venerdì 25 marzo 2022

La struttura di Mancini è ancora valida ma non è più efficiente (ed efficace)


E 4 anni e mezzo dopo quella notta di San Siro contro la Svezia, come in un famoso film degli anni '90, mi verrebbe da dire Milano-Palermo solo andata; questa volta è stata la Macedonia del Nord ad estrometterci dal Mondiale, e per la prima volta nella storia del calcio italiano non partecipiamo per la seconda volta di fila alla massima competizione per nazionali. Se volevamo una prova del fatto che il calcio a livello globale si è evoluto e l'Italia è rimasta indietro, ora abbiamo anche un risultato che mette tutti di fronte alle proprie colpe.

Fatta questa premessa che merita di essere approfondita in altre sedi, passiamo ad analizzare la partita di ieri sera al "Barbera" in cui l'Italia è andata a schiantarsi contro la difesa della squadra macedone e contro i propri limiti a livello individuale, che hanno reso poco efficace ed efficiente il sistema di gioco che Mancini ha implementato dal suo arrivo a Coverciano nel 2018.


E' STATA LA SOLITA ITALIA DI MANCINI 


Il lavoro di Mancini in questi anni è stato in continuità con l'imprinting dato dal sistema Viscidi a Coverciano, con il concetto dei 5 costruttori e dei 5 invasori che non ha mai abbandonato il modo di giocare della nazionale in questi anni. Ed anche ieri sera non è stato da meno.

Il sistema di costruzione con i 3 difensori ed i 2 centrocampisti è stato confermato anche in questa partita decisiva ed è la parte della struttura che ha funzionato meglio anche perché ha permesso di poter impostare il gioco nonostante la scelta dell'allenatore macedone di mettere Bardhi sulle tracce di Jorginho per tutta la partita. Infatti non essendo disponibile passare dal giocatore del Chelsea, il gioco è transitato dai piedi di Florenzi e di Verratti che hanno chiuso la partita con rispettivamente 66 e 93 passaggi effettuati.

Nonostante la clamorosa sconfitta, la prestazione del centrocampista del PSG è stata da grande trascinatore, dando dimostrazione di essere senza ombra di dubbio il miglior calciatore di scuola italiana oggi esistente, non è un caso che ciò sia stato reso possibile dall'aver respirato la stessa aria di grandi campioni e di aver disputato diverse partite di alto livello. Una riflessione da fare per molti giocatori italiani dovrebbe essere quella di mettersi in discussione ed andare a confrontarsi con realtà fuori dall'Italia, dove al momento le metodologie di lavoro sono oggettivamente migliori (quanto meno a livello di club). Verratti ha scelto di andare in Francia dopo aver vinto il campionato di serie B a Pescara, preferendo questa opzione rispetto a quella di rischiare di finire in un club di serie A che ne avrebbe tardato la crescita scaricandone l'onere su un altro club in cui lo avrebbe mandato in prestito, invece a Parigi Verratti è stato subito schierato titolare in campionato ed in Champions, dove circondato da tanti campioni al suo fianco è cresciuto fino al punto di diventare un centrocampista di livello mondiale. Ma purtroppo la sua prestazione sontuosa di ieri non è bastata ad aiutare gli azzurri a portare a casa la vittoria ma questo inciso per quel che mi riguarda è giusto da sottolineare.

Come si evince dalle posizioni medie, invece, possiamo vedere come la struttura della squadra di Mancini sia stata quella che abbiamo imparato a conoscere in questi anni, con il 3+2 in costruzione (con Verratti che gradualmente ha avanzato la propria posizione conducendo palla) ed i cinque canali verticali occupati in maniera asimmetrica da Emerson che da terzino sale a fornire ampiezza a sinistra, Berardi che da posizione di esterno offensivo favorisce l'ampiezza a destra, Insigne e Barella nei mezzi spazi ed Immobile nel corridoio centrale. Nel corso della partita la pendenza dello schieramento si è spostata verso sinistra dove l'Italia cercava di sviluppare gioco con Verratti, Emerson ed Insigne che cercavano di associarsi per poi cercare di servire Immobile o ribaltare il gioco per Berardi sul lato debole. Insomma sulla carta l'Italia ha cercato di fare quello che ha imparato a fare in questi anni di gestione Mancini ma alla fine qualcosa è mancato. Cosa? Proviamo a capirlo proseguendo nell'analisi.


TANTI TIRI, POCHI EXPECTED GOALS


Ed ora è il momento di capire cosa è andato storto: i numeri sono più freddi delle nostre emozioni nel vedere la partita, ma anch'essi possono sviarci se non li ordiniamo nel modo giusto. Un atteggiamento assolutorio nei confronti della squadra ci porterebbe a dire che, beh, l'Italia è andata al tiro 32 volte nel corso della partita, quindi producendo un'enorme mole di gioco; un atteggiamento critico direbbe che l'Italia ha prodotto poco più di 2 xG su quei 32 tiri, che quindi facendo due conti sulla carta del salumiere significherebbe uno scarso 6% di probabilità di trovare il goal in media per ogni tiro, quindi conclusioni di poca qualità, quindi abbiamo giocato male.

Quale delle due posizioni è la più corretta? Numeri alla mano sono corrette entrambe, ma è per questo che i numeri vanno approfonditi e vanno soprattutto confrontati con quanto visto sul campo. Non volendo invitarvi all'atroce esercizio di rivedervi per intero la partita e gli highlights, guardiamo la mappa delle conclusioni effettuate, e guardando la grandezza dei puntini che misurano la pericolosità di ciascuna conclusione, vediamo che sono 4 ad essere più pericolose delle altre e sono l'occasione di Berardi nel primo tempo a porta vuota, le conclusioni ravvicinate di Immobile nel primo tempo e di Berardi nel secondo ribattute in calcio d'angolo dai difensori macedoni, mentre la più importante di tutto forse ce la siamo persi perché già presi dagli improperi per il goal subito da Trajkovski, ossia il colpo di testa di Joao Pedro da dentro l'area piccola (unica conclusione effettuata in quella zona di campo nel corso della partita) terminato fuori, dopo il quale è giunto il fischio finale dell'arbitro Turpin. Insomma il tanto volume di gioco è sembrata la tipica montagna che partorisce il topolino, eppure quel topolino in altre circostanze sarebbe stato sufficiente a portare la vittoria a casa, ma così non è stato.

Le soluzioni per arrivare al tiro le abbiamo cercate ma gli errori commessi e la confusione ha fatto da padrona ogniqualvolta il gioco si spostava negli ultimi 25 metri di campo.

Gli spazi concessi centralmente dalla Macedonia sono stati pochi, per questo motivo l'Italia ha scelto di battezzare un lato per sviluppare l'azione per poi cercare da lì la soluzione giusta per superare quel blocco. Una soluzione poteva essere la rifinitura tramite cross/traversoni/cut-back. Per quanto la palla laterale sulla carta non sia la soluzione più pericolosa per rifinire il gioco, una corretta occupazione dell'area di rigore alzerebbe le possibilità di generare pericoli da queste situazioni, ma come si vede nell'esempio, l'area è occupata sì da 4 uomini ma disposti in maniera piatta, senza sfruttare lo spazio creato dallo schiacciamento della linea difensiva avversaria (vedi area evidenziata).

