viene contestato con una linea di pressione molto aggressiva del Palermo, qui l'avanzamento porta l'esterno offensivo Merola a cercare la punta Ferrante di prima intenzione nello spazio che si è creato tra il terzino del Palermo ed il centrale difensivo. Anche da questo esempio possiamo notare il triangolo di costruzione del Foggia che attiva quello laterale di sviluppo.

Con una pressione più attendista come quella che ha mostrato di avere il Bari, il triangolo laterale ha comunque come scopo quello di avanzare rapidamente in campo e con rotazioni tra i tre interpreti della catena muovono il pallone in avanti ma anche le linee avversarie. In questo esempio un movimento che vediamo ripetersi frequentemente è quello dell'esterno sinistro d'attacco Curcio che tende ad abbassarsi lasciando al terzino o alla mezzala il compito di diventare il vertice alto del triangolo; in questa maniera Curcio si è portato via il terzino destro del Bari Pucino ed il terzino sinistro Nicoletti si butta dentro nello spazio tra le linee lasciato dagli avversari per essere servito da un altro passaggio filtrante. Anche in questo esempio notiamo sempre in background il triangolo di costruzione della formazione rossonera che accompagna l'azione mammano che avanza.




L'ACCESSO IN AREA DI RIGORE


Altro elemento che permette di rendere riconoscibile il 4-3-3 di Zeman sta nella capacità di attaccare la linea difensiva avversaria mediante i tagli alle spalle di essa generati, neanche a dirlo, da dei triangoli e da delle sovrapposizioni. 

Qui entra in campo il ruolo in questa squadra del suo numero 10: Alessio Curcio, non proprio un giocatore di primo pelo, visto che si tratta di un classe 1990, una pecora nera se vogliamo in una squadra la cui età media è di 24,5 anni, a maggior ragione se pensiamo che i metodi zemaniani attecchiscono meglio su giocatori molto giovani ed al picco della forma fisica. 

Ma evidentemente all'ex giocatore del Catania succede come al buon vino, invecchiando migliora, tanto che la stagione passata in maglia rossonera è stata probabilmente la migliore della sua carriera con le 14 reti segnate, seppur da posizione di centravanti. In questa stagione, come evidenziato dalle statistiche, il numero 10 del Foggia è diventato l'uomo dell'ultimo passaggio: è il giocatore con il maggior numero di passaggi-chiave a partita (intesi come i passaggi che portano al tiro un compagno di squadra) e con il maggior numero di attacchi in profondità (intesi come i passaggi effettuati negli ultimi 20 metri di campo esclusi i cross).

Con Zeman la posizione in campo è cambiata: adesso è l'esterno offensivo di sinistra del tridente, il suo compito principale è quello di appoggiare la risalita del pallone nel triangolo di sviluppo come visto precedentemente e cercare l'ultimo passaggio una volta che il pallone arriva davanti alla difesa avversaria. La sua heatmap stagionale non lascia dubbi su dove Zeman abbia collocato Curcio nel suo scacchiere.










E LA FASE DIFENSIVA?


Indubbiamente uno dei punti di maggiore criticità che è sempre stato contestato all'allenatore del Foggia è la mancanza di cura della fase difensiva, o quanto meno l'estrema audacia con cui prepara questa fase di gioco. Tante volte nelle sue avventure le sue difese hanno sofferto parecchio quando attaccate, soprattutto quando la linea alta voluta dal tecnico boemo veniva superata dagli avversari.

La strategia difensiva del Foggia di Zeman è sostanzialmente assimilabile a quella che oggi è meglio conosciuta come gegenpressing: la struttura dello schieramento voluto dal tecnico boemo è quella di recuperare il pallone quanto più in alto possibile sul terreno di gioco, costi quel che costi. Nell'esempio vediamo come funzione la strategia: mentre la squadra sviluppa il gioco con la sua catena laterale. il triangolo di costruzione formato dai due centrali difensivi e dal vertice basso di centrocampo creano quella che è la linea di copertura preventiva che segue molto da vicino lo sviluppo dell'azione.

Un altro aspetto riconoscibile del sistema zemaniano è quello di tenere la squadra altissima e portare quanti più uomini possibile in avanti: in questo esempio contiamo 8 giocatori del Foggia coinvolti in questa situazione d'attacco dei satanelli. Avere 8 giocatori di certo ti espone a diversi rischi ma allo stesso tempo costringe l'avversario a rintanarsi con anche tutti i giocatori di movimento sulla propria trequarti, questo sulla carta riduce le possibilità per l'avversario di ripartire in contropiede. A questo va aggiunto che l'obiettivo finale di questa occupazione della metà campo avversaria non è certo quello di evitare i contropiedi, quanto quello di riconquistare il pallone in zone più alte possibili di campo: insomma Zeman fa il gegenpressing da circa 40 anni.

Ovviamente i rischi restano, soprattutto perché quel triangolo di costruzione visto sopra non rappresenta una doppia linea di copertura preventiva: sostanzialmente cosa vuol dire questa cosa? Quasi tutte le squadre con le coperture preventive cercano di avere superiorità numerica contro gli attaccanti avversari; con due linee di copertura si ha una prima linea che attacchi chi riceve la palla dopo che l'avversario l'ha riconquistata, mentre la seconda linea copre lo spazio alle spalle. Ma quello che succede con Zeman è diverso: il vertice alto del triangolo di costruzione, ossia Petermann, tende ad unirsi alla fase di gegenpressing togliendo quella linea di copertura ed esponendo i difensori agli attacchi avversari perdendo la superiorità numerica.

Nell'ultima partita di campionato contro il Taranto molto spesso, specie nel primo tempo, la difesa foggiana si è trovata in questo tipo di situazione in fase di transizione difensiva: l'uscita in avanti di Petermann portava alla creazione di un buco tra le linee esplorato dai giocatori del Taranto che, per fortuna dei tifosi foggiani, non sono stati in grado sempre di capitalizzare, se non in occasione dell'azione che ha portato al calcio di rigore che aveva sbloccato la partita per poi essere pareggiata proprio da un goal di Petermann a dimostrazione di quanto scollegare il vertice basso del centrocampo comporti dei svantaggi e degli svantaggi, entrambi accettati dal tecnico boemo nella sua strategia di gioco. 

Al momento questo gioco di vantaggi/svantaggi vede la formazione foggiana con un saldo positivo di 4 goal (15 goal segnati contro 11 subiti) e di 2,4 xG (13,8 a favore, 11,4 contro), per cui numericamente parlando la strategia al momento regge, ma è ovvio che siamo ad appena 1/3 della stagione, per cui i bilanci andranno fatti molto più avanti.

E LA PARTE ATLETICA?


Un altro aspetto particolarmente discusso del mondo zemaniano è quello relativo alla preparazione atletica: i metodi del tecnico boemo sono considerati da molti come vetusti, adesso la preparazione estiva non crea più il "fondo", ossia quelli esercizi che servono ad allenare la resistenza dei giocatori, bensì oggi ci si fonda più su allenamenti basati sulle situazioni di gioco e, soprattutto, la palla è presente sin dal primo giorno di allenamento.

Non essendo esperto di questo settore, non mi lancerò in giudizi in tal senso, tuttavia il sistema di gioco di Zeman è estremamente specifico e non assimilabile a nessun altro tipo di sistema, per quanto molti suoi ex calciatori nella loro avventura di allenatore abbiano cercato di usare come riferimento i princìpi del tecnico boemo (vedi Gigi Di Biagio ed Eusebio Di Francesco) non hanno avuto altrettanto successo, per cui mi viene da pensare che la meccanicità di cui possiamo godere nel vedere il Foggia di Zeman sia proponibile solo con quel metodo di lavoro.

