giovedì 29 giugno 2023

Italia Under 21: sei tutti i miei sbagli

 

Fonte foto: Figc.it

Era una spedizione partita con l'intenzione non tanto di vincere la competizione, quanto quella di far tornare l'Italia a respirare l'aria delle Olimpiadi, non certo il titolo più ambito a livello calcistico, ma comunque una bella opportunità di esperienza internazionale per un gruppo di ragazzi pronti a passare al livello successivo della propria carriera calcistica. 

Ed invece stiamo qui a commentare un'inopinata uscita anche da questo Europeo Under 21, eliminati in un girone in cui ci eravamo comportati bene nei primi 135' salvo poi sparire sotto i colpi di una mentalità tutta italiana in cui il termine gestione continua ad essere preponderante rispetto alla volontà di andarsi a prendere un obiettivo con le proprie forze. Una mentalità che, ancora una volta, ci vede uscire sconfitti in situazioni da cui una nostra nazionale ne poteva uscire in maniera diversa.

Allora proviamo ad analizzare ed a fornire spiegazioni su questa spedizione negativa sotto diversi aspetti e che, soprattutto, non credo avrà il valore che una sconfitta dovrebbe avere, ossia quello di imparare dai propri errori e proporre un cambio di mentalità che vada oltre la mera ricerca di nomi e cognomi dei colpevoli.

UN MATERIALE SPRECATO

Andando a vedere i giocatori con cui la nazionale Under 21 si è presentata a questo Europeo Under 21, le aspettative erano molto alte: rispetto alle precedenti edizioni della principale kermesse continentale di categoria, l'Italia disponeva di una squadra con giocatori aventi già diverse presenze e alto minutaggio in serie A e non solo in squadre di medio-bassa classifica.

A questo si aggiunge la presenza in squadra di una batteria di terzini/esterni in grado di mangiarsi il campo ed una mediana in grado di lavorare un grande volume di palloni con elevata qualità, insomma la base di una squadra di calcio moderna con anche dei difensori in grado di affrontare gli avversari in uno contro uno anche a decine di metri di distanza dalla propria porta.

Fonte: SofaScore

Le posizioni medie della formazione azzurra nella partita contro la Norvegia sono una chiara dimostrazione di cosa sia andato male e cosa è stato sbagliato nell'approccio a questa partita: in sostanza la squadra di Nicolato ha attaccato con al massimo tre giocatori, ossia le due punte Pellegri e Gnonto e l'esterno destro Bellanova, cercato come principale soluzione nel tentativo di invadere la trequarti norvegese. Fa particolare specie l'atteggiamento conservativo del trio di centrocampo composto da Tonali, Ricci e Rovella; nelle due precedenti partite il giocatore del Milan prossimo al passaggio al Newcastle era il principale elemento di supporto alla fase offensiva degli azzurri ma che dopo aver tirato il carro nelle prime due partite è arrivato senza forze alla partita decisiva, un altro aspetto gestionale su cui riflettere.

Eppure la prima parte di partita è stata affrontata anche nel modo giusto, con una squadra che in fase di sviluppo dell'azione portava più uomini in avanti ed era in grado di coprire tutta l'ampiezza del terreno di gioco nella trequarti avversaria. In questo esempio tratto dall'azione che porterà all'occasione di Pellegri, vediamo Rovella e Ricci che supportano centralmente le due punte creando un box ideale in zona centrale mentre Bellanova e Parisi forniscono l'ampiezza. A differenza delle partite precedenti era Tonali a fare il vertice basso ed a fornire una prima linea di copertura preventiva in case di perdita della palla.

Anche in costruzione si vedeva una squadra schierata in maniera ordinata con un 3+2 composto dai tre centrali difensivi e la coppia Rovella-Tonali davanti a loro con Ricci che, invece, andava a posizionarsi alle spalle della pressione (blanda) della Norvegia per creare una soluzione di progressione centrale al gioco della Nazionale. Con Bellanova e Parisi che continuano a fissare l'ampiezza la Norvegia deve scegliere se aprire il proprio schieramento o se permettere agli azzurri di esplorare l'ampiezza, scegliendo quest'ultima opzione si spiega perché l'Italia abbia cercato con una certa frequenza gli esterni dell'Inter e dell'Empoli per sviluppare il gioco.