Anche i palloni alle spalle della linea difensiva potevano essere una soluzione per creare pericoli, magari usando la costruzione per attrarre la squadra macedone qualche metro più in avanti per poi attaccarla con un lancio lungo, come quello di Florenzi in questo esempio a favore di Immobile, ma l'attaccante della Lazio raramente ha mostrato di saper trovare i tempi giusti per lo smarcamento finendo spesso e volentieri ad essere fagocitato dai due centrali difensivi, ed a nulla sono serviti i suoi movimenti ad allargarsi per ricevere palloni giocabili, anzi finiva per aggravare la situazione in quanto sovraccaricava eccessivamente il lato sinistro dell'attacco svuotando totalmente l'area di rigore.

Nel secondo tempo qualche difficoltà in più alla difesa macedone l'ha creata il diverso posizionamento di Berardi che cercava di occupare l'area di rigore con maggiore frequenza anziché restare defilato sulla fascia, lasciando a Barella o a Florenzi l'onere di occuparsi di quel corridoio. Questo esempio mostra chiaramente in quale situazione si trovino i due centrali difensivi Velkovski e Musilu che rischiano di essere infilati da una combinazione tra il giocatore del Sassuolo e quello della Lazio. Questa situazione è quella che porterà alla conclusione alta di Berardi al 58' effettuata da posizione favorevole ma con il piede meno educato, ossia il destro.

Situazione fotocopia come meccanismo è quella di 4 minuti dopo con ancora il taglio del giocatore del Sassuolo alle spalle della linea servito da Verratti, ma Alioski con una giocata da grande terzino segue il movimento e va a chiudere sulla conclusione a botta sicura. Questa e la situazione precedente sono state le circostanze che avrebbero permesso all'Italia di concretizzare il proprio predominio territoriale, la chiave stava nel riuscire a giocare alle spalle della linea difensiva e, nonostante ci siano state diverse situazioni potenziali in cui farlo nel corso della partita, spesso e volentieri i giocatori azzurri hanno ritardato la giocata decisiva per trovare la via della rete.

ANCHE LA PRESTAZIONE IN NON POSSESSO E' STATA VALIDA


Un altro aspetto molto importante e riconoscibile di questo quadriennio manciniano è la fase di non possesso, che ha implementato il principio del recupero immediato del pallone in zone alte del campo ed usare lo schieramento 3+2 in costruzione come rete per assorbire preventivamente i tentativi di contropiede avversario. 

Il gioco della Macedonia, infatti, è stato soffocato dalla compattezza dello schieramento azzurro, abile a scivolare sugli esterni e togliere le connessioni tra i terzini e Bardhi, ossia l'asse su cui la formazione macedone ha sempre costruito il proprio gioco negli ultimi anni. Rivedendo le prestazioni della squadra tra l'ultimo Europeo e le partite successive, una costante era quello di muovere il gioco verso Alioski a sinistra per poi connettersi con Bardhi ed Elmas; il giocatore del Napoli era assente per squalifica, per cui spettava al numero 10 macedone l'onere di creare qualcosa in fase offensiva, ma essendo stato sacrificato in marcatura su Jorginho si è visto poco con la palla ed in più l'Italia ha sempre fatto in modo di tenere Alioski isolato, costringendo gli avversari a rinunciare a giocare e affidarsi ai lanci lunghi del portiere Dimitrievski. 

Anche l'aggressività nell'andare a recuperare il pallone in alto per schiacciare gli avversari nella propria trequarti è stato un elemento ben eseguito dalla nazionale, certo qualcuno potrebbe obiettare il fatto che fosse il minimo sindacale quello di schiacciare la Macedonia del Nord al limite della propria area di rigore, ma nel calcio di oggi bisogna saperlo fare e ben preparare, e questo l'Italia di Mancini ha saputo farlo anche in una serata tremenda come quella di ieri.

A dimostrazione che la squadra macedone ha tentato inizialmente di giocare a pallone lo vediamo dal loro schieramento in fase di costruzione, con Ademi che si abbassa tra i due centrali per impostare mentre i due terzini si alzano per associarsi con le punte ed i centrocampisti avanzati. Per evitare che i terzini venissero raggiunti, Berardi ed Insigne si posizionavano in modo tale da poter scalare su di essi nel momento in cui il pallone viaggiava verso di essi.

Non appena il terzino raccoglieva il pallone, la squadra di Milevski provava a sovraccaricare il lato palla per avanzare mediante triangolazioni, tuttavia l'esecuzione non è stata un granché (con Elmas probabilmente sarebbe stata un'altra storia) favorendo quindi le uscite aggressive di Mancini e Bastoni a recuperare il pallone. Questo significa che con la sua aggressività senza palla l'Italia ha costretto la Macedonia ad affrettare le giocate togliendo quindi loro la possibilità di esprimere il loro piano con la palla tra i piedi.

LA DIFFERENZA L'HA FATTA LA FORTUNA O LA FREDDEZZA? 

Insomma, alla fine tante chiacchere, tanta discussione sullo schieramento in campo, sulla strategia tattica ma siamo qui a commentare una partita che l'Italia ha perso contro la Macedonia del Nord dopo aver creato tatticamente le condizioni per vincerla in ciabatte, per cui è solo sfortuna o c'è dell'altro?

L'immagine che gira sui social in queste ore è questa qui: Berardi che spreca un goal a porta vuota un pallone recuperato da egli stesso sulla costruzione macedone. Questo momento probabilmente rappresenterà il turning point della partita e del destino di questa nazionale, ma sono state tante le situazioni come questa nel corso della partita, seppur meno evidenti e clamorose. Il punto in comune tra questa e tutte le altre situazioni testé menzionate stanno nell'eccessiva indecisione al momento di eseguire la giocata: ancora una volta il calcio mostra di essere una disciplina in cui non conta un singolo aspetto. 

A livello tattico e strategico l'Italia ha fatto le cose giuste, ma non le ha fatte a livello tecnico nel momento in cui bisognava convertire in goal la superiorità espressa; come nell'occasione di Berardi troppe volte gli azzurri hanno sbagliato uno smarcamento (sì Immobile, parlo proprio di te) o hanno esitato troppo nell'eseguire una giocata permettendo al difensore avversario di turno di chiuderla; per cui qui è subentrato un limite mentale individuale, il calcio di oggi richiede maggiore rapidità di esecuzione, la giocata deve venir fuori in maniera automatica senza pensare un secondo in più per elaborarla, e questo aspetto ho il timore che in Italia venga poco allenato.