Per perorare la causa di Zeman cerco conforto anche da un ulteriore dato statistico: il Foggia è una squadra che segna molto nelle mezzora finale delle partite e che nello stesso lasso di tempo subisce pochissimo. Non è un caso che i 7 goal realizzati dai rossoneri tra il 60' ed il 75' di gioco sia per distacco il record migliore del campionato in quello specifico momento della partita, non un dato banale considerando quanto le partite spesso cambino registro dopo l'ora di gioco. Stesso discorso vale per la fase difensiva: il Foggia ha subito finora solo 4 reti nei secondi tempi, solo il Catanzaro con 2 può fregiarsi di un dato migliore nella competizione. 

Indubbiamente un sistema così fortemente orientato sulla resistenza è fortemente esigente nei confronti dei calciatori, e solo con una forte opera di convincimento e motivazioni può fare presa sui giocatori, per questo attecchisce prevalentemente su elementi molto giovani o in cerca di riscatto, mentre è molto più faticoso da far digerire a giocatori maggiormente affermati e poco disposti ad uscire dalla propria comfort zone.

CONCLUSIONI

Vedere, anzi rivedere, all'opera il Foggia di Zeman è un esercizio molto appagante per gli occhi di un appassionato: per chi pensava che un tecnico di 75 anni non potesse insegnare calcio nel 2021 ha ricevuto una risposta molto negativa al momento. Il 4-3-3 di Zeman segue princìpi come le catene laterali, il pressing alto e la difesa alta, tutte cose che vediamo in gran parte degli allenatori di nuova generazione, per questo motivo il tecnico boemo non è giovane di età ma calcisticamente contemporaneo, questo perché le sue idee 40 anni fa erano tremendamente (forse troppo) avanti rispetto al resto.

lunedì 25 ottobre 2021

Dionisi e Zanetti stanno plasmando Sassuolo e Venezia


Sabato pomeriggio al Mapei Stadium di Reggio Emilia è andata in scena la sfida tra il Sassuolo ed il Venezia, due squadra allenate dai due tecnici, assieme a Vincenzo Italiano, che meglio rappresentano la nuova generazione di allenatori italiani in grado di proporre un calcio propositivo ed in grado di utilizzare al meglio il materiale umano a propria disposizione.

La partita è terminata 3-1 per la formazione nero-verde, un risultato che ha premiato la capacità di Dionisi di saper cambiare in corsa lo schieramento della propria squadra (complice il cambio forzato di Djuricic) e penalizzato oltremodo un Venezia che ha perso i propri riferimenti nel momento in cui ha visto uscire dal campo per infortunio il suo gioiello Gianluca Busio, mettendo a nudo alcune difficoltà della squadra date dal faticoso inserimento in gruppo dei tanti acquisti arrivati nel corso dell'ultimo mercato estivo.


LE FORMAZIONI

Alla lettura delle formazioni iniziali si poteva intuire il piano iniziale di gara dei due allenatori, con Dionisi che prosegue sul solco del 4-2-3-1 ereditato da De Zerbi, mentre Zanetti conferma, a sua volta, un 4-3-3 molto atipico viste le caratteristiche dei giocatori schierati a centrocampo ed in attacco, denotando la ricerca di un sistema di gioco quanto più fluido possibile.



Dopo la doppietta sul campo del Genoa, Scamacca riprende la maglia da titolare in attacco con Raspadori confermato alle sue spalle, a sinistra confermato anche Djuricic in luogo di Boga, per il resto formazione consolidatissima. Stesso discorso per quel che riguarda la linea difensiva del Venezia: la coppia centrale della scorsa stagione composta da Svoboda e Ceccaroni fornisce garanzie a Zanetti, così come la grande forza fisica ed atletica di Ebuehi e Haps ai loro lati; l'assenza dell'ultimo minuto di Aramu e l'infortunio patito da Johnsen contro la Fiorentina, portano a qualche variazione a centrocampo ed in avanti, con Crnigoj ad affiancare Ampadu e Busio confermatissimi a centrocampo, mentre Okereke e Kiyine operano davanti al fianco di Henry.


POCHI SPAZI A DISPOSIZIONE PER IL SASSUOLO

Gran parte del contesto tattico della partita è stato dettato dalla ricerca degli spazi da parte del Sassuolo: diverse sono state le modifiche che Dionisi ha dovuto operare a partita in corso per trovare il modo di forzare il blocco centrale predisposto dal Venezia.

Questa era la situazione tipica di schieramento delle due squadre nel momento in cui il Sassuolo dava inizio all'azione: da qui si può notare il blocco centrale della squadra arancioneroverde, con un'unica eccezione: Haps che si staccava lateralmente dai propri compagni della linea difensiva per andare a prendere Berardi che cercava di giocare largo allo scopo di condurre il pallone in zona rifinitura. Scopo di questa strategia del Venezia era quello di condurre il Sassuolo a giocare per linee esterne, una situazione in cui la squadra di Dionisi non è a suo agio, soprattutto se non può raggiungere la zona di rifinitura, ossia quello spazio tra linea difensiva e linea di centrocampo avversaria.

Il Sassuolo a quel punto cercava di sfruttare lo spazio che lo schieramento del Venezia lasciava ai giocatori schierati in prima costruzione per creare linee di passaggio interne mediante movimenti verso l'esterno del campo: in questo esempio vediamo Ferrari che porta palla, Rogerio e Djuricic che spostano verso l'esterno le linee del Venezia e Raspadori che cerca di venire incontro tra le linee. Questo movimento costringe Svoboda a spezzare la linea difensiva del Venezia, in quello spazio alle spalle Scamacca ha provato ad inserirsi, ma nonostante l'uscita dalla linea di Svoboda, il resto della linea è molto brava a non concedere la profondità al centravanti del Sassuolo mettendolo in fuorigioco o accompagnando il suo taglio come spesso ha fatto Ceccaroni in queste circostanze.

Sul lato destro l'obiettivo era quello di sfruttare lo spazio creato tra Ceccaroni ed Haps ben visibile nell'esempio precedente; con Frattesi limitato nei suoi movimenti in verticale, spettava a Toljan cercare di attaccare quello spazio con rapide corse in verticale, tuttavia anche in questo caso il Venezia sapeva cosa fare: Haps seguiva l'inserimento del terzino avversario mentre Busio scivolava esternamente per chiudere Berardi e ritardarne la giocata, una mossa che consentiva al contempo a Kiyine di abbassarsi sullo stesso Frattesi, lasciato incustodito dalla scalata dell'ex giocatore del Kansas City.

LA FLUIDITA' DEL VENEZIA IN COSTRUZIONE

Come già visto nella partita vinta contro la Fiorentina, ma anche, in modo diverso, nella scorsa stagione, il Venezia di Zanetti ama costruire e sviluppare l'azione sovraccaricando le zone esterne del campo. Lo scorso anno in B la costante era quella di creare sovraccarico su un lato di campo in fase di sviluppo per poi ribaltare il gioco sull'altro lato, quest'anno, invece, le cose migliori le stiamo vedendo con l'utilizzo di questo sovraccarico per poi cercare la profondità.