A conferma di quanto sopra, i passaggi che hanno portato al tiro nel primo tempo sono arrivati tutti dall'esterno. (Fonte: Wyscout).

I problemi sono venuti fuori quando è iniziata a venire fuori la stanchezza unita al fatto che era emersa la possibilità concreta di superare il turno anche con lo 0-0: l'Italia ha deciso di entrare in modalità gestione cercando di lasciare il pallone ai propri avversari per poi puntare sulle transizioni, non proprio una strategia adatta con i centrocampisti di cui dispone la nostra formazione, tanto più che, come si evince da questo esempio, gli azzurri avevano smesso di disturbare le impostazioni di Kitolano lasciandogli grande libertà di manovra preferendo chiudere le zone centrali, soluzioni a cui la Norvegia ha risposto sfruttando tutta l'ampiezza con l'ingresso di Nusa e creando superiorità numerica nelle zone laterali che hanno costretto i nostri centrocampisti ad una serie di ripiegamenti in cui hanno dovuto spendere ulteriori energie, non è il caso che il goal norvegese si arrivato da un'iniziativa di Nusa sull'esterno destro. A questo si è aggiunta la scelta di Nicolato di cambiare Pellegri e Gnonto con Colombo e Cambiaghi dando implicitamente il messaggio alla squadra di puntare ulteriormente sull'attendismo e la ricerca delle transizioni.

A dimostrazione delle difficoltà della Nazionale nel corso del secondo tempo ecco il dato sulla frequenza di utilizzo dei lanci lunghi. (Fonte: Wyscout).

Da questo insieme di situazioni l'Italia non è più riuscita a trovare soluzioni per rimettere in piedi la partita, soffrendo anche la maggiore aggressività dei norvegesi senza palla che, con il goal di Botheim erano anche rientrati in corsa per la qualificazione, ed a loro volta hanno iniziato a giocarsi il tutto per tutto per cercare un'insperata qualificazione.

QUANTI SBAGLI SONO STATI FATTI

Mettendo da parte l'analisi della partita persa contro la Norvegia, entriamo in un'analisi più generale su come sono state gestite le cose in questo biennio: male.

In questo biennio c'è stata tantissima confusione in merito ai calciatori che dovevano far parte di nazionale maggiore, nazionale Under 21 e nazionale Under 20; ci siamo presentati a questo Europeo con Gnonto e Tonali che in questo biennio sono stati utilizzati solo o prevalentemente da Roberto Mancini nella nazionale maggiore; avremmo potuto portare in Under 21 Baldanzi ma è stato lasciato alla Under 20. Questo ha portato Nicolato a non avere mai un'idea precisa di squadra da portare avanti per questo Europeo, non proprio una competizione banale visto che forniva l'accesso ai prossimi giochi olimpici. 

A questa confusione si è aggiunta una serie di inconsistenze tra programmi iniziali e fatti concreti: il settore tecnico di Coverciano aveva sbandierato da più parti la volontà di costruire un sistema di nazionali che avessero gli stessi principi di gioco che si basassero su un calcio di possesso ed una fase difensiva da giocare diversi metri in avanti partendo dal mantra dei 5 costruttori e 5 invasori. Fino ad un certo punto questo discorso è stato seguito salvo vedere la nazionale di Mancini e quella di Nicolato seguire due strade diverse e delle quali oggi non abbiamo capito il senso.

COME CAMBIARE UNA MENTALITA'

Seguendo la partita di ieri e leggendo alcuni dati relativi ad essa si possono fare ulteriori osservazioni su come il calcio italiano continui ad essere ancora legato a dei concetti che andrebbero superati e, per quanto ci siano grossi sforzi in corso per tentare di cambiare le cose, arrivano ancora momenti in cui una certa mentalità.