A conferma di ciò il goal della Macedonia ha trovato origine proprio nella sua estemporaneità: Trajkovski appena ha avuto quel pallone a disposizione che scendeva proprio in direzione del suo destro non ci ha pensato su due volte a tirare, ed il fato (vogliamo dire così?) lo ha premiato cogliendo di sorpresa Donnarumma. L'Italia, invece, non ha mai sorpreso i propri avversari, e non ci sono 32 tiri e 2 xG che tengano.

giovedì 17 marzo 2022

All'Arsenal manca ancora qualcosa per tornare grande


In una serata che sarebbe dovuta essere dedicata esclusivamente alla Champions, la necessità di recuperare tante partite ha costretto la Premier League a giocare anche nelle notti europee, e così in questo mercoledì sera l'Emirates Stadium di Londra ha ospitato un gustosissimo Arsenal-Liverpool, partita avente lo scopo di misurare la concretezza delle ambizioni di Champions da una parte e quelle di titolo dall'altra. 

Infatti, una vittoria avrebbe permesso alla squadra di Arteta di allungare al quarto posto in classifica, mentre per la squadra di Klopp il successo l'avrebbe portata ad un solo punto dal City di Guardiola.

Alla fine a portare a casa i 3 punti è il Liverpool, che dopo aver sofferto per 50 minuti abbondanti il piano-gara dell'Arsenal, un po' come accaduto nella trasferta di Champions contro l'Inter, riesce a trovare il modo di inclinare la partita dalla propria parte sfruttando al meglio gli errori tecnici dei Gunners, che hanno mostrato di essere acerbi nella parte decisiva della partita.



LE FORMAZIONI INIZIALI

Nessuna particolare novità nello schieramento iniziale delle due squadre, con i due allenatori che schierano quello che oggi possiamo definire il loro undici tipo, schierati rispettivamente con un 4-2-3-1 ed un 4-3-3 di base che, ovviamente, si modifica sul campo a seconda delle fasi di gioco.



Nell'Arsenal viene confermato, quindi, lo schieramento che si è rivelato vincente nella sfida di domenica contro il Leicester con Cedric a destra in luogo dell'indisponibile Tomiyasu e Xhaka accanto a Thomas Partey a centrocampo: nel Liverpool, invece, l'ottimo impatto avuto da Luis Diaz ha convinto Klopp a dargli un'altra chance da titolare dopo quella di Brighton dello scorso sabato; questa volta è niente meno che Mohammed Salah a lasciargli il posto.



L'IMPIANTO DI GIOCO DELL'ARSENAL


Arteta nel corso della stagione ha modificato spesso lo schieramento della squadra aggiustandola progressivamente in modo da poter assecondare al meglio i punti di forza dei propri giocatori inserendo in corso d'opera i vari elementi presenti in rosa.

L'ultimo in ordine di tempo ad essersi inserito nei meccanismi di Arteta è stato Gabriel Martinelli, il brasiliano (eleggibile anche per giocare con l'Italia) classe 2001, dopo aver saltato la prima fase di stagione a causa di una serie di infortuni, ha dato una nuova dimensione al gioco dell'Arsenal, cambiando il piano di sviluppo di gioco. Nella partita di ieri sera è stato senza dubbio il più pericoloso dei suoi con i 3 dribbling su 3 andati a buon fine ed il tanto lavoro svolto in entrambe le fasi come si può evincere dalla sua heatmap. Avesse trovato il goal con quella conclusione a due minuti dalla fine che ha lambito il palo alla sinistra di Alisson, sarebbe stata la ciliegina sulla torta ad una grande prestazione.

L'aggiustamento dell'allenatore spagnolo è stato quello di richiedere a Lacazette un importante lavoro di raccordo per attirare la linea difensiva avversaria per creare spazio in profondità che viene attaccato da Saka da una parte e da Martinelli dall'altra. Ma mentre Robertson (grazie alla protezione di Van Dijk) riusciva a contenere il numero 7 inglese, dall'altra parte Alexander-Arnold ha fatto una gran fatica a tenere a bada il brasiliano che ha creato tantissimo da quella parte. Nell'esempio si può notare come la profondità a disposizione fosse molta, ma l'innesco dalla zona rifinitura (dove sono posizionati Lacazette e Odegaard) arrivava in ritardo in quanto la connessione tra il francese ed il norvegese non ha funzionato a dovere, ed in questa specifica circostanza vediamo come l'ex Real Madrid sulla ricezione del numero 9 dell'Arsenal sia rimasto piatto sulla linea difensiva del Liverpool anziché proporsi per un passaggio; questi sono i piccoli particolari che non hanno permesso all'Arsenal di convertire in azioni da rete l'ottima strategia di gara.

Altra costante generata dalla posizione di Lacazette è stata quella di creare un "box" di sviluppo centrale del gioco, spesso utilizzato per creare delle combinazioni pericolose, soprattutto utili a disinnescare il contropressing del Liverpool sulle palle contese. Questo sistema ha portata ad una serie di belle giocate ma che hanno generato pochi eventi pericolosi anche perché una volta giunti al limite dell'area i giocatori dell'Arsenal venivano o fagocitati dai centrali del Liverpool o non riuscivano ad avere la freddezza per trovare la giocata giusta come mostrato nell'esempio precedente. (come per esempio ritardare conclusioni a rete potenzialmente pericolose o sbagliare l'ultimo passaggio sugli smarcamenti tra centrale difensivo e terzino del Liverpool).



LE SCELTE DI KLOPP IN FASE DI POSSESSO


Il senso del sistema di gioco del Liverpool di Klopp è quello di avanzare in campo il più rapidamente possibile, per cui la struttura creata dal tecnico tedesco aveva lo scopo di cercare la profondità utilizzando come grimaldello i due terzini. 

Nella fase di costruzione si può notare come Robertson resti più basso rispetto ad Alexander-Arnold, questo per cercare di aprire il sistema di prima pressione dell'Arsenal con Saka che accompagna Odegaard e Lacazette per creare una prima linea che blocchi le ricezioni di Fabinho e Thiago Alcantara. Non a caso il terzino prelevato dall'Hull City è stato il giocatore dei Reds con il maggior numero di palloni toccati alla fine della partita.

Anche dalla passmap del Liverpool emerge chiaramente come questo sia stato l'elemento su cui ha poggiato la partita della squadra di Klopp, con il possesso che pende sul lato sinistro del campo e le posizioni asimmetriche dei due terzini ben riconoscibili dalle relative posizioni medie.
















Tenendo basso il terzino scozzese, la soluzione per risalire il campo diventa l'asse con Diogo Jota che, come da compito richiesto alla punta centrale del 4-3-3 di Klopp viene incontro a cucire la fase di sviluppo con quella di rifinitura. Infatti grazie al suo movimento a venire incontro può ricevere il pallone nello spazio tra le linee che è sufficiente ampio visto il movimento di Luis Diaz e Mané a bloccare la linea difensiva. Una situazione favorevole che può portare il portoghese a girarsi ed attaccare lo spazio tra i centrali difensivi che si allarga a causa del movimento di Diaz, oppure ribaltare il gioco sul lato debole lasciato incustodito dall'orientamento sulla palla dell'Arsenal. Quest'ultima soluzione, tuttavia, è stata poco battuta a causa della prestazione molto solida di Martinelli anche in fase di non possesso che ha sempre inseguito Alexander-Arnold nelle sue discese.