Qui vediamo come si muove lo schieramento del Venezia ad inizio azione: Busio si allarga per fornire manforte all'uscita del pallone sul lato sinistro, nessun giocatore del Sassuolo esce su di lui in quanto la posizione di Kiyine costringe la squadra nero-verde ad una scelta se uscire sullo statunitense o coprire l'ex fantasista della Salernitana. Infatti a quel punto le soluzioni a disposizione di Haps che riceve la palla sono due: appoggiarsi su Busio per poi creare il lato forte a sinistra, oppure qualora Toljan scelga di uscire dalla linea difensiva, lo stesso terzino ex Feyenoord poteva tentare l'immediata verticalizzazione alle spalle dei difensori avversari, facilitata anche dai movimenti a venire incontro di Henry.

Questa è la situazione tipica che più volte si è creata nel corso del primo tempo: Okereke taglia alle spalle di Toljan costringendo Chiriches ad una difficile rincorsa ad un giocatore decisamente più esplosivo di lui sui primi passi. Da questa situazione sono nati diversi pericoli veri o potenziali per la porta di Consigli, ma soprattutto il goal con cui l'ex attaccante del Bruges ha sbloccato la partita a favore della squadra lagunare. Il modo in cui è stata impostata e sviluppata l'azione ha diversi punti in comune con la rete realizzata alla Fiorentina una settimana fa.

In tutto ciò non è possibile nascondere l'importanza di Gianluca Busio. giocatore che sta mostrando di poter svolgere con la stessa efficacia compiti di costruzione, sviluppo dell'azione ed anche interdizione delle azioni avversarie. A Kansas City ha giocato in diverse posizioni anche se quella preferita sembrava fosse da vertice davanti alla difesa, con l'inserimento di Ampadu è stato spostato praticamente in posizione di mezzala mostrando grande capacità di poter coprire il campo anche in larghezza permettendo alla squadra di mantenere sempre un certo equilibrio in mezzo al campo. Non è un caso che con la sua uscita dal campo il Venezia abbia perso la capacità di poter coprire il campo in ampiezza: il suo sostituto Peretz non è stato in grado di svolgere lo stesso tipo di funzioni mantenendo una posizione decisamente più rigida in campo e soprattutto mostrando grosse difficoltà a gestire i continui inserimenti di Frattesi.


IL CAMBIO DJURICIC-TRAORE CAMBIA VOLTO AL SASSUOLO


Il termine cambiare volto spesso viene usato in maniera inflazionata da giornalisti e commentatori sportivi per raccontare l'impatto di un avvenimento su una partita; l'ingresso in campo di Traorè al posto di Djuricic ha decisamente ridisegnato il modo di giocare del Sassuolo permettendo a Dionisi di risolvere il problema del superamento del blocco centrale del Venezia.

Sin dalla fase di costruzione si è notato un atteggiamento diverso della squadra emiliana rispetto alla prima parte della partita: come si evince dall'esempio, i terzini si scollegano dalla fase di costruzione mentre Maxime Lopez si abbassa al fianco (e non in mezzo) dei centrali, l'ampiezza adesso è data da Toljan, mentre Berardi si inserisce nella zona di rifinitura; anche la prima linea di pressione a 3 del Venezia viene sfruttata a proprio vantaggio dalla squadra di Dionisi con Frattesi che si muove alla spalle di Kiyine costringendo Busio a scegliere se alzarsi sull'ex centrocampista del Monza o tracciare l'avanzamento di Toljan a destra.

Questo tipo di movimenti genererà la situazione che porterà al pareggio realizzato da Berardi: con Busio che viene spinto verso il largo da Toljan, Haps deve uscire su Traore; alle spalle del terzino sinistro del Venezia si inserisce Frattesi che viene seguito da Ampadu, ma questo movimento libera spazio per Berardi tra le linee, sul numero 25 del Sassuolo dovrebbe scalare Crnigoj come richiesto chiaramente da Ceccaroni. Ciò non avviene e l'esterno della nazionale può attraversare la trequarti palla al piede sostanzialmente indisturbato e coordinarsi per il goal del pareggio.

L'ingresso di Traorè ha permesso a Dionisi di ridisegnare la propria squadra: la rigidità che il 4-2-3-1 mostrava di avere contro il blocco centrale del Venezia ha lasciato posto ad un 4-3-3 dove Traorè spesso si abbassava per attrarre il centrocampo avversario su di se generando spazio alle proprie spalle sfruttato dai movimenti di Raspadori ad accentrarsi nel mezzo spazio di sinistra. Questa mossa tattica unita all'uscita di Busio sopra menzionata ha mosso il contesto tattico della partita e l'inerzia della stessa dalla parte dei padroni di casa che hanno potuto, poi, mettere sul tavolo anche la propria superiorità tecnica.









CONCLUSIONI 

Sassuolo e Venezia hanno disputato una partita molto bella e godibile con due allenatori che hanno cercato di giocarsi la partita cercando di prendere in mano il controllo delle operazioni e dettare il contesto tattico della stessa.

Entrambe le squadre hanno cercato di giocare sempre il pallone da dietro e cercare di manipolare gli schieramenti difensivi avversari: ne è venuta fuori una partita con anche diverse fasi di rapide transizioni e capovolgimenti di fronte, infatti poi a vincere la partita è stata la squadra che ha saputo eseguire al meglio le giocate a livello tecnico.

giovedì 21 ottobre 2021

La mentalità Ajax ha dominato il Dortmund


La terza giornata dei gironi di Champions League ha messo in calendario un confronto interessantissimo tra Ajax e Borussia Dortmund, due delle principali formazioni a livello europeo quando si parla di buttare nella mischia giovani talenti con prospettive da fenomeni.

Ai fini della classifica del girone non si è trattata di una sfida dal peso gigantesco visto che entrambe le compagini si presentavano alla sfida dell'Amsterdam Arena a punteggio pieno in classifica avendo battuto entrambe Sporting Lisbona e Besiktas nei turni precedenti.

Per questo motivo ci si aspettava una sfida a viso aperto, e così è stato nei primi 20 minuti circa, con diverse transizioni e potenziali opportunità per entrambe le squadre, poi è diventato tutto un grandissimo show dell'Ajax, capace in corso d'opera di aggiustarsi tatticamente e di esporre i limiti difensivi della squadra di Marco Rose che continuano ad accompagnare le prestazioni della squadra giallonera nel corso di questa stagione.


LE FORMAZIONI


Lo schieramento delle due squadre viene disegnato sulla carta come un 4-3-3, definizione sicuramente corretta per quel che riguarda i meccanismi di gioco della squadra olandese; decisamente diversi, invece, quelli della squadra tedesca, con le posizioni di Malen e Reus decisamente più strette, anche in fase di non possesso, avvicinando lo schieramento più ad un rombo che ad un 4-3-3, tuttavia gli scambi di posizione tra i due giocatori al fianco di Haaland hanno mostrato come chiudersi in una definizione di modulo resta un esercizio assai aleatorio.




IL DORTMUND TROVA SPAZI NELLA TREQUARTI


L'inizio di partita del Dortmund è stato migliore rispetto a quello dei loro avversari: le scelte di pressing dell'Ajax nella fase iniziale della partita erano apparse molto disordinate, permettendo la creazione di spazi tra le linee dove galleggiavano i tre elementi offensivi creando situazioni potenzialmente pericolose.