Ad un certo punto abbiamo smesso di attaccare (Fonte: Wyscout)

Questa mentalità è quella che ci porta a voler cercare di adattare il nostro modo di giocare in base alle contingenze e non voler essere mai protagonisti di ciò che accade. La nazionale dei primi 60 minuti della partita di ieri, ma anche quella del primo tempo contro la Svizzera o quella vista dopo il 2-1 della Francia nella prima partita era una nazionale che portava uomini in attacco e cercava soluzioni muovendo la palla rapidamente e cercando smarcamenti tra le linee o in profondità, poi arrivato il goal della Francia nell'altra partita del girone che permetteva la qualificazione anche con il pareggio ecco che improvvisamente l'atteggiamento diventa speculativo e basato sulla gestione; un atteggiamento che in tanti si affrettano a chiamare pragmatismo ma che, invece, è pura ricerca di affidarsi agli eventi che, questa volta, sono stati negativi.

Il dato sui duelli (Fonte: Wyscout).

Il motivo per cui ci è andata male è leggibile dal dato dei duelli, il portare la partita dal campo del possesso palla e della ricerca della supremazia territoriale, ad uno basato di transizioni comporta la necessità di dover sfidare l'avversario anche dal punto di vista fisico ed atletico, ossia due qualità in cui i norvegesi si sono mostrati migliori di noi, d'altronde non ci vuole la mia abilitazione come match analyst per capire che la struttura fisica della squadra norvegese fosse superiore alla nostra e che non era quindi quella la corda da utilizzare per portare avanti il piano-partita.

Quanto mostrato sopra oltre ad essere stato un errore strategico è stato un errore figlio di una mentalità conservativa che assale il nostro calcio soprattutto nei momenti in cui ci troviamo in situazioni di dentro/fuori. Sono ormai diversi anni che le nostre nazionali continuano a commettere tanti errori in partite in cui ci si gioca tutto: all'Europeo del 2021 vinto dalla nazionale maggiore la differenze l'ha fatta l'assenza di pressione per il risultato (nessuno si aspettava di giocarsi la vittoria finale) mentre quando l'onere è nelle nostre mani non siamo più in grado di dare le risposte giuste ai problemi che la singola partita pone.

ED ORA CHE SUCCEDE?

Rispondere a questa domanda significa, a mio parere, riallacciarsi alla questione di mentalità sopra menzionata, ma questa volta ribaltando il discorso: prima di questo Europeo sapevamo di avere in mano un gruppo di calciatori brillanti in rampa di lancio. Il salto di mentalità passa anche dal fatto che bisogna continuare a credere nella crescita di questi calciatori in ottica nazionale maggiore fermo restando che questa competizione è stato un flop per tutti.

Nella tradizione italiana di fronte a sconfitte di questo genere si tende andare alla caccia al colpevole ed a buttare il proverbiale bambino con l'acqua sporca; il primo imputato è ovviamente Nicolato che, tra l'altro, era in uscita qualsiasi fosse stato l'andamento di questo europeo. 

Ora siamo tutti alla finestra in attesa di capire il nuovo nome per questa panchina, ma in realtà ciò che ci dovrebbe interessare è capire come verrà scelto, ossia cosa la Federazione chiederà al prossimo allenatore, quale collegamento il suo lavoro deve avere con quello della nazionale maggiore e con quello delle altre nazionali giovanili, ci sarà una ricerca di coerenza? Un'idea comune su cui lavorare? O si cercherà ancora il nome che sia bello e sorridente di fronte alla telecamere? Se è quest'ultima la scelta allora credetemi forse è meglio prolungare il contratto a Nicolato.

Non voglio proporre nomi, ma semplicemente vorrei vedere delle scelte in cui si permetta ai giovani calciatori italiani di poter essere messi alla prova lasciando loro la possibilità di sbagliare, che possano muoversi in un sistema di gioco che permetta loro di esprimersi al massimo senza ragionare sulla gestione del risultato ma di mettere in campo la volontà di dominare il contesto di gioco. Non è certamente quello che ho visto in questa versione della nazionale Under 21 sia in termini di proposta di gioco che in termini di gestione delle risorse (qualcuno ha notizie di Udogie dopo l'errore contro la Francia?).

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