A conferma di ciò vi è il dato relativo ai passaggi progressivi, in cui la soluzione Robertson-Jota è stata la più utilizzata per risalire il campo. La seconda invece è stata quella formata dallo stesso attaccante portoghese con Alexander-Arnold. Il tutto a dimostrazione di quale fosse il piano per risalire il campo da parte dei Reds. Ed alla fine se vogliamo ha funzionato, visto che il goal che ha sbloccato la partita arriva da un passaggio progressivo di Van Dijk per l'ex attaccante del Wolverhamption che poi trova la rete con la complicità del posizionamento rivedibile di Ramsdale.



LA STRATEGIA DIFENSIVA DELL'ARSENAL


La squadra di Arteta aveva messo in piedi un ottimo piano gara, con uno schieramento molto equilibrato che le ha permesso nel primo tempo di prendere il centro del ring a lunghi tratti e scegliendo i momenti quando aggredire e quando abbassarsi.

Analizzando il baricentro della squadra di Arteta (in verde) si evince come la squadra abbia alternato fasi di baricentro basso a fasi in cui ha cercato di alzarsi in pressione, e soprattutto nel primo tempo si è visto come per lunghe fasi abbia cercato di prendere al collo la squadra di Klopp per poi abbassarsi ad assecondare le fasi di possesso degli avversari. Questa è una peculiarità del sistema difensivo implementato da Arteta decisamente basato sul controllo degli spazi anziché cercare di contendere il pallone all'avversario, dimostrazione di ciò sta nel fatto che il PPDA dell'Arsenal è tra i più alti dell'intera Premier League.

Lo schieramento in prima pressione era finalizzato a togliere ricezioni a Thiago e Fabinho ed invitare il Liverpool a muoversi esternamente per creare la trappola con l'aiuto della linea laterale. Per cui vediamo come l'Arsenal risponde allo schieramento asimmetrico del Liverpool con Martinelli chiamato ad inseguire Alexander-Arnold che si portava in avanti, mentre Saka, come accennato precedentemente, si sdoppiava tra la copertura del mezzo spazio di destra e la scalata su Robertson.

In situazioni in cui la squadra londinese voleva essere più aggressiva, la mossa era quella di far scalare Cedric su Robertson in modo da applicare ancora meglio la trappola di chiusura del lato palla: in questo esempio vediamo come il terzino scozzese non abbia alcuna soluzione comoda con Thiago preso da Odegaard e Van Dijk preso da Saka. 



A Robertson non resta come soluzione quella di appoggiarsi a Luis Diaz, ma la pressione dell'Arsenal è decisamente organica, per cui a scalare sul colombiano c'è Ben White con Thomas pronto a raddoppiare qualora l'ex Porto avesse provato a divincolarsi per vie interne.





Quando invece terminava la fase di costruzione del Liverpool, o in fase di costruzione alta dei Reds lo schieramento dell'Arsenal si compattava togliendo profondità alla squadra di Klopp e rimanendo attenta a non concedere facili ricezioni ai tre davanti per poi recuperare la palla e tentare di attivare le transizioni. In questo esempio si può ben notare le due linee compatte ed orientate sulla palla a non concedere spazi al Liverpool. Questo piano ha funzionato fino alla disattenzione da cui è nato il goal di Jota.


COSA E' MANCATO ALL'ARSENAL


Come indicato in sede di spiegazione del sistema dell'Arsenal in fase di possesso, i Gunners sono mancati nell'esecuzione di alcune giocate che, se eseguite con maggiore rapidità, avrebbero potuto permettere di inclinare il piano della partita dalla loro parte. 

Alla fine a decidere il risultato finale sono state due circostanze accadute nei primi minuti del secondo tempo, con il goal divorato da Odegaard su un clamoroso retropassaggio sbagliato da Thiago (frutto della difficoltà del Liverpool nel trovare spazi) ed il goal subito da Jota praticamente sull'azione successiva.

Poi il resto lo ha fatto la bassa età media della squadra londinese, che non è stata mentalmente in grado di reagire all'episodio avverso e faticando a mantenere compatte le distanze, una situazione in cui il Liverpool ha poi banchettato fino a trovare il goal del 2-0 generato da una fase di gegenpressing dei Reds, utilizzata con il contagocce ma nei momenti giusti della partita.

venerdì 11 marzo 2022

Come Sebastian Hoeness ha rilanciato l'Hoffenheim


Quando siamo giunti a nove giornate dalla fine della Bundesliga, come previsto alla vigilia della stagione, c'è una grande ressa alle spalle dei dominatori del Bayern Monaco. All'interno di questa c'è una squadra che sta emergendo a suon di prestazioni e di risultati, supportati da uno stile di gioco ben riconoscibile: stiamo parlando dell'Hoffenheim di Sebastian Hoeness, nipote di Uli, ex calciatore e dirigente di spicco del Bayern Monaco.

E' proprio dalla squadra bavarese che l'attuale allenatore dell'Hoffenheim proviene, essendo stato la guida tecnica della seconda squadra del Bayern che ha portato al trionfo nella terza serie tedesca nel 2020 in contemporanea con i trionfi della prima squadra. Tanto è bastato a convincere il club di Sinsheim a puntare su di lui per dare continuità al lavoro lasciato due stagioni prima da Julian Nagelsmann.

Dopo la prima stagione con alti e bassi e tanti infortuni, in questa stagione il tecnico bavarese è riuscito a dare continuità alla squadra e così, grazie ad un calcio che sa unire possesso palla e verticalità unitamente ad una fase di non possesso molto peculiare, oggi il suo Hoffenheim si trova al quarto posto in classifica con la concreta speranza di far risuonare nuovamente la musica della Champions League alla PreZero Arena, dove sabato prossimo arriverà a far visita il Bayern Monaco del grande ex Julian Nagelsmann.


LO SCHIERAMENTO DELL'HOFFENHEIM



A dimostrazione del fatto che la strategia di gioco conta di più dei moduli con cui una squadra entra in campo, la squadra di Hoeness non ha un modulo ben definito, in quanto questo viene modificato in base agli uomini a disposizione o dal tipo di avversario da affrontare.

Una preferenza la si può notare per l'utilizzo di una difesa a tre ed un centrocampo composto da due mediani più due esterni a tutta fascia con tre variazioni sul tema riguardo i tre davanti, dove l'Hoffenheim può schierarsi con un trequartista alle spalle di due punte, una punta supportata da due trequartisti o con tre giocatori sulla stessa linea, per poi trasformarsi in un 3-5-2 quando viene abbassato Baumgartner.