Un modo della squadra di Rose per trovare spazio stava nei movimenti ad uscire di Jude Bellingham che, accompagnato dalle discese di Meunier attirava Alvarez fuori posizione liberando spazio tra le linee per uno spazio occupato nell'esempio da Reus e Haaland. Qui Bellingham anziché andare al centro deciderà di ritardare l'azione togliendone l'inerzia permettendo all'Ajax di ricucire le distanze tra i reparti e sventando l'azione.

A creare quello spazio tra le linee era la strategia di pressione dell'Ajax che cercava inizialmente di salire con Alvarez e le mezzali per andare a prendere Witsel e l'altro centrocampista che si abbassava a costruire (in questo caso Bellingham, ma si alternavano con Brandt), a questo si aggiungeva l'uscita dell'altra mezzala sul terzino di parte (Berghuis su Schulz) ed ecco che si creavano spazi importanti per il Dortmund; tuttavia delle ottime letture individuali dei centrali difensivi hanno permesso all'Ajax di non essere punita per questa mancanza di equilibrio in campo.

Le statistiche sui duelli difensivi ci mostrano quanto sia stata decisiva per le sorti del match la grande prestazione individuale del centrale argentino Lisandro Martinez, capace di mettere più volte la museruola anche ad Haaland, specie nella prima frazione di gara.







Chissà se adesso staremmo raccontando un'altra partita qualora il Dortmund fosse stato capace di convertire in azioni da rete queste difficoltà iniziali dell'Ajax, ma gli errori tecnici commessi dai giocatori di Rose dovevano lasciare intuire che non fosse la loro serata migliore.


IL TRIANGOLO DI DESTRA DELL'AJAX


L'Ajax ha costruito la propria proposta offensiva sia utilizzando la grande qualità dei propri interpreti, sia mediante una copertura del campo in ampiezza che ha esposto i limiti difensivi del Borussia Dortmund. L'anima offensiva dei lancieri è risieduta nel triangolo formato a destra da Mazraoui, Berghuis ed Antony.

Le qualità in dribbling del brasiliano, quelle in sovrapposizione del terzino marocchino ed il senso degli inserimenti dell'ex capitano del Feyenoord, hanno letteralmente mandato in tilt la difesa del Dortmund. Qui vediamo il posizionamento dei tre elementi del triangolo con Antony che riceve da Mazraoui, scambia corto con Berghuis che restituisce il pallone all'ex San Paolo che, nel frattempo, si beve Schulz, contro il quale ha scherzato per tutto il corso del match.

Anche la partita di Berghuis da quella parte è stata clamorosa, per capacità di coprire il campo, per capacità di associarsi con i compagni e, per non farsi mancare nulla, ci ha regalato delle giocate sensazionali in rifinitura: una di queste è arrivata al termine di un'altra triangolazione con Antony su quel lato in cui il brasiliano premia il suo inserimento che sfrutta servendo con un colpo di tacco Haller a centro area con la porta spalancata davanti. Da questo esempio si può notare come le incursioni di Antony costringano Hummels ad aprire la linea difensiva costringendo Witsel a delle faticosissime corse all'indietro.

Mazraoui, invece, innescava la superiorità numerica anche grazie al fatto che il Dortmund sembrava non avere un piano per impedirne la ricezione e la progressione palla al piede: dal modo in cui la squadra di Rose cercava di pressare la costruzione dell'Ajax si notava la mancanza di una strategia ben definita su cosa fare in fase di non possesso, nell'esempio è abbastanza evidente come il terzino marocchino sia facilmente raggiungibile dai compagni mentre nessun giocatore del Dortmund si occupa di uscire su di lui e, soprattutto, di chiudere la linea di passaggio verso di lui: anche questo è un chiaro esempio di una serata tutt'altro che positiva per la formazione tedesca.

UNA MENTALITA' OFFENSIVA


Come indicato precedentemente, la fase di non possesso dell'Ajax nella primissima parte di partita non è stata proprio da consegnare agli annali, ma qui sta anche la capacità di Ten Hag di aggiustare lo schieramento della sua squadra pur non rinunciando a determinati princìpi.

Dopo le difficoltà iniziali i meccanismi in pressione sono cambiati ed hanno permesso alla squadra di essere scaglionata meglio e soprattutto, più corta: nell'esempio la squadra si muove in modo tale da avere come riferimento l'uomo nella zona dove si sta giocando il pallone, ma allo stesso tempo vediamo come Alvarez, a differenza delle prime fasi di partita, mantenga la posizione centrale a protezione della linea difensiva. Inoltre come si può evincere, la squadra è più compatta anche nelle zone più lontane dal pallone, stringendo, quindi, il campo da difendere.

Questi meccanismi hanno, quindi, portato ad una serie importanti di recuperi palla anche in zone piuttosto avanzate del campo: questo schieramento è stato utilizzato anche in fase di riaggressione dopo aver perso il pallone, come è accaduto nell'azione del goal del 2-0 realizzato da Blind. Ma soprattutto, la cosa più importante da notare è stata la mentalità della squadra, sempre portata a difendere in avanti anche dopo aver ottenuto il doppio vantaggio: la statistica sul PPDA mostra chiaramente le difficoltà iniziali della formazione di Ten Hag nella fase iniziale della partita dove ha concesso possessi prolungati agli avversari, tanto quanto la grande aggressività tenuta nella fase centrale del match anche con due goal di vantaggio.


LA DIMENSIONE CHE DA SEBASTIEN HALLER


Una citazione in questa analisi la merita sicuramente Sebastien Haller, capocannoniere, al momento, di questa fase a gironi di Champions League, con 6 reti realizzate a cui aggiungere i due assist confezionati ieri sera, soprattutto quello sul goal di Blind, dove il centravanti ex Eintracht ha mostrato tutte le sue capacità di gestione del pallone spalle alla porta con una padronanza tecnica ed un'eleganza con pochi termini di paragone in giro.

Nella versione dell'Ajax di Ten Hag del 2019 in grado di arrivare in semifinale di Champions e di trovarsi a pochi secondi dall'accesso alla finale stessa, il ruolo di centravanti era domandato a Tadic, un falso nueve che muoveva il pallone con grande maestria fungendo da direttore d'orchestra avanzato: oggi il serbo mantiene gli stessi compiti, ma spostato largo a sinistra dove assieme a Blind e Gravenberch tessono la tela per poi rovesciare il gioco sul triangolo opposto. Oggi, invece, il fulcro centrale è questo attaccante che veste la maglia della nazionale ivoriana e che ha dato una nuova dimensione al gioco della squadra olandese grazie alle sue grandi capacità di gestire il pallone spalle alla porta.

In questa clip potete osservare alcune giocate con cui il centravanti dell'Ajax fa avanzare la manovra delle sua squadra, giocate che pochi giocatori con quelle caratteristiche fisiche possono permettersi.




CONCLUSIONI


Osservare l'Ajax nella partita di martedì sera è stato un grandissimo piacere per chi ama un calcio in cui l'estetica conta tanto quanto il risultato; il rammarico è stato quello di non aver visto una partita equilibrata come ci si poteva attendere alla vigilia. 

Le aggiunte di Berghuis e Haller hanno reso questa nuova versione dell'Ajax di Ten Hag una nuova potenziale contender come sorpresa di questa Champions League: gli addii di De Ligt, De Jong e Ziyech non sono stati facili da smaltire, ma come da sua tradizione il club di Amsterdam ha saputo sfruttare la propria identità per far crescere altri giovani del loro vivaio e renderli pronti ad una nuova sfida internazionale.

Il Dortmund di Marco Rose, invece, fatica maledettamente a trovare un equilibrio in campo: la coesistenza tra Haaland e Malen, principale scommessa dell'ex tecnico del Borussia Moenchangladbach in queste primi mesi della sua gestione, fatica a prendere piede e ne paga le conseguenze la struttura di squadra che deve, inoltre, fronteggiare l'assenza di un giocatore importante come Guerreiro e che non riesce ad assorbire la mancanza di un giocatore come Delaney, ceduto nell'ultima sessione di mercato.

giovedì 14 ottobre 2021

Come è andata Juventus-Chelsea femminile?


A due settimane di distanza dalla sfida disputata tra le due compagini maschili, Juventus e Chelsea si sono incrociate per la versione femminile della Champions League, che da quest'anno segue un formato più simile a quello più ricco degli uomini, con una fase a gironi al posto di doppie sfide ad eliminazione diretta che, invece, inizierà a partire dai quarti di finale.

Il Chelsea femminile ha rischiato lo scorso anno di copiare il cammino europeo degli omologhi maschili, raggiungendo la finale poi persa contro il Barcellona: quest'anno le ragazze allenate da Emma Hayes partono con la ferma volontà di prendersi il titolo perso lo scorso anno; dall'altra parte la Juventus si affaccia per il prima volta ad una fase così avanzata della competizione (non era mai entrata tra le prime 16 in precedenza) e sta provando a colmare un forte gap nei confronti dei club top in Europa, per questo motivo si è affidata in questa stagione alle cure di Joe Montemurro, allenatore dal curriculum internazionale importante e con una visione di gioco molto interessante.

La partita è terminata 2-1 per la formazione inglese, alle bianconere non è riuscita l'impresa degli omologhi uomini per quanto la prestazione abbia denotato una serie di aspetti che lasciano pensare che il famoso gap di cui sopra non è certamente colmato ma comunque sembra essersi abbastanza ridotto.


LE FORMAZIONI

La Juventus viene schierata da Montemurro con un 4-3-3 in cui Rosucci e Cernoia affiancano Pedersen nel trio di centrocampo, in attacco viene rispolverato il tridente delle grandi occasioni con Bonansea e Hurtig al fianco di Girelli, mentre in difesa ritorna a comandare Sara Gama, ai box nelle partite precedenti causa infortunio, al suo fianco Cecilia Salvai.


Il Chelsea viene schierato da Hayes, invece, con un 3-4-3 che sotto alcuni aspetti somiglia a quello presentato da Tuchel nella selezione maschile. La vera differenza sta nelle tre attaccanti, con l'australiana Kerr riferimento per la profondità supportata da altre due campionesse come Pernille Harder e Francesca Kirby; le due centrocampiste centrali sono la coreana Ji So-Yeon e la tedesca Leupolz, le esterne sono la norvegese Reiten a sinistra e la scozzese Cuthbert a destra; il trio difensivo è invece composto da Bright-Carter-Eriksson.


IL CHELSEA "HA FATTO" LA PARTITA

Avendo il ruolo di favorita e dovendo anche vincere per non complicarsi il cammino nel girone, il Chelsea è stata la squadra ad avere il pallino del gioco nel corso della partita (62% di possesso palla alla fine della partita, 66% al termine del primo tempo) mentre la Juventus ha cercato di attendere compatta proteggendo il centro del campo dalle incursioni avversarie.

In questo esempio si nota chiaramente dove si è giocata il più delle volte la partita: le tre centrali del Chelsea e le due centrocampiste centrali avevano il compito di iniziare la costruzione dell'azione, mentre le due esterne e le tre attaccanti si occupavano di fungere da "invasori" nella metà campo bianconera; da canto suo la Juventus ha dato priorità a chiudere il centro del campo con Bonansea e Girelli che si occupano principalmente di disturbare la ricezione del pallone per Ji e Leupolz.

Per ovviare a questo tipo di resistenza da parte della Juventus la formazione londinese aveva essenzialmente due soluzioni per guadagnare campo e rendersi pericolosa: una era quella di chiedere ai due "braccetti" Bright ed Eriksson di condurre il pallone per guadagnare metri da una parte ed attrarre una maggior pressione della Juve dall'altra; la seconda era quella di servire le due esterne Cuthbert e Reiten in modo da sfilacciare in ampiezza lo schieramento difensivo della Juventus.

Tramite la circolazione insistita tra le tre difendenti delle Blues vi è un avanzamento della squadra sul terreno di gioco che schiaccia la Juventus fin sul limite della propria area di rigore: questo atteggiamento ha reso sì difficile al Chelsea la possibilità di rendersi pericoloso ma allo stesso tempo ha invitato giocatrici di grande livello tecnico a potersi muovere in zone molto pericolose di campo, una strategia che alla fine dei conti non ha pagato. Nell'esempio si vede come questa volta sia Hurtig a prendere Ji con Girelli su Leupolz mentre il resto della squadra si tiene compatta e si muove in direzione palla.

La seconda soluzione era quella di sfruttare l'ampiezza del campo per cercare spazi: l'idea era quella di manipolare lo schieramento compatto della Juventus in zona palla sovraccaricando un lato per poi muovere il pallone dall'altro. In questa occasione si vede come le bianconere vadano a chiudere quel lato di campo, il Chelsea mediante la propria circolazione faceva arrivare il pallone alla centrale Jess Carter che con un piede educatissimo era in grado di trovare l'esterna sul lato opposto; una soluzione, questa utilizzata anche in fase di costruzione centrale dove il piede della giocatrice con la maglia numero 7 è stato spesso utilizzato per cercare questo tipo di soluzione allo scopo di aprire lo schieramento difensivo avversario.

LISA BOATTIN ARMA TATTICA DI MONTEMURRO

La Juventus, però, non ha certo fatto una partita di sola difesa e contropiede, di certo ha concesso molto possesso all'avversario cercando di sfruttare qualche errore di impostazione ma ha comunque sempre cercato un modo, ogni volta che entrava in possesso del pallone, di non sprecarlo, cercando di giocarlo in modo tale da scoprire lo schieramento della squadra di Emma Hayes. Sotto questo aspetto molto importante è stato il ruolo avuto nel corso del match da Lisa Boattin, schierata da terzino sinistro in fase di non possesso ma con compiti molto più vari in fase di possesso.

In fase di costruzione la laterale sinistra della Juventus si accentrava allo scopo di permettere alle compagne di superare la prima pressione delle avversarie generando una linea di passaggio non coperta dalle giocatrici del Chelsea ed allo stesso tempo creando una situazione in cui è in grado di poter risalire in campo in libertà oppure utilizzare il suo educatissimo piede sinistro per esplorare zone più avanzate del campo soprattutto alle spalle della linea difensiva delle ragazze di Hayes.

Il vantaggio di questo movimento di Boattin è quello di creare superiorità numerica in differenti zone di campo anche grazie al movimento delle tre giocatrici più offensive: in questo esempio Girelli costringe la linea difensiva ad abbassarsi mentre Leupolz deve lasciare la propria casella in mezzo al campo per ostacolare Boattin consentendo un inserimento alle spalle di Rosucci o Cernoia. Con una sola mossa Montemurro riusciva a generare spazio in zona rifinitura nonché la possibilità di attaccare la profondità ed esporre la linea difensiva del Chelsea andata spesso in difficoltà sui tagli ai lati delle tre centrali difensive. Questo ha permesso alla squadra bianconera di pareggiare il numero di conclusioni delle avversarie nel corso del primo tempo (4 tiri per parte) nonostante un possesso palla notevolmente inferiore.