Analizzando i vari schieramenti e gli uomini utilizzati da Hoeness in campionato ho provato a sintetizzare la formazione base della squadra di Sinsheim, con Baumann portiere e primo costruttore della squadra; la linea difensiva è molto particolare visto che per 2/3 è composta da due giocatori nati come centrocampisti: Vogt è stato retrocesso in difesa diversi anni fa da Nagelsmann, Hoeness ha fatto la stessa cosa con Grillitsch. A centrocampo troviamo Samassekou, l'uomo di equilibrio del sistema di gioco, affiancato da un altro palleggiatore come Geiger; sugli esterni agiscono Kaderabek a destra ed il promettentissimo David Raum a sinistra. Tanto talento in avanti con Baumgartner e Kramaric che supportano la punta che può essere Bebou o l'israeliano Dabbur. In giallo ho voluto indicare gli altri giocatori utilizzati e che possono modificare lo schieramento della squadra: a centrocampo Stiller e Rudy fanno da backup ai due centrali di centrocampo, Akpoguma può essere schierato come terzo di difesa ma anche come esterno a destra, mentre Georginio Rutter è l'altra next big thing a disposizione del tecnico della squadra e può agire da punta centrale, seconda punta o da uno dei due uomini a supporto della punta centrale.



IL GIOCO PARTE SEMPRE DA DIETRO


La principale caratteristica dell'Hoffenheim di Hoeness sta nella scelta degli interpreti in fase di costruzione del gioco: con una difesa a tre in cui giocano Vogt e Grillitsch è chiarissimo l'intento del tecnico di volere giocatori con visione di gioco ed abili nel palleggio per poter dare il via l'azione con l'obiettivo di attirare il pressing avversario e colpire alle loro spalle.

Se andiamo a vedere il grafico relativo al coinvolgimento medio dei giocatori nel corso del campionato, è evidente come entrambi siano i giocatori da cui passano il maggior numero dei palloni, mentre si può anche notare la grande quantità di palloni ricevuti dai centrocampisti centrali ma soprattutto da Kramaric e Baumgartner, ossia gli uomini target della costruzione da dietro che ricevono nei mezzi spazi in zona rifinitura (ossia la zona tra centrocampo e difesa avversaria). Inoltre le diverse posizioni sul grafico mostrano anche il diverso coinvolgimento dei due esterni Kaderabek e Raum, il primo maggiormente ricercato dai passaggi progressivi, il secondo invece che partecipa anche ai meccanismi in costruzione come vedremo dettagliatamente più avanti.

La costruzione da dietro tipica dell'Hoffenheim è quella composta dal rombo formato dai tre centrali di difesa ed uno dei due centrocampisti. In genere sono i due braccetti a portare palla mentre il vertice alto del rombo è chiamato ad attrarre la pressione del centrocampo avversario per liberare spazio alle ricezioni alle spalle. Spetta, quindi, ai tre difensori il compito di far avanzare il pallone con un passaggio progressivo, questo spiega la centralità nel gioco di Vogt le cui veci, in questo esempio, le fa l'americano classe 2000 Chris Richards.

Come anticipato sopra, dei due esterni Raum è quello maggiormente coinvolto nella fase di costruzione, questo per aiutare l'uscita del pallone in fasi in cui l'avversario è molto aggressivo, soprattutto quando decide di togliere a Vogt la libertà di giocare il pallone. In questo esempio il Leverkusen manda l'esterno offensivo in pressione sul capitano dell'Hoffenheim, per questo motivo l'esterno sinistro si abbassa per fornire supporto alle spalle della pressione dell'avversario. Inoltre questo esempio ci mostra un'altra costante del sistema di costruzione voluto da Hoeness, ossia Florian Grillitsch che dalla posizione di centrale di difesa avanza dietro la prima linea di pressione per migliorare lo scaglionamento della squadra ed attrarre la pressione dell'avversario per creare più spazi alle spalle da attaccare.

Inoltre questo schieramento in costruzione è molto importante anche per creare un sistema automatico di marcature preventive in caso di perdita del pallone. In questo esempio si può notare chiaramente il rombo di costruzione schierato in difesa preventiva, con il centrocampista centrale che supporta l'aggressiva fase di riconquista del pallone nel momento in cui viene perso.




LO SVILUPPO MEDIANTE I TRIANGOLI E L'UTILIZZO DEL TERZO UOMO


La costruzione è il punto di partenza della strategia dell'Hoffenheim in fase di possesso, questo perché attira la pressione avversaria per poi cercare di colpirla alle spalle. Ma come riesce la squadra tedesca a superare la pressione? Qui entrano in campo l'utilizzo di triangoli per muovere il pallone in avanti e quello del terzo uomo, ossia un giocatore posizionato in modo tale da rendere possibile la connessione tra due giocatori interrotta dal posizionamento dell'avversario.

Analizzando statisticamente i metri guadagnati con i passaggi o con le conduzioni e le azioni che hanno portato al tiro possiamo definire chi fa progredire il gioco e chi cerca di rifinirlo, così vediamo ancora una volta i difensori che fanno avanzare il gioco (ancora una volta è visibile la centralità di Vogt in tal senso) mentre vediamo i due esterni Kaderabek e Raum che sono il punto d'unione tra fase di sviluppo e quella di rifinitura, con la loro capacità di condurre il pallone in corsa e di creare opportunità con i loro cross ed anche dai piazzati. La presenza di Grillitsch nello stesso quadrante si spiega con il suo coinvolgimento nelle palle da fermo quando queste vengono battute con l'opzione di un passaggio corto.

L'utilizzo dei triangoli è molto più frequente in partite contro squadre che non vanno a contendere la costruzione bassa dell'Hoffenheim ma preferiscono togliere la progressione centrale del pallone, così l'unico modo per risalire il campo resta quello di farlo per vie laterali. Così vediamo spesso a sinistra il terzo di difesa condurre il pallone per poi creare un triangolo con il centrocampista e l'esterno di parte.



Ma anche a destra queste combinazioni e questo schieramento viene utilizzato per questo scopo, seppur in maniera meno frequente, ossia quando non trovando spazio da un lato, il gioco viene ribaltato su quello opposto. Anche in questo caso si può vedere come i tre difensori siano attenti alle marcature preventive qualora il pallone venga perso, in tutto questo è ben visibile la voglia degli Hoffe di avere sempre il mano il controllo territoriale della partita.

La soluzione dell'utilizzo del terzo uomo è utilizzata più frequentemente, invece, in situazioni in cui il pressing avversario è più aggressivo oppure viene ben attirato dai centrocampisti: il loro movimento a venire incontro alla zona di costruzione porta la pressione avversaria ad allungare la squadra ed ecco che qui Vogt o Grillitsch possono usare il loro piede educato per usarli come "muro" per chiudere una triangolazione o per generare una linea di passaggio in verticale per gli elementi più avanzati. In questo esempio il terzo uomo restituisce il pallone a Vogt che serve in verticale il pallone per lo scatto di Raum alle spalle del terzino del Leverkusen. Indubbiamente la combinazione che permette a Raum di essere servito in profondità sulla corsa è una delle soluzioni più utilizzate e questo spiega il motivo per il quale il terzino sinistro campione d'Europa Under 21 sia il giocatore con all'attivo il maggior numero di azioni di tiro create.