Anche in transizione questo posizionamento veniva utilizzato per mettere a nudo il lato debole della formazione vice-campione in carica su quel lato di campo: ancora una volta le due mezzali si muovono verso lo spazio tra le linee, Girelli al solito si muove senza palla per provocare una scelta alla linea difensiva ed all'esterna Reiten; Bonansea e Hurtig cercano di attaccare la profondità, in questa maniera Boattin ha campo libero e può scegliere se premiare l'inserimento di Rosucci o se sfruttare le capacità di Hurtig di muoversi alle spalle della linea difensiva mettendo a disagio Bright e Carter che se la sono dovuta cavare più volte con molto mestiere.

Analizzando la passmap delle ragazze juventine emerge chiaramente la centralità della giocatrice con la maglia numero 13, utilizzata come riferimento sia dalla centrale difensiva di parte Cecilia Salvai che dal play Pedersen (che, per inciso, è una giocatrice che per qualità e caratteristiche servirebbe come il pane anche alla formazione maschile) per poi connettersi con Rosucci e/o Hartig.


Sarà proprio Boattin, infatti, con un suo cross da trequarti completamente indisturbata, a trovare l'assist per la rete del momentaneo pareggio di Barbara Bonansea.


LE ROTAZIONI DEL CHELSEA IN SVILUPPO E RIFINITURA


Come anticipato precedentemente, la chiave della squadra ospite per avanzare e sviluppare il gioco stava nell'ampiezza data dalle due laterali Cuthbert e Reiten che la Juve sceglieva di lasciare libere sperando poi di poter imprigionare l'avversario con l'ausilio della linea laterale, una scelta a cui la squadra di Emma Hayes ha saputo porre rimedio mediante l'utilizzo di rotazioni posizionali anche grazie alla grande mobilità di Pernille Harder e Francesca Kirby, le due giocatrici chiamate a supporto di Samantha Kerr.

Sul lato sinistro è la svedese ad aprirsi a sinistra per ricevere il pallone, la Kirby si inserisce nello spazio tra le linee e la Reiten funge da vertice avanzato di questo triangolo inserendosi tra terzino e centrale della Juventus, il tutto mentre sul lato opposto Kerr costringe Salvai ad aprire la linea difensiva. Dalle combinazioni su questa fascia arriveranno diverse situazioni di pericolo salvate da estenuanti corse all'indietro di Pedersen o della mezzala di parte in chiusura sui passaggi a rimorchio dal lato corto dell'area di rigore.

Sul lato destro, invece, la situazione era ancora più visibile con ancora la Harder che raccoglie il passaggio sull'esterno lasciando alla Cuthbert il compito di buttarsi nello spazio tra Salvai e Boattin, costringendo Rosucci ad una faticosissima corsa all'indietro per coprire il corridoio anche perché una scalata di Salvai avrebbe permesso a Kirby di inserirsi tra le centrali visto che Sara Gama era presa, a sua volta, dalla marcatura di Sam Kerr.

La creazione di questi triangoli e di queste rotazioni posizionali hanno progressivamente permesso alla squadra londinese di trovare soluzioni per superare lo schieramento difensivo della Juventus, il resto ce lo ha messo la qualità individuale di Pernilla Harder che, ricevendo un passaggio progressivo di Carter ha inventato un cambio di gioco che ha liberato Cuthbert sulla destra, da questa giocata scaturirà l'azione che terminerà con il goal della stessa giocatrice scozzese sfruttando un grande movimento senza palla di Kirby che ha aperto come il Mar Rosso la linea difensiva bianconera lasciando la numero 22 del Chelsea libera di andare al tiro indisturbata al centro dell'area di rigore.


ALLORA DOVE E' STATA DECISA LA PARTITA?


Spesso sentiamo dire che i risultati sono frutto degli episodi, però poi ci si dimentica di chiedersi perché e come si è arrivati a quell'episodio: è vero che il goal della vittoria del Chelsea è arrivato su una serie di rimpalli tra le difendenti juventine e Sam Kerr prima di finire misteriosamente sui piedi di Pernilla Harder che non si è fatta dire due volte di depositare il pallone in rete, ma è anche vero che la strategia passiva della Juventus non stava più raccogliendo dividendi.

Come indicato precedentemente, la formazione di Montemurro ha deciso di avere un atteggiamento molto prudente in fase di non possesso che, con il senno di poi, potrebbe aver generato qualche rimorso nel tecnico ex Arsenal.

Difatti il momento migliore della partita per la Juventus è stato quello dopo il goal del Chelsea, dove la squadra ha reagito cambiando immediatamente il proprio atteggiamento in campo alzando il baricentro e contestando il possesso in maniera più aggressiva alle avversarie. Esempio è dato da questa strategia in prima pressione con le giocatrici bianconere che seguivano individualmente le avversarie con le tre attaccanti che seguivano le tre centrali difensive e Rosucci su Ji.

Quanto accaduto nella ripresa, però, è conseguenza di come si è sviluppata la partita nel primo tempo: le due mezzali della Juve e le tre attaccanti si sono spese tantissimo per mantenere compatta la squadra in fase di non possesso, ed il sistema di triangolazioni, rotazioni e sovrapposizione delle inglesi aveva messo alla frusta atleticamente al squadra di Montemurro.

Il dato sulla progressione del PPDA mostra chiaramente quanto il fattore atletico abbia inciso sulle ragazze bianconere. Seppur all'interno di una partita in cui il dato generale del PPDA è stato strategicamente basso, si notano chiaramente dei crolli nella fase finale del primo tempo e dal 60' fino al goal del 2-1 del Chelsea. Col senno di poi è facile dire che tenere la squadra con un baricentro troppo basso ha fatto faticare molto la squadra sia per risalire sia per coprire il campo in ampiezza nel momento in cui la squadra avversaria ha iniziato a capire che sfruttare tutta la larghezza del campo poteva essere l'arma per portare a casa la partita. 


La questione della tenuta atletica della squadra apre forse il vero punto interrogativo nelle scelte di Montemurro: mentre non possiamo contestare a priori la strategia di gara, ritengo invece opportuno chiedere conto all'allenatore se forse qualche cambio non potesse essere anticipato, soprattutto nel momento in cui diverse giocatrici, poi sostituite poco dopo il goal decisivo di Harder, non sembravano più in grado di tenere il pallone acciecate dalla stanchezza.

CONCLUSIONI


Analizzata la partita è emerso quanto sia importante e meritorio il lavoro che sta facendo il nuovo allenatore della Juventus per alzare il livello della squadra sullo scenario continentale; la forza del Chelsea si è mostrata in maniera meno appariscente di quanto si immaginava alla vigilia, e questo è un merito delle bianconere. Tuttavia la forza si è manifestata in maniera più sostanziale: la grande qualità della squadra di Emma Hayes ha distrutto fisicamente la formazione bianconera fino ad indurla ad una serie di errori che poi hanno portato a quegli episodi che hanno deciso la partita. Per cui anche le vittorie per episodi hanno un senso logico.

martedì 5 ottobre 2021

Alla fine ha vinto chi ha Osimhen


Fiorentina-Napoli era senza ombra di dubbio una delle partite più attese della settima giornata di serie A, il turno che ha chiuso questa primo gruppo di impegni stagionali scaglionato tra le pause per le nazionali. Le due squadre che si sono affrontate al Franchi domenica sera sono quelle che in questa fase di stagione hanno mostrato rispettivamente una forte identità di gioco ed una grande capacità di manipolare l'andamento della partita.

La partita ha mostrato come nessuna delle due squadre si sia snaturata in occasione di questa sfida, cercando entrambe di piegare il contesto tattico dalla propria parte ed entrambe riuscendo nel proprio intento in maniera alterna, rendendo la partita un lungo rimpallarsi di capovolgimenti di fronte da un lato all'altro del campo che ha reso la partita molto bella e giocata a ritmi importanti, un buon segno per il nostro campionato, poco propenso ad alzare i ritmi a vantaggio di una maggiore accortezza tattica.

Ad uscirne vincitore è il Napoli di Spalletti, alla settima vittoria su sette partite di campionato, capace di portare a casa la partita grazie alla migliore capacità di sfruttare i punti di debolezza difensivi dell'avversario, dilatati fino ad essere visibili ad occhio nudo grazie alle qualità uniche di Victor Osimhen, un vero nueve in un'epoca di falsi nueve


LE FORMAZIONI INIZIALI

Italiano e Spalletti hanno confermato i loro 4-3-3 di base che però si sviluppano in maniera molto diversa sul campo tanto da essere indicati nei report come rispettivamente un 4-4-2 ed un 4-2-3-1. A livello di uomini la Fiorentina ha schierato Pulgar davanti alla difesa in luogo di Torreira, mentre le altre scelte non destano sorpresa e restano allineate agli undici di partenza scelti nelle ultime settimane da Italiano; dall'altra parte Spalletti schiera Lozano come esterno offensivo a destra, mentre Zielinski accompagna Anguissa e Ruiz a centrocampo, intatta, invece, la linea difensiva con Rrahmani ormai titolare inamovibile al fianco di Koulibaly.



LE CATENE LATERALI DELLA FIORENTINA

Vincenzo Italiano in pochi mesi ha rivoltato la mentalità della squadra viola: da squadra attendista e con poche idee di gioco come nella scorsa stagione. ad una squadra che cerca di avere il controllo del pallone e cerca sempre di recuperarlo quanto prima possibile. Questa strategia, ovviamente, ha anche degli elementi di criticità e di rischio su cui il Napoli ha giocato la propria partita portando a casa il successo, più o meno come accaduto nella settimana precedente contro l'Inter nel turno infrasettimanale e nella sconfitta alla prima giornata sul campo della Roma.

Lo schieramento della squadra viola è molto riconoscibile soprattutto nella fase di sviluppo dell'azione, ossia quella fase successiva alla costruzione della stessa. Mentre nella prima fase il vertice basso del centrocampo (in questo caso Pulgar) si abbassa tra i centrali difensivi, il movimento a venire incontro di una delle mezzali (in questo caso Bonaventura che si affianca a Pulgar) attiva la catena laterale composta dal terzino di parte e dall'esterno offensivo; sull'altro lato la mezzala opposta si avvicina o si allinea a Vlahovic, su cui la squadra si appoggia per attirare la difesa avversaria e cercare di utilizzare il lato debole mediante un cambio di gioco,

Possiamo vedere lo stesso meccanismo a lati invertiti, con Duncan che si associa a sinistra con Biraghi e Nico Gonzalez mentre sul lato opposto Bonaventura si muove in verticale per accompagnare Vlahovic. In questo esempio le posizioni dei tre elementi della catena di sinistra sono "rigide", tuttavia il più delle volte gli uomini parte di queste catene tendono a ruotare le posizioni, per cui possiamo trovare Duncan largo ed avanzato tanto quanto Nico Gonzalez più basso e Biraghi più alto o quest'ultimo che si sovrappone internamente. Possiamo inoltre notare come sul lato opposto, invece, spesso e volentieri Odriozola tenda a tagliare nel mezzo spazio per lasciare Callejon libero di attaccare lo spazio alle spalle di Mario Rui.

Le posizioni medie della squadra fiorentina mostrano chiaramente questa costante tattica con le catene ben visibili tanto quanto le posizioni di Pulgar e Vlahovic come riferimenti centrali. In poco tempo Italiano, dunque, ha implementato quello che è il suo modo di giocare e che gli ha permesso in questi anni di raccogliere diverse soddisfazioni tra cui la promozione in serie A e successiva salvezza dello Spezia, in un contesto tecnico, tra l'altro, meno competitivo rispetto a quanto possa disporre a Firenze, una differenza che ha influito non poco sulla sua scelta di forzare la mano quest'estate per lasciare la Liguria.


IL SISTEMA DI PRESSIONE DELLA FIORENTINA


Altro elemento distintivo della formazione di Italiano è l'atteggiamento della squadra in fase di prima pressione e/o di riconquista del pallone: la scelta dell'ex allenatore dello Spezia è quella di comprimere quanto più possibile il campo all'avversario in possesso del pallone. Questo è reso possibile mantenendo un atteggiamento sempre molto aggressivo e compatto.

In questa situazione il Napoli ha mosso il pallone verso le zone esterne del campo: come si può facilmente notare la squadra va subito ad esercitare pressione in zona palla e, grazie alla compattezza dello schieramento, riesce anche ad avere superiorità numerica in quella zona. Inoltre è importante notare la posizione di Milenkovic, che spesso e volentieri spezza la linea difensiva per andare a togliere appoggi alle spalle delle linee di pressione. Un atteggiamento decisamente aggressivo che permette alla squadra di non avere il problema di scegliere se marcare o coprire i giocatori tra le linee: il mantra di Italiano è quello di marcare, ossia negare o limitare o ritardare la ricezione del giocatore in una posizione potenzialmente pericolosa. 

Lo stesso atteggiamento è riconoscibile nelle situazioni di transizione, con la squadra che mantiene il baricentro alto, va in sovrannumero nella zona palla e ancora una volta vediamo Milenkovic che mantiene compatto lo schieramento andando a prendere Zielinski, la cui potenziale ricezione in quella zona avrebbe potuto creare problemi in transizione alla squadra viola. Come vedremo si tratta di uno strumento non esente da rischi e punti di debolezza, ma permette alla squadra di mantenere il predominio territoriale e portare l'avversario ad affannarsi per difendere la propria area di rigore. Nel caso di specie errori del Napoli non ce ne sono stati, ma i partenopei hanno dovuto concedere, per esempio, molti calci piazzati alla squadra avversaria, da cui sono scaturiti il goal del momentaneo 1-0 di Martinez Quarta ed una serie di altri pericoli che, invece, non sono arrivati su azione manovrata.

Giusto per farsi un'idea di quanto sia parte del playbook della Fiorentina questa pressione molto alta ed aggressiva, è opportuno notare quanti palloni Milenkovic abbia recuperato in zone del campo dislocate nell'area intorno al cerchio di centrocampo, a dimostrazione che la squadra di Italiano non ha mai ceduto un millimetro di campo agli avversari, soprattutto nel corso del primo tempo. Nel corso della partita, invece, la stanchezza ha chiaramente avuto un impatto sulla formazione viola che nonostante gli sforzi si è trovata sotto di un goal dopo pochi minuti dall'inizio della ripresa, un elemento che ha probabilmente tolto anche fiducia alla squadra, svuotandola quindi mentalmente ancora prima che fisicamente.