DIFENDERE IN AVANTI PER NON RISCHIARE DIETRO


La strategia in fase di non possesso è molto chiara e prevede una evidente presa di posizione dell'Hoffenheim sul modo di difendere: così come la fase di possesso inizia mediante una costruzione dalla linea difensiva composta appositamente da due centrocampisti a tale scopo, la fase di non possesso inizia sulla trequarti avversaria con lo scopo di ridurre al minimo le fasi di difesa posizionale in cui la presenza di un solo difensore puro può creare delle difficoltà.

Se andiamo a vedere i dati sui tiri subiti in Bundesliga, la squadra di Hoeness è tra le squadre che concede di meno nell'intero campionato, anche il dato degli xG complessivi subiti (in base al modello StatsBomb) permette alla quarta forza del campionato tedesco di avere dei dati difensivi che premiano la strategia della squadra di Hoeness. Come andremo a vedere questa strategia porta la squadra a subire di meno ma quando subisce tende a concedere occasioni mediamente più importanti agli avversari.

Se invece vogliamo analizzare la strategia di pressione, avremo modo di notare come la strategia è aggressiva ma ragionata: l'obiettivo, come vedremo, è quello di costringere l'avversario a forzare la giocata per superare il blocco centrale con baricentro medio-alto predisposto dall'allenatore nativo di Monaco di Baviera per poi aggredire quando si attivano i cosiddetti pressing trigger, ossia quelle situazioni che attivano il pressing (per esempio un passaggio all'indietro o un passaggio in una zona laterale del campo). In base a questo grafico l'Hoffenheim va a disturbare l'avversario molto frequentemente sulla sua trequarti ma allo stesso tempo la percentuale di passaggi concessi agli avversari è più elevata se confrontata ad altre squadre che difendono in avanti, questo perché l'obiettivo non è il recupero palla immediato ma non concedere l'avanzamento in campo. 

Anche il dato del PPDA (10,19 secondo Wyscout) e del BDP  (in negativo secondo il calcolo di Soccerment, quindi vuol dire che l'Hoffenheim concede in media più passaggi all'avversario rispetto alle altre squadre) confermano che siamo di fronte ad una squadra che non vuole sporcare il possesso all'avversario.

Questi valori statistici sono una spiegazione dell'atteggiamento in non possesso della squadra di Sinsheim che punta a togliere accesso centrale all'avversario. Come si evince da questo fermo immagine, i due attaccanti creano una prima linea di pressione che punta solamente a disincentivare il portiere avversario a servire i due difensori centrali, una situazione che attiverebbe il pressing trigger; alle loro spalle le due mezzali sono già pronti ad aggredire sulle ricezioni dei due mediani del Leverkusen. L'obiettivo dell'Hoffenheim è costringere l'avversario a lanciare lungo e andare sugli esterni dove a propria volta si sposterà la pressione.

La prima pressione, inoltre, non prevede uno schieramento predefinito ma segue solamente il principio della chiusura degli accessi centrali: qui vediamo il sistema di pressione contro una squadra che gioca con un vertice basso anziché i due mediani, i due attaccanti sono coadiuvati da una delle mezzali nel togliere linee di passaggio ai centrali difensivi avversari. Come si vede nel fermo immagine il vertice basso avversario è totalmente ingabbiato per cui il centrale dell'Augsburg in possesso palla non ha soluzioni centrali per far progredire l'azione.

Quando invece l'avversario avanza e prende campo, lo schieramento difensivo dell'Hoffenheim diventa un 5-3-2 con i 3 centrocampisti ed i 2 attaccanti che continuano nel loro compito di chiudere il centro del campo e la linea dei 5 difensori pronta ad affrontare gli avversari con uscite individuali dalla linea per fermare la ricezione tra le linee o ritardare l'azione avversaria. Tutto questo spiega perché l'Hoffenheim sia una delle squadre che subisce meno l'iniziativa e soprattutto meno tiri a partita.

Anche da questo esempio è ben visibile il principio di chiudere il centro del campo; un altro elemento importante è la distanza tra il giocatore avversario in possesso palla e quello dell'Hoffenheim in pressione, a quest'ultimo seppur non viene richiesto di andare ad aggredire per riconquistare il pallone, deve comunque muoversi in modo tale da non concedere eccessiva libertà di calcio all'avversario generando una situazione di "palla scoperta", circostanza che renderebbe vana la strategia difensiva.

Il motivo sta nel fatto che una mancata copertura del pallone metterebbe a nudo il limite di questo sistema con baricentro medio-alto, ossia lo spazio lasciato in profondità alle spalle della linea difensiva: se a chi gioca da dietro viene permesso di giocare il pallone liberamente verrebbero fuori le difficoltà dei centrali difensivi nel correre all'indietro, tanto più che si tratta spesso e volentieri di giocatori come Vogt e Grillitsch che tanto danno in fase di impostazione ma che non possono certo garantire molto in situazioni di uno contro uno difensivi, tanto più in velocità.




CONCLUSIONI


Domani pomeriggio l'Hoffenheim affronterà un Bayern Monaco appena uscito dal martedì di Champions con le 7 reti realizzate al Salisburgo; all'andata la formazione di Nagelsmann vinse 4-0 mostrando i limiti della squadra di Hoeness sopra esposti ma anche le qualità di una squadra che non vuole lasciare il predominio territoriale ai propri avversari accettando i rischi che questa scelta comporta.

Il quarto posto in classifica e la differenza marcatamente positiva tra xG realizzati e xG subiti (secondo posto in base al modello Understat, quinto posto secondo il modello FbRef/StatsBomb) depongono decisamente a favore della strategia messa in piedi dall'allenatore bavarese che ha anche avuto il merito di far esplodere il talento di Raum e di Rutter.

mercoledì 2 marzo 2022

Benevento e Cremonese promuovono il calcio moderno anche in Italia


Nel tour de force in cui è impegnata la Serie B in questo mese di febbraio, Benevento-Cremonese ha dato il via al marzo calcistico con un match terminato in parità ma che rinforza le convinzioni di entrambe le compagini nella corsa per la serie A (che sia diretta o tramite play-off) e soprattutto conferma la bontà del lavoro di Fabio Caserta e Fabio Pecchia, con il primo che si sta rivelando sempre più un allenatore emergente pronto a mettersi in gioco al piano superiore, mentre il secondo, dopo la cattiva esperienza di Verona, sta mostrando di saper mettere a proprio agio un gruppo di giovani talentuoso e dalla cifra tecnica difficile da vedere per il campionato cadetto.