A conferma di quanto sopra vi è anche il dato del PPDA nel corso della partita, con l'indice che praticamente crolla dopo il goal del 2-1 del Napoli, a dimostrazione di due mie personalissime teorie: questa squadra fatica a reggere gli sforzi richiesti da Vincenzo Italiano nell'arco dei 90 minuti (lo dimostra anche la serie di reti subite nelle prime giornate nei minuti finali di partita) e soprattutto sembra una squadra che si perde per strada quando va sotto nel punteggio, non è un caso che, infatti, la Fiorentina non sia mai stata in grado di ribaltare una partita una volta andata in svantaggio (al netto degli eventi sfavorevoli della partita di Roma alla prima giornata).

I MERITI DEL NAPOLI


Luciano Spalletti si è presentato a questa partita consapevole di avere di fronte una squadra che fa della ricerca del predominio territoriale un manifesto d'intenti, ed in linea con quanto accaduto dall'inizio di questo campionato ha impostato la partita in modo da non contestare questo desiderio di predominio dell'avversario ma cercare di manipolarlo a proprio vantaggio con piccoli aggiustamenti che hanno permesso alla squadra di sfruttare al meglio il materiale umano a propria disposizione.

Contro il proposito della Fiorentina di invadere la trequarti avversaria, il Napoli ha risposto accettando di lasciare campo ai toscani ma allo stesso tempo negando ogni tipo di accesso alle zone centrali del campo mantenendo la linea difensiva molto attenta a non concedere spazi in profondità. Ne è venuta fuori una prestazione difensivamente quasi perfetta, sublimata da una serie di interventi difensivi individuali di Koulibaly da far entrare in una specifica categoria di highlights che includano anche alcune stoppate dal mondo cestistico. Tornando invece, allo schieramento difensivo della squadra di Spalletti, dall'esempio si può notare come questo 4-5-1 sia stato costruito con lo scopo di chiudere ogni ricezione tra le linee senza disordinare la linea difensiva: qui abbiamo Bonaventura pronto a ricevere un passaggio progressivo da Pulgar, ma Insigne stringendo la propria posizione nega questa linea di passaggio potenzialmente importante.

Il dato sugli xG mostra chiaramente la bontà della prestazione difensiva del Napoli che ha tolto ogni possibilità di conclusione pericolosa alla formazione di Italiano. Molto particolare il dato relativo ai tiri subiti: delle 10 conclusioni a rete tentate dalla Fiorentina, solo 4 sono attribuibili ad azione manovrata, un numero irrisorio considerata la mole di gioco esercitata dai padroni di casa nel corso della partita. Ma questo dato non deve sorprendere: il Napoli è la miglior difesa del campionato, tuttavia questo è stato reso possibile finora grazie ad un dominio totale sulle partite, con un controllo esercitato grazie al possesso palla (60% circa a partita), mentre domenica scorsa la capolista del campionato ha accettato la sfida di Italiano concedendo il possesso palla e difendendo più bassa, uscendo dal campo, quindi, con ulteriori convinzioni. 

Il grafico relativo ai tiri subiti in questa prima parte di stagione dalle 20 squadre di serie A mostrano la bontà dei dati difensivi del Napoli che è la squadra con meno tiri subiti in campionato (meglio solo il Torino), ma soprattutto è la squadra che subisce i tiri meno pericolosi di tutto il campionato, così come calcolato dal dato relativo agli expected goal subiti per tiro, un dato in cui i partenopei sono superiori al resto della concorrenza anche con un certo distacco. Dato opposto, quest'ultimo, per la Fiorentina, squadra che subisce mediamente tiri ad alto livello di pericolosità a pari merito con l'Atalanta, ed è su questo aspetto che il Napoli ha lavorato ai fianchi la formazione gigliata.

L'azione che ha portato al rigore da cui è scaturito il goal del pareggio realizzato da Lozano è stato frutto di una tipologia di giocata molto usata da Spalletti e che è stata resa possibile dalla complicità della linea difensiva alta della squadra viola e le grandi doti di Victor Osimhen quando ci sono da attaccare spazi giganteschi come quelli mostrati nell'esempio del fermo immagine. La giocata prevedeva in costruzione l'appoggio su Mario Rui sull'esterno che, chiamando la pressione di Callejon cede il pallone a Ruiz che sfrutta il suo mancino educato per lanciare il pallone immediatamente in verticale sul centravanti nigeriano che vince il duello con Martinez Quarta fino a procurarsi il rigore. Ovviamente va anche notata la disorganizzazione della squadra viola nel coprire la profondità: qui addirittura Milenkovic si era staccato per andare a contrastare Ruiz lasciando il suo compagno di reparto a dover affrontare Osimhen in progressione: nonostante spesso il difensore argentino se la sia cavata, l'azzardo alla fine non ha pagato.

La soluzione della palla lunga su Osimhen è stata una giocata più volte ricercata dal Napoli, forzata dalla pressione della Fiorentina: il centravanti ex Lille è stata la chiave di volta della strategia offensiva del Napoli, con il 60% di duelli vinti in attacco (per un totale di 10 secondo Wyscout) ha permesso sul lungo periodo di fiaccare l'aggressività della Fiorentina fino ad ammorbidirla definitivamente grazie anche all'ingresso di Politano ed Elmas nel secondo tempo.

Sotto questo aspetto non è da sottovalutare l'importanza nel gioco con i piedi di Ospina: il portiere colombiano è stato chiamato spesso ad avere il ruolo di distributore di gioco mediante i lanci lunghi. Come si evince dal grafico, Osimhen è stato il target principale dei suoi lanci, il secondo, invece, è stato Politano, servito in maniera diretta per poter affrontare Biraghi in uno contro uno sfruttando al meglio sia il mismatch tecnico che la maggior freschezza atletica derivante dall'essere subentrato a Lozano, spesso ignorato, invece, dai compagni nel corso del primo tempo, cosa di cui Spalletti si è lamentato spesso nel corso della partita stando ai racconti da bordocampo raccontati durante la diretta.


CONCLUSIONI


Alla fine Spalletti sfruttando al meglio le qualità del proprio centravanti è riuscito a sbrogliare una matassa complicatissima come la Fiorentina di Italiano: l'attaccante nigeriano ha saputo esporre le debolezze del sistema difensivo della squadra gigliata cercando costantemente la profondità alle spalle della linea, una mossa sicuramente studiata a tavolino dal tecnico toscano che si sta mostrando un abile stratega nel preparare le partite.

La Fiorentina, dal canto suo, ha provato a prendere il Napoli per il collo, ma è andata a sbattere contro un muro che a lungo andare ha fiaccato la formazione viola che, comunque, va alla pausa con un quinto posto in classifica di certo non da buttare e con l'idea che il lavoro di Italiano sta producendo i suoi frutti e che i margini di miglioramento sono ancora molto grandi, come abbiamo ben potuto constatare.

Il lavoro di Spalletti a Napoli sembra essersi, al momento, basato non tanto su una particolare visione tattica: difatti abbiamo visto la squadra partenopea schierarsi in campo finora in diversi modi; abbiamo visto una linea di costruzione a tre contro avversari chiusi, così come abbiamo visto entrambi i terzini bloccati in questa partita di Firenze per attirare la pressione avversaria e colpirla alle spalle sfruttando i movimenti di Osimhen. 
Quello che è certo è che il tecnico di Certaldo sia cercando di far acquisire sicurezze ad un gruppo di giocatori che nelle ultime due stagioni si è mostrato molto labile psicologicamente, e sicuramente la vittoria e la prestazione solida di Firenze contribuiranno non poco al raggiungimento di questo obiettivo che è basilare se si vuole costruire un ciclo vincente.

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