L'1-1 finale è frutto di un equilibrio tra il gioco della Cremonese basato sul palleggio e quello del Benevento basato sulla ricerca della profondità; ai punti si potrebbe affermare che la formazione grigio-rossa avrebbe meritato qualcosa in più per occasioni da goal prodotte, ma va detto che entrambe le formazioni hanno sempre cercato di imporre il proprio gioco dando vita a sprazzi di partita anche molto intensi e piacevoli,


LE FORMAZIONI INIZIALI

Il Benevento di Caserta si schiera con un 4-3-3 in cui la coppia centrale di difesa è composta da Glik e Vogliacco (due muri nella sofferta vittoria di sabato pomeriggio a Perugia), Letizia e Barba sono i due terzini (quest'ultimo rimpiazzato dopo poco da Foulon causa infortunio); a centrocampo Calò è il vertice basso supportato da Ionita per fornire supporto fisico e da Acampora per pulire il possesso. Il tridente d'attacco è composto da Forte come riferimento centrale, con Insigne ed Improta ai suoi lati aventi compiti diversi: il fratello del capitano del Napoli è chiamato ad accentrarsi, mentre l'ex Bari e Salernitana deve svolgere più funzioni di mantenimento dell'ampiezza.


La Cremonese viene schierata da Pecchia con il 4-2-3-1 molto offensivo a cui ci ha abiutato in stagione, con la coppia Bianchetti-Okoli a fornire sicurezza alla linea difensiva con la loro forza sui duelli, i terzini Sernicola e Valeri sono chiamati a spingere; a centrocampo la coppia Castagnetti-Fagioli è tra le meglio assortite della categoria, con il primo abile a muovere rapidamente il pallone grazie al suo mancino educatissimo anche nelle giocate a lunga gittata, mentre Fagioli al suo fianco sta esplodendo come centrocampista di lotta e di governo, con la sua grande capacità di gestire il pallone anche in situazioni di forte pressione e con la capacità di cercare la giocata mai banale. In attacco il punto di riferimento è Samuel Di Carmine, alle cui spalle agisce Rafia mentre ai lati operano la fantasia di Luca Zanimacchia a destra e la corsa di Baez sul lato opposto.


LA BATTAGLIA TATTICA PARTE DAI TERZINI 

Le ambizioni dei due allenatori e la volontà di proporre un calcio offensivo è visibile dal modo in cui vengono utilizzati i terzini: soprattutto nel primo tempo Letizia e Foulon (quando è subentrato a Barba) da una parte e Sernicola e Valeri dall'altra sono stati utilizzati come arma dai due allenatori per aprire lo schieramento difensivo avversario e muoverlo al fine di trovare spazi in verticale su cui far proseguire l'azione. Questo posizionamento dei terzini era ben visibile sin dalla fase di costruzione delle due squadre.

Il Benevento costruisce con i due centrali che si aprono e Calò che si abbassa in mezzo ai due cercare di far partire l'azione in maniera pulita; proprio per mantenere alti e protetti i terzini, i giocatori più vicini nello schieramento erano le due mezzali Acampora e Ionita, chiamati a loro volta ad attrarre la linea di centrocampo della Cremonese e creare spazio nella zona tra le linee. In questo esempio si vede la posizione di Letizia più alta rispetto a Ionita ed Acampora che invece cercano di fornire una linea di passaggio frontale e fare anche da terzo uomo per permettere la ricezione a Calò, schermato sempre da uno tra Di Carmine e Rafia. 

Dall'altra parte la Cremonese aveva il problema di dover affrontare le due linee da 3 uomini proposte da Caserta per fermare la progressione centrale del gioco da parte della squadra grigiorossa: per questo motivo la soluzione adottata era quella di aprire uno tra Fagioli e Castagnetti al lato dei due centrali di difesa in modo da essere raggiunti dalla linea di passaggio lasciata aperta dall'avanzamento dei terzini e permettere loro di dialogare con lo stesso terzino di parte e con l'esterno offensivo con l'obiettivo di sovraccaricare la zona per poi far arrivare il pallone in zona rifinitura o cercare di avanzare mediante triangolazioni.

Lo stesso esempio è visibile quando il pallone va sul lato opposto, dove è Fagioli ad aprirsi per sfuggire alla morsa centrale dello schieramento difensivo del Benevento. In questo fermo immagine è meglio visibile lo schieramento del Benevento atto a chiudere il centro del campo e la volontà della Cremonese di aprirlo puntando sul sovraccarico laterale al fine di aprire una linea di passaggio per Rafia (che però viene sempre seguito quasi a uomo da Calò) o per progredire utilizzando lo stesso Sernicola e l'esterno offensivo di parte. 

LA RICERCA DELLA PROFONDITA' DEL BENEVENTO


Il diverso stile di gioco delle due squadre si è visto anche nel modo in cui hanno cercato di arrivare in porta ma anche di come hanno cercato di aggredire l'avversario, una differenza di stile che ha reso estremamente divertente la partita per lunghi tratti, con anche diverse fasi ricche di transizioni, duelli e contrasti che hanno alzato il livello agonistico della partita dandole anche un bel ritmo.

La strategia del Benevento era quella di disordinare il 4-4-2 con baricentro medio-alto della Cremonese, e Caserta ha mostrato di avere due importanti armi a propria disposizione per riuscire nel proposito, una si chiama Giacomo Calò, l'altra Roberto Insigne. Il regista delle streghe ha mostrato le sue grandissime qualità nel gioco lungo e nella ricerca di palloni filtranti tra le linee: in questo esempio si vede una giocata tipica del Benevento di Caserta (chiedo scusa per il gioco di parole geografico) con Ionita che fa da terzo uomo per servire il numero 5 che cerca la giocata di prima intenzione in verticale alle spalle della linea difensiva alta della squadra di Pecchia. 

L'ex centrocampista della Juve Stabia è stato una precisa richiesta di Fabio Caserta appena giunto a Benevento ad inizio stagione, visto che lo ha avuto a propria disposizione proprio negli anni di Castellammare di Stabia e senza dubbio rappresenta l'emanazione del suo allenatore in campo. Le statistiche mostrano come questo tipo di giocata sia il marchio di fabbrica del centrocampista del Benevento, tanto da essere il migliore in campionato nella specifica statistica dei passaggi filtranti predisposta da Wyscout, intendendosi come filtranti quei passaggi diretti ad un compagno di squadra alle spalle della linea difensiva avversaria.

L'altra soluzione della squadra sannita era quella di Roberto Insigne tra le linee: grazie al posizionamento delle mezzali in fase di costruzione e grazie al movimento di Forte ed Improta a fissare la linea difensiva della Cremonese, non di rado si creavano spazi tra le linee in cui si muoveva il fantasista della formazione beneventana. Tramite queste ricezioni il fratello di Lorenzo poteva muovere il pallone in zone di campo molto pericolose, la scelta pià gettonata è stata quella di sfruttare gli spazi che si creavano sugli esterni per lanciare i terzini (già alti a causa della loro posizione in fase di costruzione) ed arrivare al cross cercando di sfruttare i centimetri di Forte e Ionita in area.

La mappa dei passaggi ricevuti dal numero 19 del Benevento mostra chiaramente quanto questa soluzione sia stata cercata dalla formazione di Caserta per creare pericoli dalle parti di Carnesecchi.









IL GIOCO TECNICO ED IN VELOCITA' DELLA CREMONESE

Dall'altra parte la soluzione era quella di avanzare mediante le giocate in zone esterne con Baez da un lato e Zanimacchia dall'altro lato. Anche in questo caso il posizionamento in zona avanzata dei terzini era funzionale a cercare tramite triangolazioni, con l'aiuto del centrocampista o del trequartista, l'avanzamento oppure sovraccaricare quella zona di campo in modo da poter ribaltare il gioco o riaggredire immediatamente non appena il pallone veniva perso.

In questo esempio possiamo vedere come sia Di Carmine, servito in verticale, ad associarsi con Valeri e Rafia per creare un triangolo esterno mentre Baez cerca di sfruttare lo spazio creato alle spalle di Letizia e lasciato incustodito da Ionita e Calò, chiamati a chiudere il triangolo della Cremonese. Questo tipo di soluzione con taglio di Baez alle spalle di Letizia sarà la giocata che permetterà alla Cremonese di trovare il goal dell'1-1 per opera del proprio numero 7, seppur con la complicità di Paleari. Infine il posizionamento di Sernicola e Fagioli ci mostra anche la preparazione della squadra ad usare il contro-pressing per tenere il gioco sulla trequarti avversaria anche in caso di palla persa e sostenere, quindi, una strategia d'attacco con tanti giocatori in avanti.

Sul proseguimento dell'azione di cui sopra, possiamo vedere come la squadra, appena perso il pallone, cerca immediatamente di fiondarsi su di esso con un gegenpressing promosso da Fagioli e da Baez, mentre vediamo Sernicola che si abbassa a fornire una prima copertura ed Okoli già pronto a contrastare Forte qualora il Benevento avesse deciso di usarlo come appoggio per far partire la transizione offensiva. Nella fattispecie questa transizione verrà bloccata da un fallo dello stesso Fagioli, una situazione che non genera, quindi, un recupero palla ma allo stesso tempo non genera un pericolo immediato in contropiede.

Per cui mentre da una parte abbiamo visto una squadra che ha cercato di manipolare lo schieramento avversario per generare spazi da attaccare, dall'altra parte abbiamo visto una squadra cercare di muovere il pallone velocemente in spazi stretti. 


LA SUPERIORITA' DELLA CREMONESE NEL SECONDO TEMPO

Nel calcio dei cinque cambi a partita e degli impegni ravvicinati (con il prossimo turno di campionato nel weekend le squadre di serie B avranno disputato 8 giornate nel lasso di tempo di un mese esatto) sapere utilizzare le soluzioni dalla panchina ha un ruolo decisivo nella gestione del match. Così, mentre nel primo tempo abbiamo visto due squadre sfidarsi al meglio con le rispettive armi, nel secondo tempo i cambi hanno orientato il piano inclinato della partita dalla parte della Cremonese che però non è riuscita a concretizzare questa superiorità con il goal della vittoria.

A cambiare la partita è stata la scelta strategica dei due allenatori sui cambi offensivi: da una parte Caserta inserendo Lapadula al posto di Acampora ha sostanzialmente deciso di affidarsi interamente ad un 4-4-2 con lanci sulle punte e poi lavorare sulle seconde palle, dall'altra parte Pecchia ha fatto esattamente l'opposto, togliendo la punta centrale Di Carmine e Rafia per inserire Gondo e Gaetano, i cui movimenti a venire incontro hanno creato situazioni tali da allungare lo schieramento in campo della squadra sannita.

Il passaggio alle due punte voluto da Caserta ha portato alla ricerca di combinazioni rapide e dirette tra le due punte, una soluzione che ha quindi reso ancora più verticale l'atteggiamento della squadra di casa, il cui schieramento, come si vede nell'esempio è apparso più simile ad un 4-2-3-1. Come si vede la Cremonese non ha avuto paura a sfidare questo schieramento quasi in maniera pura, ossia andando alla ricerca del duello uomo su uomo e tenendo la linea alta. Alla fine la scelta si è rivelata vincente in quanto nella ripresa la squadra di Pecchia ha vinto quasi il 70% dei duelli difensivi, rendendo di fatto inoffensiva la mossa di Caserta. Ovviamente per puntare a questa idea difensiva Pecchia si fida molto soprattutto dei suoi centrali difensivi e sul posizionamento dei due centrocampisti centrali, in particolare la forza fisica nei duelli del centrale difensivo dell'Under 21 Okoli è decisamente fuori categoria, ed indipendentemente dall'andamento finale della stagione della Cremonese, sarà molto probabile vederlo in serie A nella prossima stagione, ricordando che il ragazzo è di proprietà dell'Atalanta.

La scelta di togliere un centrocampista per un attaccante ha scoperto lo schieramento difensivo del Benevento che, trasformandosi in un 4-4-2 ha avuto maggiori difficoltà a coprire le ricezioni tra le linee degli attaccanti avversari, situazione acuita dalle difficoltà di Improta ed Insigne a rientrare in copertura. Merito della Cremonese è stato anche quello di riciclare immediatamente i possessi ogniqualvolta riuscivano a disinnescare le combinazioni tra le due punte grazie alle qualità in distribuzione del pallone sia di Castagnetti che di Fagioli, due giocatori che si integrano perfettamente come caratteristiche in mezzo al campo. In questo esempio si vede chiaramente come la Cremonese possa banchettare negli spazi tra le linee di difesa e centrocampo del Benevento.

Come si evince dalla statistica relativa agli expected goals, nel secondo tempo la squadra di Pecchia ha avuto diverse occasioni da rete sfruttando questo vantaggio tattico e tecnico che si era creato, ma nonostante le 5 palle goal superiori a 0,10 xG create, le parate di Paleari e l'imprecisione in fase conclusiva hanno tolto alal Cremonese la possibilità di portare a casa i 3 punti e mantenere, quindi, la testa della classifica.



CONCLUSIONI


Benevento e Cremonese hanno messo in mostra una partita che nobilita il palcoscenico della serie cadetta: nonostante siamo in una fase della stagione parecchio densa di eventi e dove i punti in palio iniziano a farsi pesanti, le due squadre non si sono fatte problemi a cercare di imporre il proprio stile di gioco sull'avversario e giocare a carte scoperte nella ripresa nel tentativo di portare a casa i 3 punti.

Il calcio italiano ha sempre vissuto in una bolla di calcio speculare, dove l'equilibrio e la scarsa propensione al rischio fanno da padrone; vediamo questo retaggio ancora presente nel linguaggio giornalistico ed anche di alcuni addetti ai lavori, per cui vedere due squadre di B che provano a giocarsi la serie A con idee di calcio propositive e non avverse al rischio rappresentano un segnale tecnico che, arrivando dal basso, possa permettere finalmente al calcio italiano di evolversi in maniera definitiva promuovendone l'innalzamento qualitativo.

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